Harry Potter e i Doni della Morte, le citazioni più belle del libro43 min di lettura —

Harry Potter e i Doni della Morte, le citazioni più belle del libro — 43 min di lettura —

Harry Potter e i Doni della Morte è l’epilogo della saga di romanzi di J.K. Rowling.

Nell’ultimo capitolo, Harry, Ron e Hermione sono alla ricerca degli Horcrux, oscuri artefatti che contengono un pezzetto dell’anima di Voldemort e che lo rendono immortale. Nel frattempo, scoprono che il Signore Oscuro è alla ricerca della Stecca della Morte, la Bacchetta di Sambuco narrata nella Storia dei Tre Fratelli.

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Harry Potter e i Doni della Morte: le citazioni più belle

Le siepi di tasso assorbivano il rumore dei loro passi. Udirono un fruscio sulla destra: Yaxley sfoderò di nuovo la bacchetta, puntandola sopra la testa del compagno, ma la fonte del rumore si rivelò un candido pavone che passeggiava maestoso sulla cima della siepe.

«Si è sempre trattato bene, Lucius. Pavoni…» Yaxley sbuffò e ripose la bacchetta sotto il mantello.

«Come mai i Malfoy sembrano così scontenti della loro sorte? Il mio ritorno, la mia ascesa al potere, non è proprio ciò che hanno professato di desiderare per tanti anni?»

«Ma certo, mio Signore» disse Lucius Malfoy. La sua mano tremò mentre si asciugava il sudore dal labbro. «L’abbiamo desiderato… lo desideriamo».

Alla sinistra di Malfoy, sua moglie fece uno strano, rigido cenno di assenso e distolse lo sguardo da Voldemort e dal serpente. Alla sua destra, il figlio Draco, che fino a quel momento era rimasto concentrato sul corpo inerte sopra la sua testa, guardò rapido Voldemort e subito si voltò, terrorizzato di fissarlo negli occhi.

«Noi, io e Narcissa, non abbiamo mai più guardato nostra sorella da quando ha sposato quello sporco Mezzosangue. Quella mocciosa di sua figlia non ha niente a che fare con nessuno di noi, e tantomeno ce l’hanno le bestie con cui si accoppia».

«E tu, Draco?» chiese Voldemort, e la sua voce, pur calma, sovrastò i fischi e le risate. «Farai da babysitter ai cuccioli?»

L’ilarità montò di nuovo; Draco Malfoy scrutò terrorizzato il padre, che però teneva la testa bassa, poi incrociò lo sguardo della madre. Lei scosse il capo in modo quasi impercettibile, poi riprese a fissare con occhi vuoti la parete di fronte.

«Riconosci la nostra ospite, Severus?» chiese Voldemort.

Piton osservò il viso capovolto. Tutti i Mangiamorte ora guardavano la prigioniera, come se avessero avuto il permesso di dare sfogo alla loro curiosità. Quando si trovò rivolta verso il fuoco, la donna implorò, con voce rotta e piena di terrore: «Severus! Aiutami!»

«Ah, sì» disse Piton, mentre la prigioniera rigirava lentamente.

«E tu, Draco?» continuò Voldemort, accarezzando il muso del serpente con la mano libera. Draco scosse il capo di scatto. Ora che la donna si era svegliata, non riusciva più a guardarla.

«Ma tu non avrai seguito le sue lezioni» osservò Voldemort. «Per coloro che non lo sanno, questa sera è tra noi Charity Burbage, che fino a poco tempo fa insegnava alla Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts».

(…)

«Avada Kedavra».

Il lampo di luce verde illuminò ogni angolo della sala. Charity crollò con uno schianto sul tavolo, che vibrò e cigolò. Molti dei Mangiamorte balzarono indietro nelle sedie. Draco cadde dalla sua.

— Capitolo 1, L’ascesa del Signore Oscuro

RICORDO DI ALBUS SILENTE di Elphias Doge

Conobbi Albus Silente all’età di undici anni, il nostro primo giorno a Hogwarts. La reciproca attrazione fu senza dubbio dovuta al fatto che ci sentivamo entrambi estranei al luogo. Io avevo contratto il vaiolo di drago poco prima di arrivare a scuola e ormai non ero più contagioso, ma il mio volto segnato dalle cicatrici e il colorito verdastro non incoraggiavano molti ad avvicinarsi. Per parte sua, Albus era giunto a Hogwarts col fardello di una celebrità indesiderata. Poco più di un anno prima suo padre Percival era stato condannato per la selvaggia aggressione ai danni di tre giovani Babbani, di cui molto s’era parlato.

Albus non cercò mai di negare che suo padre (che sarebbe poi morto ad Azkaban) avesse commesso quel crimine; al contrario, quando trovai il coraggio di chiederglielo, mi garantì che era certo della sua colpevolezza. A parte questo, Silente si rifiutò di parlare della triste vicenda, nonostante l’insistenza di molti. Alcuni, in effetti, erano inclini a lodare l’atto di suo padre e ritenevano che anche Albus odiasse i Babbani.

— Capitolo 2, In memoriam

«Va tutto bene» la rassicurò Harry. «Non importa, sul serio».

«Non importa?» ripeté Hestia, alzando il tono di voce, minacciosa. «Questa gente non capisce quello che hai passato? Che pericolo corri? La posizione unica che occupi nei cuori di chi combatte contro Voldemort?»

«Ehm… no, veramente no» rispose Harry. «Credono che io sia inutile, in verità, ma ci sono abituato…»

«Io non credo che sei inutile».

— Capitolo 3, La partenza dei Dursley

Ron, Hermione, Fred, George, Fleur e Mundungus bevvero. Tutti boccheggiarono e fecero smorfie quando la Pozione arrivò loro in gola: subito i loro tratti cominciarono a ribollire e deformarsi come cera calda. Hermione e Mundungus crebbero; Ron, Fred e George rimpicciolirono; i loro capelli si scurirono, quelli di Hermione e Fleur si ritrassero dentro il cranio.

Moody, tranquillo, si chinò per allentare i lacci dei grossi sacchi che aveva portato con sé; quando si rialzò, c’erano sei Harry Potter ansanti davanti a lui.

Fred e George si guardarono e dissero all’unisono: «Ehi… siamo identici!»

— Capitolo 4, I sette Potter

Lupin era sgomento. «Harry, il tempo di Disarmare è finito! Questa gente sta cercando di catturarti per ucciderti! Schianta, almeno, se non sei pronto ad ammazzare!»

— Capitolo 5, Il Guerriero caduto

«Ho anche modificato i ricordi dei miei genitori in modo che siano convinti di chiamarsi Wendell e Monica Wilkins, che il loro desiderio più grande sia trasferirsi in Australia, cosa che ora hanno fatto. Così sarà più difficile che Voldemort li rintracci e li interroghi su di me, o su di te, visto che purtroppo avevo raccontato loro qualcosina.

«Se sopravvivo alla ricerca degli Horcrux, ritroverò mamma e papà e dissolverò l’incantesimo. Se non sopravvivo… be’, credo di aver fatto un incanto abbastanza forte da lasciarli felici e contenti. Capisci, Wendell e Monica Wilkins non sanno di avere una figlia».

— Capitolo 6, Il demone in pigiama

«Silente ti ha lasciato qualcos’altro, Potter».

«Che cos’è?» domandò Harry, di nuovo eccitato.

Questa volta Scrimgeour non si prese nemmeno la briga di leggere il testamento.

«La spada di Godric Grifondoro» rispose.

— Capitolo 7, Il testamento di Albus Silente 

«Cavolo!» aggiunse, e batté le palpebre vedendo Hermione che li raggiungeva di corsa. «Sei bellissima!»

«Sempre questo tono sorpreso» replicò Hermione, però sorrideva. Portava uno svolazzante vestito lilla e scarpe in tinta, col tacco alto; i suoi capelli erano lisci e luminosi. «Tua zia Muriel non approva, l’ho incontrata di sopra mentre dava la tiara a Fleur. Ha detto: ‘Oh, cielo, questa è la figlia di Babbani?’ e poi ha aggiunto: ‘Brutto portamento e caviglie secche’».

«Non prenderla come un fatto personale, è maleducata con tutti» disse Ron.

— Capitolo 8, Il matrimonio 

Vide una stanza lunga, illuminata da un camino, e il Mangiamorte grosso e biondo che urlava e si contorceva sul pavimento, e una sagoma più sottile incombere su di lui, la bacchetta tesa, mentre Harry parlava con voce acuta, fredda, spietata.

«Ancora, Rowle, o vuoi che la facciamo finita e ti diamo in pasto a Nagini? Lord Voldemort non sa se ti perdonerà questa volta… Mi hai chiamato per questo, per dirmi che Harry Potter è fuggito di nuovo? Draco, dai a Rowle un altro assaggio del nostro scontento… fallo, o sarai tu a subire la mia collera!»

Un ceppo cadde nel fuoco: le fiamme si ridestarono e la luce danzò su un volto pallido e appuntito, pervaso dal terrore… come affiorando da acque profonde, Harry trasse dei gran respiri e aprì gli occhi.

Era disteso a braccia e gambe aperte sul freddo marmo nero, il naso a pochi centimetri da una delle argentee code di serpente che sostenevano la grande vasca da bagno. Il viso magro, pietrificato di Malfoy era impresso nelle sue pupille. Provò nausea per ciò che aveva visto, per l’uso che Voldemort faceva di Draco.

— Capitolo 9, Un nascondiglio

Ron, in uno slancio di galanteria, aveva insistito perché Hermione dormisse sui cuscini tolti dal divano, quindi lei era più in alto. Il braccio le ricadeva sul pavimento, le dita a pochi centimetri da quelle di Ron. Forse si erano addormentati tenendosi per mano. L’idea lo fece sentire stranamente solo.

«Padron Regulus era molto preoccupato, molto preoccupato» gracchiò Kreacher. «Padron Regulus ha detto a Kreacher di stare nascosto, di non uscire di casa. E poi… un po’ di tempo dopo… Padron Regulus è venuto a trovare Kreacher nel suo armadio di notte, e padron Regulus era strano, non era normale, non era sano di mente, Kreacher l’aveva capito… ha chiesto a Kreacher di portarlo alla caverna, la caverna dove Kreacher era andato insieme al Signore Oscuro…»

E così erano partiti. Harry se li immaginò, il vecchio elfo spaventato e il magro, scuro Cercatore così simile a Sirius… Kreacher sapeva come aprire l’ingresso nascosto della caverna nel sottosuolo, sapeva come richiamare la barchetta; questa volta era il suo amato Regulus che viaggiava con lui verso l’isola col bacile di veleno…

«E ti ha fatto bere la pozione?» chiese Harry, disgustato.

Ma Kreacher scosse il capo e pianse. Hermione portò le mani alla bocca: sembrava aver capito qualcosa.

«P-padron Regulus si è tolto dalla tasca un medaglione come quello che aveva il Signore Oscuro» continuò Kreacher, mentre le lacrime gli scorrevano ai lati del grugno. «E ha detto a Kreacher di prenderlo, e quando il bacile era vuoto Kreacher doveva scambiare i medaglioni…»

Kreacher era ormai scosso da singhiozzi violenti; Harry dovette concentrarsi per capire le sue parole.

«E ha ordinato… a Kreacher di andare via… senza di lui. E ha detto a Kreacher… di andare a casa… e di non dire mai alla padrona… che cosa aveva fatto… ma di distruggere… il primo medaglione. E ha bevuto… tutta la pozione… e Kreacher ha scambiato i medaglioni… ed è rimasto a guardare… e padron Regulus è stato trascinato sott’acqua… e…»

«Niente di quello che ha fatto Kreacher ha lasciato neanche un segno sul medaglione» gemette l’elfo. «Kreacher ha provato tutto, tutto quello che sapeva, ma niente, niente ha funzionato… tanti potenti incantesimi proteggevano quel medaglione, Kreacher era sicuro che per distruggerlo bisognava entrarci, ma non si apriva… Kreacher si è punito, ha tentato di nuovo, si è punito, ha tentato di nuovo. Kreacher non è riuscito a obbedire agli ordini, Kreacher non è riuscito a distruggere il medaglione! E la sua padrona era pazza di dolore, perché padron Regulus era scomparso, e Kreacher non poteva dirle cos’era successo nella grotta, perché padron Regulus gli aveva p-p-proibito di dirlo a chiunque della f-f-famiglia…»

«Non ti capisco, Kreacher» disse infine. «Voldemort ha cercato di ucciderti, Regulus è morto per lottare contro di lui, ma tu sei stato contento lo stesso di tradire Sirius e consegnarlo a Voldemort? Sei andato da Narcissa e Bellatrix e hai passato informazioni a Voldemort attraverso di loro…»

«Harry, Kreacher non ragiona così» intervenne Hermione, asciugandosi gli occhi col dorso della mano. «È uno schiavo; gli elfi domestici sono abituati a subire un trattamento sgarbato, perfino violento; ciò che gli ha fatto Voldemort non era poi fuori dal normale. Che cosa sono le guerre magiche per un elfo come Kreacher? Lui è fedele a chi lo tratta con gentilezza, come la signora Black e Regulus, quindi li ha serviti volentieri e ha imparato a ripetere come un pappagallo tutte le loro convinzioni. Lo so che cosa stai per dire» aggiunse, quando Harry fece per protestare, «che Regulus aveva cambiato idea… ma non si direbbe che l’abbia spiegato a Kreacher, no? Io credo di sapere perché: la sua famiglia e Kreacher erano più al sicuro se si attenevano alla vecchia storia dei Purosangue. Regulus stava cercando di proteggerli tutti».

«Sirius…»

«Sirius è stato tremendo con Kreacher, Harry, e non serve a niente fare quella faccia, sai che è vero. Kreacher era rimasto solo da tanto tempo quando Sirius venne a vivere in questa casa, e probabilmente aveva bisogno di un po’ di affetto. Sono sicura che ‘la signorina Cissy’ e ‘la signorina Bella’ sono state assolutamente deliziose con Kreacher quando è ricomparso, quindi lui è stato gentile e ha raccontato loro tutto quello che volevano sapere. Ho sempre detto che i maghi alla fine pagano per come trattano i loro elfi domestici. Be’, è successo a Voldemort… e anche a Sirius».

— Capitolo 10, Il racconto di Kreacher

Lupin deglutì. «Io… ho commesso un grave errore sposando Tonks. L’ho fatto contro ogni buonsenso e me ne sono pentito».

«Capisco» disse Harry. «Quindi adesso molli lei e il bambino per fuggire con noi?»

Lupin balzò in piedi, rovesciando la sedia. Guardò i tre ragazzi con tanta ferocia che Harry vide per la prima volta l’ombra del lupo sul suo volto umano.

«Non capisci che cosa ho fatto a mia moglie e al mio bambino non ancora nato? Non avrei mai dovuto sposarla, ho fatto di lei una reietta!»

(…)

«Quelli come me di solito non si riproducono! Sarà come me, ne sono sicuro… non me lo perdonerò mai, ho deliberatamente corso il rischio di trasmettere la mia disgrazia a un innocente! E se per miracolo non sarà come me, allora starà meglio, cento volte meglio senza un padre del quale si dovrà sempre vergognare!»

«Remus!» sussurrò Hermione con le lacrime agli occhi. «Non dire così… nessun bambino potrebbe mai vergognarsi di te!»

«Oh, non lo so, Hermione» ribatté Harry. «Io mi vergognerei di lui». Non sapeva da dove gli venisse tanta rabbia, ma non riusciva più a stare seduto. Lupin aveva l’aria di aver appena ricevuto un ceffone.

— Capitolo 11, La mazzetta

L’enorme Atrium era più buio di come lo ricordava. Una volta, al centro del salone troneggiava una fontana dorata che riverberava macchie di luce tremolante sul pavimento di legno lucido e sulle pareti. Ora una gigantesca statua di pietra nera dominava la scena. Era spaventosa, raffigurava una strega e un mago seduti su troni riccamente intagliati, che osservavano dall’alto i dipendenti del Ministero rotolare fuori dai camini sotto di loro. Alla base della statua, in lettere alte trenta centimetri, era inciso il motto: ‘LA MAGIA è POTERE’

— Capitolo 12, La magia è potere

«È stato deciso che dovete andare tutti a casa ed entrare in clandestinità insieme alle vostre famiglie» annunciò Harry ai Nati Babbani in attesa, accecati dalla luce dei Patroni e in parte ancora tremanti. «Andate all’estero, se potete. State alla larga dal Ministero. Questa è la… ehm… la nuova posizione ufficiale. Ora, se seguite i Patroni potrete uscire dall’Atrium».

— Capitolo 13, La Commissione per il Censimento dei nati babbani

«Non pronunciare quel nome!» la interruppe Ron, aspro.

Harry e Hermione si guardarono.

«Scusate» gemette Ron, nel tentativo di alzarsi, «ma ogni volta che lo sento, mi sembra come una… fattura. Possiamo chiamarlo Voi-SapeteChi… per favore?»

«Silente diceva che aver paura di un nome…» cominciò Harry.

«Nel caso che tu non te ne sia accorto, chiamare Tu-Sai-Chi col suo nome non gli ha portato proprio bene, alla fine» ribatté Ron. «Insomma… mostra un po’ di rispetto a Tu-Sai-Chi, no?»

— Capitolo 14, Il ladro

«Se c’è un posto veramente importante per Tu-Sai-Chi, quello è Hogwarts!»

«Oh, andiamo» ribatté Ron, beffardo. «La sua scuola?»

«Sì, la sua scuola! è stata la sua prima vera casa, il posto che significava che lui era speciale, voleva dire tutto per lui, e anche dopo che andò via…»

«Stai parlando di Tu-Sai-Chi, giusto? Non di te?» domandò Ron. Stava tormentando la catena dell’Horcrux che aveva al collo: Harry fu attraversato dal desiderio di usarla per strangolarlo.

«Mia madre» osservò Ron una sera, sulla riva di un fiume gallese, «sa far apparire del buon cibo dal nulla».

(…)

«Tua madre non può far apparire il cibo dal nulla» puntualizzò Hermione. «Nessuno può farlo. Il cibo è la prima delle cinque Principali Eccezioni alla Legge di Gamp sulla Trasfigurazione degli Eleme…»

«Oh, parla la nostra lingua, per favore!» sbottò Ron, sfilandosi una lisca dai denti.

«È impossibile fare del buon cibo dal nulla! Puoi Appellarlo se sai dov’È, puoi trasformarlo, puoi moltiplicare la quantità se ne hai già un po’…»

«… be’, non moltiplicare questo, fa schifo» la interruppe Ron.

«Harry ha preso il pesce e io ho fatto del mio meglio! Ho notato che alla fine sono sempre io a occuparmi del cibo; sarà perché sono una femmina, immagino!»

«Professor Black» tentò Hermione, «potrebbe dirci soltanto, per favore, quando è stata l’ultima volta che la spada è stata tolta dalla sua teca? Prima che la prendesse Ginny, cioè?»

Phineas sbuffò d’impazienza.

«Credo che l’ultima volta che ho visto la spada di Grifondoro uscire dalla sua teca sia stato quando il professor Silente l’ha usata per spezzare un anello».

(…)

«La spada può distruggere gli Horcrux! Le lame forgiate dai folletti assorbono solo ciò che le fortifica… Harry, quella spada è impregnata di veleno di Basilisco!»

«Pensavamo che tu sapessi cosa stavi facendo!» gridò Ron, alzandosi, e le sue parole trafissero Harry come pugnali roventi. «Pensavamo che Silente ti avesse dato delle istruzioni, pensavamo che avessi un vero piano!»

(…)

«Togliti il medaglione, Ron» disse Hermione a voce insolitamente acuta. «Per favore, toglilo. Non parleresti così se non l’avessi tenuto addosso tutto il giorno».

«Sì che lo farebbe» intervenne Harry, che non voleva accettare attenuanti per Ron. «Credi che non mi sia accorto che mi parlate dietro le spalle? Credi che non abbia capito che lo pensate davvero?»

«Harry, noi non…»

«Non mentire!» la aggredì Ron. «L’hai detto anche tu, hai detto che eri delusa, hai detto che pensavi che avesse qualche idea in più…»

«Non ho detto questo… Harry, non l’ho detto!» strillò lei.

La pioggia martellava sulla tela, le lacrime cadevano sul volto di Hermione, e l’entusiasmo di qualche momento prima era svanito come se non ci fosse mai stato, un effimero fuoco d’artificio che era esploso e si era spento, lasciando tutto buio, freddo e bagnato. La spada di Grifondoro era nascosta chissà dove, loro erano solo tre ragazzi in una tenda e l’unico risultato che avevano ottenuto era di non essere morti, per ora.

«E perché sei ancora qui?» chiese Harry a Ron.

«Non ne ho idea» rispose Ron.

«Allora vattene a casa».

Ron si tolse la catena e gettò il medaglione su una sedia. Si rivolse a Hermione.

«Tu cosa fai?»

«Cosa vuoi dire?»

«Resti o cosa?»

«Io…» Era a pezzi. «Sì… sì, io resto, Ron, avevamo detto che saremmo andati con Harry, che l’avremmo aiutato…»

«Capito. Scegli lui».

— Capitolo 15, La vendetta del folletto

L’ultimo nemico che sarà sconfitto è la morte.

— Capitolo 16, Godric’s Hollow

La bacchetta di agrifoglio e fenice era quasi spezzata in due. Un fragile filamento di piuma di fenice teneva insieme i due pezzi. Il legno si era tranciato. Harry la prese fra le mani come se fosse una cosa viva che ha subito una terribile ferita. Non riusciva a riflettere: tutto era una macchia di panico e terrore. Poi la diede a Hermione.

— Capitolo 17, Il segreto di Bathilda

«Il Silente che credevamo di conoscere non voleva sottomettere i Babbani con la forza!» gridò Harry, e la sua voce echeggiò attraverso la cima della collina deserta, e un gruppo di merli si alzò in volo strillando e disegnando spirali nel cielo perlaceo.

«È cambiato, Harry, è cambiato! è così semplice! Forse credeva a quelle cose quando aveva diciassette anni, ma ha dedicato il resto della vita a combattere le Arti Oscure! È stato Silente a fermare Grindelwald, a votare sempre per la protezione dei Babbani e i diritti dei Nati Babbani, a combattere Tu-Sai-Chi fin dall’inizio e a morire nel tentativo di sconfiggerlo!»

— Capitolo 18, Vita e menzogne di Albus Silente

Poi la fonte di luce uscì da dietro una quercia. Era una cerva bianco argento, splendente come la luna e abbagliante, che avanzava, sempre in silenzio, senza lasciare tracce di zoccoli nella fine neve fresca. Veniva verso di lui con la bella testa eretta e i grandi occhi orlati di lunghe ciglia.

Harry fissò la creatura, colmo di stupore non per la sua stranezza, ma per la sua inspiegabile familiarità. Gli sembrava di aver atteso il suo arrivo, ma di aver dimenticato che si erano dati appuntamento.

— Capitolo 19, La cerva d’argento

«… e come hai fatto a sapere del Tabù?» chiese a Harry, dopo avergli raccontato dei molti disperati tentativi dei Nati Babbani di sottrarsi al Ministero.

«Del che cosa?»

«Tu e Hermione avete smesso di pronunciare il nome di Tu-Sai-Chi!»

«Oh, sì. Be’, è solo una brutta abitudine che abbiamo preso» spiegò Harry. «Ma per me non è un problema chiamarlo V…»

«No!» ruggì Ron. Harry saltò dentro un cespuglio e Hermione, il naso immerso in un libro all’ingresso della tenda, li guardò accigliata. «Scusa» disse Ron aiutando l’amico a districarsi dai rovi, «ma il nome è stato stregato, Harry: è così che scoprono la gente! Usare il suo nome infrange gli incantesimi di protezione, provoca una specie di interferenza magica… è così che ci hanno trovati in Tottenham Court Road!»

— Capitolo 20, Xenophilius Lovegood

Ma sebbene la Morte avesse cercato il terzo fratello per molti anni, non riuscì mai a trovarlo. Fu solo quando ebbe raggiunto una veneranda età che il fratello più giovane si tolse infine il Mantello dell’Invisibilità e lo regalò a suo figlio. Dopodiché salutò la Morte come una vecchia amica e andò lieto con lei, da pari a pari, congedandosi da questa vita.

Luna aveva affrescato il soffitto della sua stanza con cinque ritratti, dipinti con cura e talento: Harry, Ron, Hermione, Ginny e Neville. Non si muovevano come quelli di Hogwarts, ma possedevano comunque una certa magia: pareva che respirassero. Attorno ai volti s’intrecciavano quelle che a prima vista sembravano sottili catene d’oro, ma guardando meglio Harry si rese conto che si trattava di una sola parola, ripetuta un migliaio di volte in vernice dorata: amici… amici… amici…

— Capitolo 21, La storia dei tre fratelli

«Ossessione?» sibilò ferocemente Hermione la sera che Harry fu tanto incauto da usare quella parola, dopo che lei l’aveva rimproverato per la sua mancanza di interesse nella ricerca degli altri Horcrux. «Non siamo noi che abbiamo un’ossessione, Harry! Noi cerchiamo di fare quello che vole va Silente!»

Ma la velata critica non scalfì la certezza di Harry. Silente aveva lasciato a Hermione il simbolo dei Doni da decifrare e anche, Harry ne era convinto, la Pietra della Resurrezione nascosta nel Boccino d’Oro. Nessuno dei due può vivere se l’altro sopravvive… padrone della Morte… perché non capivano?

— Capitolo 22, I doni della morte

Harry non osò guardare negli occhi Draco, ma lo vide di sghembo: un po’ più alto di lui, la macchia pallida e affilata del volto sotto i capelli di un biondo quasi bianco.

(…)

Decise di tacere, perché di certo la voce l’avrebbe tradito, e continuò a evitare il contatto visivo con Draco che si avvicinava.

«Allora, Draco» lo incitò Lucius Malfoy. Sembrava molto ansioso. «È lui? è Harry Potter?»

«Io non… io non sono sicuro» rispose Draco. Si teneva a distanza da Greyback e pareva aver paura di guardare Harry quanta Harry ne aveva di guardare lui.

(…)

Harry vide il volto di Draco avvicinarsi, adesso, accanto a quello del padre. Erano straordinariamente simili, ma Lucius era fuori di sé dall’esaltazione, mentre l’espressione di Draco era piena di riluttanza, perfino di spavento.

«Non so» dichiarò infine il ragazzo, e se ne andò verso il camino dove sua madre, in piedi, osservava la scena.

(…)

«Un momento» fece Narcissa brusca. «Sì… sì, era da Madama McClan con Potter! Ho visto la sua foto sul Profeta! Guarda, Draco, non è quella Granger?»

«Io… forse… sì».

«Ma allora quello è il ragazzo Weasley!» gridò Lucius, girando attorno ai prigionieri per mettersi davanti a Ron. «Sono loro, gli amici di Potter… Draco, guardalo, non è il figlio di Arthur Weasley, com’è che si chiama…?»

«Sì» ripeté Draco, dando le spalle ai prigionieri. «Può darsi».

— Capitolo 23, Villa Malfoy

Harry guardò di nuovo Dobby. Sfilò la lama appuntita dal corpo dell’elfo, poi si tolse il giaccone e lo coprì.

Sentì il mare che si frangeva sulle rocce lì vicino, mentre gli altri parlavano, discutendo argomenti che non lo interessavano, prendendo decisioni. Dean portò in casa Unci-unci ferito, Fleur corse con loro; Bill stava suggerendo dove seppellire l’elfo. Harry disse di sì senza badarci. Guardò il piccolo corpo e la cicatrice pizzicò e bruciò, e in una parte della sua mente, visto come dal lato sbagliato di un lungo telescopio, Voldemort stava punendo coloro che erano rimasti a Villa Malfoy. La sua rabbia era terribile, eppure il dolore di Harry per Dobby parve attenuarla, come fosse una tempesta lontana, all’orizzonte di un vasto oceano silenzioso.

«Voglio farlo come si deve» furono le prime parole che si rese conto di pronunciare. «Non con la magia. Hai una vanga?»

«Noi!» rispose Hermione. Raddrizzò la schiena, gli occhi ardenti. «Noi protestiamo! E io sono perseguitata quanto un folletto o un elfo, Unciunci! Io sono una sporca Mezzosangue!»

«Non dire…» borbottò Ron.

«Perché non dovrei?» ribatté Hermione. «Sporca Mezzosangue e fiera di esserlo! Con questo nuovo governo non mi trovo in una posizione migliore della tua, Unci-unci! è me che hanno scelto di torturare, dai Malfoy!»

Scostò il colletto della vestaglia per mostrare il taglio sottile inciso da Bellatrix, scarlatto sulla sua gola.

Olivander tese una mano tremante e Harry posò sul suo palmo le due metà a stento ancora attaccate.

«Agrifoglio e piuma di fenice» commentò Olivander con voce tremula.

«Undici pollici. Molto flessibile».

«Già» annuì Harry. «Lei può…?»

«No» mormorò Olivander. «Mi spiace, mi spiace tanto, ma una bacchetta che ha subito un danno del genere non può essere riparata con alcun mezzo che io conosca».

«Biancospino e crine di unicorno. Dieci pollici esatti. Sufficientemente elastica. Questa era la bacchetta di Draco Malfoy».

«Era?» ripeté Harry. «Non è più sua?»

«Forse no. Se tu l’hai presa…»

«… sì, l’ho presa…»

«… allora potrebbe essere tua. Naturalmente il modo in cui la si prende è importante. Molto dipende anche dalla bacchetta stessa. In generale, comunque, quando una bacchetta è stata vinta, la sua fedeltà cambia».

«Il Signore Oscuro» riprese Olivander in tono frettoloso e spaventato «era sempre stato soddisfatto della bacchetta che gli avevo fabbricato io stesso tasso e piuma di fenice, tredici pollici e mezzo finché non ha scoperto la connessione dei nuclei gemelli. Ora cerca un’altra bacchetta più potente, il solo modo per sconfiggere la tua».

«Ma presto scoprirà, se non lo sa già, che la mia si è spezzata e non si può riparare» mormorò Harry.

«No!» esclamò Hermione sgomenta. «Non può saperlo, Harry, come potrebbe…?»

«Prior Incantatio» spiegò Harry. «Abbiamo lasciato la tua bacchetta e quella di prugnolo dai Malfoy, Hermione. Se le esaminano con cura, se le inducono a ripetere gli incantesimi che hanno scagliato di recente, scopriranno che la tua ha spezzato la mia, scopriranno che hai cercato invano di ripararla e capiranno che da allora ho usato quella di prugnolo».

Il poco colorito che Hermione aveva riguadagnato se ne andò. Ron guardò Harry con aria di rimprovero e disse: «Non pensiamoci adesso…»

Ma il signor Olivander intervenne.

«Il Signore Oscuro non cerca più la Bacchetta di Sambuco solo per distruggere te, Harry Potter. è deciso a impadronirsene perché è convinto che lo renderà davvero invulnerabile».

— Capitolo 24, Il fabbricante di bacchette

Lupin inciampò sulla soglia. Era pallido, avvolto in un mantello da viaggio, i capelli grigi spettinati. Raddrizzò le spalle, si guardò intorno per accertarsi di chi era presente, poi gridò: «È un maschio! L’abbiamo chiamato Ted, come il padre di Dora!»

Hermione strillò.

«Co…? Tonks… Tonks ha avuto il bambino?»

«Sì, sì, è nato!» urlò Lupin. Tutto attorno alla tavola si levarono grida di gioia e sospiri di sollievo: Hermione e Fleur cinguettarono «Congratulazioni!» e Ron esclamò «Cavoli, un maschietto!» come se non avesse mai sentito niente di simile.

«Sì… sì… un maschietto» ripeté Lupin, che pareva stordito dalla felicità. Fece il giro del tavolo e abbracciò Harry; la scenata nel seminterrato di Grimmauld Place sembrava non essere mai accaduta.

«Vuoi essere il suo padrino?» chiese, liberando Harry dalla stretta. 

«I-io?» balbettò lui.

«Tu, sì, certo… Dora è d’accordo, nessuno può essere meglio…»

«Io… sì… accidenti…»

— Capitolo 25, Villa Conchiglia

Levò il raggio sempre più su, finché all’improvviso incrociò un oggetto che gli fece sussultare il cuore e tremare la mano.

«È là, è lassù!»

Anche Ron e Hermione puntarono le bacchette, e la piccola coppa d’oro brillò illuminata come da tre riflettori: il calice di Tosca Tassorosso, passato poi nelle mani di Hepzibah Smith, alla quale Tom Riddle l’aveva rubato.

— Capitolo 26, La Gringott

Quanto alla scuola, lui solo sapeva dove aveva nascosto l’Horcrux a Hogwarts, perché lui solo aveva scandagliato i suoi più profondi segreti…

E c’era ancora Nagini, che doveva restargli vicina, ora, non andare più a eseguire i suoi ordini, restare sotto la sua protezione…

— Capitolo 27, Il nascondiglio finale

«Scoppiò una lite… io presi la mia bacchetta e lui la sua, e il migliore amico di mio fratello mi inflisse la Maledizione Cruciatus… Albus cercò di fermarlo e ci ritrovammo tutti e tre a lottare, e i lampi e le esplosioni la facevano impazzire, non riusciva a sopportarlo…»

Il volto di Aberforth impallidì come se avesse subito una ferita mortale.

«… io credo che volesse aiutarmi, ma non sapeva quello che faceva: non so chi di noi sia stato, potrebbe essere stato chiunque… e morì. (…) Perduta» mormorò Aberforth. «Perduta per sempre. (…) E così Albus era libero. Libero dal fardello della sorella, libero di diventare il mago più grande del…»

«Non è mai stato libero» lo interruppe Harry.

«Come?» chiese Aberforth.

«Mai» ripeté Harry. «La notte che morì, suo fratello aveva bevuto una pozione che lo fece uscire di senno. Urlava, supplicava qualcuno che non c’era. ‘Non far del male a loro, ti prego… fai male a me, invece’. (…) Credeva di essere di nuovo con lei e Grindelwald, lo so» continuò Harry, ricordando il piagnucolio e le suppliche di Silente. «Vedeva Grindelwald che faceva del male a lei e ad Ariana… era una tortura per lui: se l’avesse visto allora, non direbbe che era libero».

— Capitolo 28, Lo specchio mancante

«Noi siamo il suo Esercito» obiettò Neville. «L’Esercito di Silente. Eravamo tutti coinvolti, l’abbiamo tenuto vivo mentre voi tre eravate via per i fatti vostri…»

«Non è stato proprio un picnic, Neville» osservò Ron.

«Non ho detto questo, ma non vedo perché non potete fidarvi di noi. Tutti i presenti hanno lottato e sono stati costretti a rifugiarsi qui perché i Carrow li cercavano. Tutti hanno dimostrato la loro fedeltà a Silente… e a voi»

— Capitolo 29, Il diadema perduto

Amycus avanzò fino a trovarsi oltraggiosamente vicino alla professoressa McGranitt, il volto a pochi centimetri dal suo. Lei non indietreggiò e lo guardò dall’alto come se fosse qualcosa di disgustoso appiccicato sul sedile di un water.

«Non me ne frega niente di cosa permette lei, Minerva McGranitt. Il suo tempo è finito. I capi adesso siamo noi e se non mi appoggia la pagherà cara».

E le sputò in faccia.

Harry uscì da sotto il Mantello, alzò la bacchetta e disse: «Questo non dovevi farlo».

Mentre Amycus si voltava, Harry gridò: «Crucio!»

Il Mangiamorte fu sollevato da terra. Si contorse in aria come un uomo che annega, ululando per il dolore, e poi, in un frastuono di vetri rotti, crollò sulle ante di una libreria e si afflosciò a terra, privo di sensi.

«Adesso ho capito cosa voleva dire Bellatrix» commentò Harry, col sangue che gli pulsava nelle tempie, «bisogna proprio volerlo».

«Aspetto anche te e i Serpeverde in Sala Grande tra venti minuti» lo interruppe la professoressa McGranitt. «Se desideri andartene con i tuoi studenti, non ti fermeremo. Ma se qualcuno di voi tenta di sabotare la nostra resistenza o prende le armi contro di noi dentro le mura di questo castello, allora, Horace, combatteremo per uccidere».

«Minerva!» esclamò lui, atterrito.

«È venuto il momento che la Casa di Serpeverde decida da che parte stare» tagliò corto la professoressa McGranitt. «Vai a svegliare i tuoi studenti, Horace».

— Capitolo 30, Il congedo di Severus

«BASTA!» urlò Malfoy a Tiger, e la sua voce rimbombò nella stanza enorme. «Il Signore Oscuro lo vuole vivo…» (…) «Non uccidetelo! NON UCCIDETELO!» gridò Malfoy a Tiger e Goyle, che puntavano tutti e due contro Harry: quell’istante di esitazione bastò.

«Ah, Ministro!» urlò Percy, e scagliò una fattura contro O’Tusoe, che lasciò cadere la bacchetta e portò le mani al petto, in evidente difficoltà. «Le ho detto che do le dimissioni?»

«Hai fatto una battuta, Perce!» gridò Fred, quando il Mangiamorte con cui stava combattendo crollò colpito da tre diversi Schiantesimi. O’Tusoe era caduto a terra e minuscole spine gli spuntavano dappertutto; sembrava che si stesse trasformando in una specie di riccio di mare. Fred guardò il fratello con allegria.

«Hai davvero fatto una battuta, Perce… l’ultima che ti avevo sentito fare era…»

L’aria esplose.

(…)

«No… no… no!» urlò qualcuno. «No! Fred! No!»

Percy scuoteva il fratello, Ron era inginocchiato accanto a loro, e gli occhi di Fred li fissavano senza vederli, lo spettro dell’ultima risata ancora impresso sul volto.

— Capitolo 31, La battaglia di Hogwarts

Percy era disteso sul corpo di Fred, a proteggerlo, e quando Harry chiamò «Percy, su, dobbiamo muoverci!» scosse il capo.

«Percy!» Harry vide le lacrime solcare lo strato di fuliggine sul viso di Ron, che afferrò il fratello più grande per le spalle e lo strattonò; ma Percy non si mosse. «Percy, non puoi fare nulla per lui! Dobbiamo…»

«Mio Signore» gemette una voce rotta e disperata. Si voltò: Lucius Malfoy era seduto nell’angolo più buio. Era lacero e portava ancora i segni della punizione ricevuta per l’ultima fuga del ragazzo. Aveva un occhio chiuso e gonfio. «Mio Signore… vi prego… mio figlio…»

«Se tuo figlio è morto, Lucius, non è colpa mia. Non è venuto da me come gli altri Serpeverde. Forse ha deciso di diventare amico di Harry Pot ter?»

«No… mai» sussurrò Malfoy.

«Devi solo sperarlo».

«Non… non temete, mio Signore, che Potter possa morire per mano di altri?» chiese Malfoy con voce tremante. «Non sarebbe… perdonatemi… più prudente per voi sospendere la battaglia, entrare nel castello e cercarlo per-personalmente?»

«Non fingere, Lucius. Tu desideri che la battaglia abbia fine solo per poter scoprire che cos’è successo a tuo figlio. Non ho bisogno di andare a cercare Potter. Prima che la notte sia finita, Potter verrà da me».

Vide il terrier argenteo di Ron comparire nell’aria, baluginare e spegnersi; poi la lontra di Hermione contorcersi e svanire. La bacchetta gli tremava in mano, e accolse quasi con gioia l’oblio imminente, la promessa del nulla, dell’assenza di sensazioni…

Una lepre d’argento, un cinghiale e una volpe passarono a mezz’aria e li superarono: davanti alle tre creature i Dissennatori indietreggiarono. Tre persone sbucarono dall’oscurità, con le bacchette tese, tenendo saldi i propri Patroni: Luna, Ernie e Seamus.

Si levò un grido terribile. Harry vide il volto di Piton perdere quel poco colore che aveva e gli occhi neri dilatarsi. Le zanne del serpente gli perforavano il collo e lui non riusciva a liberarsi dalla gabbia incantata; le ginocchia gli cedettero e cadde a terra.

«Mi spiace» commentò Voldemort, gelido.

Si voltò; non c’era tristezza in lui, nessun rimorso.

Non sapeva perché lo faceva, perché si stava avvicinando a Piton morente: non sapeva che cosa provava quando guardò il suo volto bianco e le dita che cercavano di tamponare la ferita insanguinata nel collo. Harry si tolse il Mantello dell’Invisibilità e guardò l’uomo che odiava: gli occhi neri dilatati si posarono su di lui e Piton cercò di parlare. Harry si chinò. Piton lo afferrò per il bavero e lo tirò a sé.

Un terribile gorgoglio, un rantolo uscì dalla sua gola.

«Prendi… Prendi…»

Qualcosa di diverso dal sangue colava da Piton. Era azzurro-argento, né liquido né gassoso, e usciva dalla bocca, dalle orecchie, dagli occhi; Harry capì che cos’era, ma non sapeva che fare…

«Guar…da…mi» sussurrò.

Gli occhi verdi incontrarono i neri, ma dopo un attimo qualcosa nel profondo di questi ultimi svanì, lasciandoli fissi e vuoti. La mano che stringeva Harry crollò a terra e Piton non si mosse più.

— Capitolo 32, La bacchetta di sambuco 

«È diverso se si è figli di Babbani?»

Piton esitò. I suoi occhi neri, colmi di entusiasmo nella penombra verdastra, si spostarono sul volto pallido, sui capelli rosso scuro di lei.

«No» dichiarò infine. «Non è diverso».

Era notte. Lily, in vestaglia, era davanti al ritratto della Signora Grassa, a braccia incrociate, all’ingresso della Torre di Grifondoro.

«Sono uscita solo perché Mary mi ha detto che minacciavi di dormire qui».

«L’avrei fatto. Non volevo chiamarti schifosa Mezzosangue, mi è…»

«… scappato?» Non c’era pietà nel tono di Lily. «Troppo tardi. Ti ho giustificato per anni. Nessuno dei miei amici riesce a capire come mai ti rivolgo la parola. Tu e i tuoi cari Mangiamorte… vedi, non lo neghi nemmeno! Non neghi nemmeno quello che volete diventare! Non vedi l’ora di unirti a Tu-Sai-Chi, vero?»

Lui aprì la bocca, ma la richiuse senza aver parlato.

«Non posso più fingere. Tu hai scelto la tua strada, io la mia».

«No… senti, io non volevo…»

«… chiamarmi schifosa Mezzosangue? Ma chiami così tutti quelli come me, Severus. Perché io dovrei essere diversa?»

«La profezia non parla di una donna» obiettò Silente, «ma di un bambino maschio nato alla fine di luglio…»

«Sa cosa voglio dire! Lui pensa che si tratti di suo figlio, le darà la caccia… li ucciderà tutti…»

«Se lei è così importante per te» ribatté Silente, «Lord Voldemort la risparmierà, no? Non puoi chiedere pietà per la madre in cambio del figlio?»

«Io ho… io gliel’ho chiesto…»

«Tu mi disgusti» commentò Silente, e Harry non aveva mai sentito tanto disprezzo nella sua voce. Piton parve rimpicciolire.

«Quindi non t’importa se suo marito e suo figlio muoiono? Possono morire, purché tu ottenga ciò che desideri?»

Piton tacque, continuando a guardare Silente.

«Allora li nasconda tutti» gracchiò infine. «La metta… li metta al sicuro. La prego».

«E tu che cosa mi darai in cambio, Severus?»

«In… in cambio?» Piton guardò Silente a bocca aperta e Harry si aspettava che protestasse, ma dopo un lungo istante rispose: «Qualunque cosa».

«Il Signore Oscuro non si aspetta che Draco ci riesca. è solo una punizione per i recenti insuccessi di Lucius. Una lenta tortura per i genitori di Draco, che lo guarderanno fallire e pagare per questo».

«In breve, il ragazzo ha sul capo una sentenza di morte sicura quanto la mia» commentò Silente. «Ora, suppongo che il naturale erede del compito, quando Draco avrà fallito, debba essere tu».

Una breve pausa.

«Credo che questo sia il piano del Signore Oscuro».

(…)

«Bene. Allora. La tua priorità è scoprire cosa sta facendo Draco. Un ragazzino spaventato è un pericolo per sé e per gli altri. Offrigli il tuo aiuto e la tua guida, dovrebbe accettare, tu gli piaci…»

«… molto meno da quando suo padre non è più nelle grazie del Signore Oscuro. Draco attribuisce la colpa a me, crede che io abbia usurpato la posizione di Lucius».

«Comunque devi tentare. Sono meno preoccupato per me stesso che per le vittime accidentali dei piani che potrebbe architettare il ragazzo. In definitiva, c’è una sola cosa da fare, se vogliamo salvarlo dall’ira di Lord Voldemort».

Piton inarcò le sopracciglia e chiese, in tono sardonico: «Vuoi lasciare che ti uccida?»

«Certo che no. Devi uccidermi tu».

(…)

«Se non ti importa di morire» insisté Piton con durezza, «perché non lasci che sia Draco a ucciderti?»

«L’anima di quel ragazzo non è ancora così guastata» spiegò Silente. «Non voglio che si spezzi per colpa mia».

«E la mia anima, Silente? La mia?»

«Quindi il ragazzo… il ragazzo deve morire?» chiese Piton, tranquillo.

«E deve ucciderlo Voldemort in persona, Severus. Questo è fondamentale».

Un altro lungo silenzio. Poi Piton riprese: «Credevo… in tutti questi anni… che lo proteggessimo per lei. Per Lily. (…) L’hai tenuto in vita perché possa morire al momento giusto?»

«Non esserne stupito, Severus. Quanti uomini e donne hai visto morire?»

«Di recente, solo quelli che non sono riuscito a salvare» rispose Piton. Si alzò. «Tu mi hai usato».

«Sarebbe a dire?»

«Ho fatto la spia per te, ho mentito per te, ho corso rischi mortali per te. Credevo che servisse a proteggere il figlio di Lily Potter. Adesso mi dici che l’hai allevato come una bestia da macello».

«Ma è commovente, Severus» osservò Silente, serio. «Ti sei affezionato al ragazzo, dopotutto?»

«A lui?» urlò Piton. «Expecto Patronum!»

Dalla punta della sua bacchetta affiorò la cerva d’argento: atterrò sul pavimento dell’ufficio, fece un balzo e si tuffò fuori dalla finestra. Silente la guardò volar via e quando il suo bagliore argenteo svanì si rivolse a Piton, con gli occhi pieni di lacrime.

«Dopo tutto questo tempo?»

«Sempre» rispose Piton.

— Capitolo 33, La storia del principe 

Non erano fantasmi, né persone di carne e d’ossa, lo vedeva. Assomigliavano più che altro al Riddle uscito dal diario tanti anni prima, che era memoria quasi solidificata. Meno concreti di corpi viventi, ma molto più di fantasmi, venivano verso di lui, e su ciascun volto danzava lo stesso sorriso affettuoso.

James era alto esattamente quanto lui. Indossava gli abiti nei quali era morto e aveva i capelli arruffati e gli occhiali un po’ storti come quelli del signor Weasley.

Sirius era alto e bello, molto più giovane di come Harry l’aveva conosciuto in vita. Avanzava con elegante disinvoltura, le mani in tasca e un sorriso in volto.

Anche Lupin era più giovane, molto meno trasandato, e aveva i capelli più folti e più scuri. Sembrava felice di essere di nuovo in quel luogo familiare, teatro di tante avventure da adolescente.

Il sorriso di Lily era il più largo. Avvicinandosi, spinse indietro i lunghi capelli, e gli occhi verdi, così simili a quelli di Harry, frugavano avidi il suo volto, come se non potesse mai saziarsi di guardarlo.

«Sei stato molto coraggioso».

Lui non riuscì a parlare. I suoi occhi si beavano di lei, e pensò che gli sarebbe piaciuto star lì a guardarla per sempre, che gli sarebbe bastato.

«Ci sei quasi» disse James. «Sei molto vicino. Noi siamo… fieri di te».

«Fa male?» La domanda infantile gli era affiorata alle labbra prima che potesse fermarla.

«Morire? Niente affatto» rispose Sirius. «È più veloce e più facile che addormentarsi».

(…)

«Resterete con me?»

«Fino alla fine» rispose James.

«Non possono vedervi?» chiese Harry.

«Siamo parte di te» spiegò Sirius. «Invisibili a chiunque altro».

Harry guardò sua madre. «Stammi vicino» sussurrò.

— Capitolo 34, Ancora la foresta 

«Conosci il se greto di mia sorella, che cosa le fecero quei Babbani, che cosa diventò. Sai che il mio povero padre cercò vendetta e ne pagò il prezzo, morendo ad Azkaban. Sai come mia madre rinunciò alla propria vita per prendersi cura di Ariana.

«Mi seccava, Harry».

Lo disse apertamente, con freddezza. Ora guardava sopra la testa di Harry, in lontananza.

«Ero dotato, ero intelligente. Volevo fuggire. Volevo risplendere. Volevo la gloria. (…) Grindelwald. Non puoi immaginare come le sue idee mi convinsero, Harry, quanto mi infiammarono. Babbani costretti all’obbedienza. Noi maghi trionfatori. Io e Grindelwald, i gloriosi, giovani capi della rivoluzione».

«Non provare pietà per i morti, Harry. Prova pietà per i vivi e soprattutto per coloro che vivono senza amore».

«Mi dica un’ultima cosa» chiese Harry. «È vero? O sta succedendo dentro la mia testa?»

Silente gli sorrise e la sua voce risuonò alta e forte nelle orecchie di Harry anche se la nebbiolina luminosa stava calando di nuovo e nascondeva la sua sagoma.

«Certo che sta succedendo dentro la tua testa, Harry. Ma perché diavolo dovrebbe voler dire che non è vero?»

— Capitolo 35, King’s cross 

Mani più delicate di quanto si aspettasse gli toccarono la faccia, gli aprirono una palpebra, s’insinuarono sotto la camicia fino al petto, a sentirgli il cuore. Udì il respiro affannoso della donna, i suoi lunghi capelli gli solleticarono il viso. Sapeva che aveva sentito il battito regolare della vita contro le sue costole.

«Draco è vivo? è nel castello?»

Il sussurro era appena percettibile; le labbra di lei erano a un centimetro dal suo orecchio, il capo abbassato così che i lunghi capelli nascondevano il volto di Harry ai presenti.

«Sì» bisbigliò lui in risposta.

Sentì la mano di lei contrarsi sul suo petto e le unghie conficcarsi nella pelle. Poi la mano fu ritratta. Narcissa Malfoy si rimise a sedere.

«È morto!» annunciò.

E anche Neville si mosse: con un solo, rapido, fluido gesto si liberò dell’Incantesimo Petrificus; il Cappello in fiamme gli cadde dalla testa e lui ne estrasse qualcosa di argenteo, con l’impugnatura sfavillante di rubini.

Il sibilo della lama d’argento non si sentì sopra il ruggito della folla, il rimbombo dei giganti che cozzavano, la carica dei centauri, eppure attirò a sé gli sguardi di tutti. Con un solo colpo, Neville mozzò la testa dell’enorme serpente, che roteò alta nell’aria, scintillante nella luce che veniva dalla Sala d’Ingresso. La bocca di Voldemort si spalancò in un urlo di rabbia che nessuno riuscì a sentire, e il corpo del serpente cadde con un tonfo ai suoi piedi…

«Non ucciderai nessun altro questa notte» ribatté Harry. Ancora si muovevano in cerchio e si fissavano, occhi verdi dentro occhi rossi. «Non potrai uccidere nessuno di loro, mai più. Non capisci? Ero pronto a morire per impedirti di fare del male a queste persone…»

«Ma non l’hai fatto!»

«… era mia intenzione, ed è questo che importa. Ho fatto quello che ha fatto mia madre. Sono protetti da te. Non hai notato che nessuno dei tuoi incantesimi funziona su di loro? Non puoi torturarli. Non puoi toccarli. Non impari dai tuoi errori, Riddle, vero?»

«Tu osi…»

«Sì, io oso» continuò Harry. «Io so cose che tu non sai, Tom Riddle. Io so molte cose importanti che tu non sai. Vuoi sentirne qualcuna, prima di commettere un altro grosso errore?»

«Severus Piton non era tuo» spiegò Harry. «Piton era di Silente, di Silente dal momento in cui hai cominciato a dare la caccia a mia madre. E non te ne sei mai accorto, per via della cosa che non puoi capire. Non hai mai visto Piton evocare un Patronus, vero, Riddle? (…) Il Patronus di Piton era una cerva» continuò Harry, «come quello di mia madre, perché lui l’ha amata per tutta la vita, da quando erano bambini. Avresti dovuto capirlo» aggiunse, vedendo le narici di Voldemort vibrare.

«Quella bacchetta non funziona ancora bene perché hai assassinato la persona sbagliata. Severus Piton non è mai stato il vero padrone della Bacchetta di Sambuco. Non ha mai sconfitto Silente».

«L’ha ucciso…»

«Non mi ascolti? Piton non ha mai sconfitto Silente! Hanno deciso insieme la sua morte! Silente voleva morire imbattuto, essere l’ultimo vero padrone della Bacchetta! Se tutto fosse andato come previsto, il potere della Bacchetta sarebbe morto con luì, perché non gli sarebbe mai stata vinta! (…) Possedere la Bacchetta non basta! Tenerla, usarla non la rende davvero tua. Non hai sentito Olivander? è la bacchetta che sceglie il mago… la Bacchetta di Sambuco ha riconosciuto un nuovo padrone prima della morte di Silente, qualcuno che non l’ha mai nemmeno sfiorata. Il nuovo padrone ha tolto la Bacchetta a Silente contro la sua volontà, senza mai capire cosa aveva fatto, o che la bacchetta più pericolosa del mondo gli aveva offerto la sua obbedienza. (…) Il vero padrone della bacchetta di sambuco era Draco Malfoy».

«È troppo tardi» osservò Harry. «Hai perso l’occasione. Sono arrivato prima io. Ho battuto Draco settimane fa. Gli ho portato via questa».

Harry agitò la bacchetta di biancospino e sentì gli sguardi di tutti i presenti su di essa.

«Quindi è tutto qui, capisci?» sussurrò. «La bacchetta che hai in mano sa che il suo ultimo proprietario è stato Disarmato? Perché se lo sa… sono io il vero padrone della Bacchetta di Sambuco».

Tom Riddle crollò sul pavimento con banale solennità, il corpo fiacco e rattrappito, le mani bianche vuote, il volto da serpente inespressivo e ignaro. Voldemort era morto, ucciso dal rimbalzo della sua stessa maledizione, e Harry fissava, con due bacchette in mano, il guscio vuoto del suo nemico.

Harry mostrò la Bacchetta di Sambuco, e Ron e Hermione la contemplarono con una venerazione che a Harry, pur confuso e sfinito, non piacque affatto.

«Non la voglio» disse.

«Cosa?» esclamò Ron. «Sei pazzo?»

«Lo so che è potente» continuò Harry stancamente. «Ma mi trovavo meglio con la mia. Quindi…»

(…)

Posò la bacchetta spezzata sulla scrivania del Preside, la toccò appena con la punta della Bacchetta di Sambuco e mormorò: «Reparo».

La sua bacchetta si saldò e dalla punta scaturirono scintille rosse. Harry capì che ce l’aveva fatta. Prese la bacchetta di agrifoglio e di fenice e sentì un improvviso calore alle dita, come se mano e bacchetta esultassero per essersi ritrovate.

«Rimetterò la Bacchetta di Sambuco» annunciò a Silente, che lo guardava con enorme affetto e ammirazione, «dov’era. Può restarci. Se morirò di morte naturale come Ignotus, il suo potere sarà infranto, vero? L’ultimo padrone non sarà mai stato sconfitto. E sarà la fine della storia».

— Capitolo 36, La falla nel piano

«E se divento un Serpeverde?»

Il sussurro era destinato solo a suo padre, e Harry capì che il momento della partenza aveva spinto Albus a rivelare quanto grande e sincera fosse la sua paura.

Harry si accovacciò in modo che il viso di Albus fosse appena sopra il suo. Era l’unico dei suoi tre figli ad aver ereditato gli occhi di Lily.

«Albus Severus» mormorò, in modo che nessuno sentisse a parte Ginny, e lei, con molto tatto, finse di salutare Rose, già sul treno. «Tu porti il nome di due Presidi di Hogwarts. Uno di loro era un Serpeverde e probabilmente l’uomo più coraggioso che io abbia mai conosciuto».

«Ma se…»

«… vorrà dire che la Casa di Serpeverde avrà guadagnato un ottimo studente, no? A noi non importa, Al. Ma se per te è importante, potrai scegliere Grifondoro invece di Serpeverde. Il Cappello Parlante tiene conto della tua scelta».

— Epilogo, 19 anni dopo

Fonte: Potterpedia

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Pubblicato da Giulia Greco

Geek. Il caffè è la mia droga, serie TV, film, libri, anime, manga la mia passione. Classe '89, sono cresciuta andando a caccia di vampiri con la Scooby Gang e passeggiando tra le vie di Stars Hollow con le testa tra le nuvole, un po' come Luna Lovegood.

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