Harry Potter e l’Ordine della Fenice, le citazioni più belle del libro37 min di lettura —

Harry Potter e l’Ordine della Fenice, le citazioni più belle del libro — 37 min di lettura —

Dopo il ritorno di Voldemort e la morte di Cedric Diggory ne Il Calice di Fuoco, Harry Potter affronta uno dei suoi anni peggiori a Hogwarts ne l’Ordine della Fenice. Accusato di aver mentito sul ritorno del Signore Oscuro da compagni di scuola e adulti che preferiscono negare la gravità degli eventi, durante il quinto anno Harry scopre dell’esistenza di una profezia che lega il suo destino a quello del villain della storia.

Nel frattempo, il maghetto scopre di più sul suo padrino Sirius e sulla famiglia Black, sul coinvolgimento della zia Petunia nelle faccende magiche e sulla politica corrotta del Ministero della Magia. Fanno il loro ingresso sulla scena l’enigmatica Luna Lovegood, la simpatica Tonks e l’instabile Bellatrix. E in tutto questo delirio, Harry si scopre anche sempre più vicino al suo lato oscuro.

Scopri le citazioni più belle del quinto libro della saga.

Harry Potter e l’Ordine della Fenice: le citazioni più belle

Non avrebbe mai più rivisto Ron e Hermione… E mentre lottava per respirare, i loro volti esplosero nitidi nella sua mente.

«EXPECTO PATRONUM!»

Un enorme cervo d’argento spuntò dalla punta della bacchetta di Harry; le sue corna colpirono il Dissennatore nel punto dove avrebbe dovuto esserci il cuore; l’essere fu scagliato all’indietro, privo di peso come l’oscurità, e di fronte al cervo che caricava ancora, scivolò via come un pipistrello, sconfitto.

— Capitolo 1, Dudley Dissennato

«E che cosa diavolo sono i Dissennatori?»

«Fanno la guardia alla prigione dei maghi, Azkaban» disse zia Petunia.

Due secondi di sonoro silenzio seguirono queste parole prima che zia Petunia si premesse la mano sulla bocca come se si fosse lasciata sfuggire una parolaccia disgustosa. Zio Vernon la guardò con gli occhi sgranati. Il cervello di Harry turbinò. La signora Figg era un conto… ma zia Petunia?

«Come fai a saperlo?» le chiese, esterrefatto.

Zia Petunia pareva piuttosto sconvolta per quello che aveva detto. Scoccò a zio Vernon un’occhiata di timorose scuse, poi abbassò appena la mano, rivelando la dentatura cavallina.

«Ho sentito… quell’orribile ragazzo… spiegarlo a lei… tanti anni fa» disse a scatti.

«Se intendi la mia mamma e il mio papà, perché non usi i loro nomi?» gridò Harry, ma zia Petunia lo ignorò. Sembrava terribilmente confusa.

(…)

«È tornato» rispose Harry gravemente.

Era molto strano, trovarsi lì in piedi nella cucina chirurgicamente asettica di zia Petunia, accanto al frigorifero ultimo modello e al televisore wide-screen, a parlare tranquillamente di Lord Voldemort con zio Vernon. L’arrivo dei Dissennatori a Little Whinging sembrava aver aperto una breccia nell’enorme muro invisibile che separava il mondo inesorabilmente non magico di Privet Drive dal mondo al di là. Le due vite di Harry si erano in un certo modo fuse e tutto era stato rovesciato; i Dursley chiedevano dettagli del mondo magico, e la signora Figg conosceva Albus Silente; i Dissennatori veleggiavano per Little Whinging, e lui rischiava di non tornare mai più a Hogwarts. La testa di Harry pulsò in modo ancor più doloroso.

«Tornato?» sussurrò zia Petunia.

Stava guardando Harry come non lo aveva mai guardato prima. E all’improvviso, per la primissima volta nella sua vita, Harry apprezzò a fondo il fatto che zia Petunia fosse la sorella di sua madre. Non avrebbe saputo dire perché questo lo colpisse con tanta forza in quel momento. Sapeva solo di non essere l’unica persona nella stanza ad avere una vaga idea di ciò che poteva significare il ritorno di Lord Voldemort. Zia Petunia non l’aveva mai guardato così in tutta la sua vita. I suoi grandi occhi sbiaditi (così diversi da quelli della sorella) non erano serrati per il disgusto o la rabbia: erano spalancati e colmi di paura. La furibonda finzione che zia Petunia aveva sostenuto per tutta la vita di Harry — che non esisteva la magia e non esisteva mondo al di fuori di quello che abitava con zio Vernon — sembrava essere crollata.

— Capitolo 2, Un pacco di gufi

«Qui» borbottò Moody, porgendo un pezzo di pergamena alla mano Disillusa di Harry e reggendo la bacchetta accesa vicino al foglio, in modo da illuminare ciò che c’era scritto. «Leggi in fretta e impara a memoria».

Harry guardò il foglio. La grafia serrata era vagamente familiare. Diceva:

Il Quartier Generale dell’Ordine della Fenice si può trovare al numero dodici di Grimmauld Place, Londra.

— Capitolo 3, L’avanguardia

Il bagliore tiepido che gli si era acceso dentro alla vista dei suoi due migliori amici si spense e qualcosa di ghiacciato gli invase la bocca dello stomaco. All’improvviso — dopo aver desiderato di vederli per un mese intero — avrebbe preferito che Ron e Hermione lo lasciassero in pace.

Calò un silenzio teso; Harry accarezzava Edvige meccanicamente, senza guardare nessuno dei due.

«Sembrava convinto che fosse la cosa migliore» disse Hermione, senza fiato. «Silente, intendo».

«Già» commentò Harry. Notò che anche le mani di lei recavano i segni del becco di Edvige e scoprì di non essere affatto dispiaciuto.

— Capitolo 4, Grimmauld Place, numero dodici

«Non è tuo figlio» mormorò Sirius.

«È come se lo fosse» ribatté la signora Weasley con forza. «Chi altri ha?»

«Ha me!»

«Sì» disse la signora Weasley, con il labbro arricciato, «però ti è stato abbastanza difficile prenderti cura di lui mentre eri rinchiuso ad Azkaban, vero?»

Sirius fece per alzarsi.

«Molly, non sei la sola persona a questo tavolo che si preoccupa per Harry» intervenne Lupin asciutto. «Sirius, siediti.»

Il labbro inferiore della signora Weasley tremava. Sirius si risedette lentamente, pallido.

«Credo che Harry dovrebbe avere il permesso di dire la sua» continuò Lupin, «è abbastanza grande da decidere per se stesso».

«Voglio sapere che cosa sta succedendo» disse Harry subito.

Non guardò la signora Weasley. Averle sentito dire che era come un figlio per lei lo aveva toccato, ma era anche insofferente alle sue coccole. Sirius aveva ragione, non era un bambino.

— Capitolo 5, L’Ordine della Fenice

Sirius attraversò la stanza e raggiunse l’arazzo che Kreacher aveva tentato di proteggere. Occupava tutta la parete. Harry e gli altri lo seguirono.

L’arazzo sembrava immensamente antico; era sbiadito e pareva rosicchiato qua e là dai Doxy. Tuttavia, il filo d’oro con cui era ricamato scintillava ancora abbastanza da mostrare un esteso albero genealogico che risaliva (per quanto ne capiva Harry) al Medioevo. Grosse lettere in cima all’arazzo recitavano:

La Nobile e Antichissima Casata dei Black “Toujours Pur”

«Tu non ci sei!» osservò Harry esaminando la parte più bassa dell’albero.

«Ero qui» disse Sirius, indicando un buchetto rotondo carbonizzato nel tessuto, simile a una bruciatura di sigaretta. «La mia cara dolce madre mi ha incenerito dopo che sono scappato di casa… Kreacher ha una vera passione per bofonchiare questa storia».

(…)

«Ma… perché…?»

«Me ne sono andato?» Sirius fece un sorriso amaro e si passò le dita tra i lunghi capelli in disordine. «Perché li odiavo tutti: i miei genitori, con la loro mania del sangue puro, convinti che essere un Black ti rendesse praticamente di stirpe reale… il mio fratello idiota, così sciocco da crederci… eccolo».

Sirius puntò un dito alla base dell’albero, sul nome “Regulus Black”. Una data di morte (che risaliva a una quindicina di anni prima) seguiva quella di nascita.

«Era più giovane di me» disse Sirius, «ed era un figlio molto migliore, come mi veniva ricordato di continuo».

«Ma è morto» osservò Harry.

«Si» disse Sirius. «Stupido idiota… si è unito ai Mangiamorte».

«Stai scherzando!»

«Andiamo, Harry, non hai visto abbastanza di questa casa per capire che genere di maghi erano quelli della mia famiglia?» chiese Sirius stizzito.

«I tuoi genitori erano… erano anche loro Mangiamorte?»

«No, no, ma credimi, erano convinti che Voldemort avesse ragione, erano per la purificazione della razza magica, per liberarsi dei Babbani di nascita e avere al governo dei purosangue. Non erano soli, comunque; molta gente, prima che Voldemort mostrasse il suo vero volto, credeva che avesse ragione… poi però si sono spaventati quando hanno visto che cosa era pronto a fare per ottenere il potere. Ma scommetto che i miei genitori erano convinti che Regulus fosse un autentico piccolo eroe per essersi unito a Voldemort all’inizio».

«È stato ucciso da un Auror?» chiese Harry esitante.

«Oh, no» rispose Sirius. «No, è stato assassinato da Voldemort. O per ordine di Voldemort, più probabilmente; dubito che Regulus sia mai stato così importante da scomodare Voldemort in persona. Da quanto ho scoperto dopo la sua morte, si era fatto coinvolgere fino a un certo punto, poi è stato preso dal panico per quello che gli era stato richiesto e ha cercato di fare marcia indietro. Be’, non si consegnano le dimissioni a Voldemort. È servizio a vita, o morte».

(…)

«Non lo guardo da anni. Ecco Phineas Nigellus, il mio bisbisnonno, sai? Il Preside meno amato che Hogwarts abbia mai avuto… e Araminta Melliflua, cugina di mia madre… ha cercato di far passare un progetto di legge al Ministero per legalizzare la caccia ai Babbani… e la cara zia Elladora… ha avviato la tradizione di famiglia di decapitare gli elfi domestici quando diventavano troppo vecchi per portare i vassoi del tè… Naturalmente, tutte le volte che la famiglia ha prodotto qualcuno di appena decente, è stato diseredato. Vedo che Tonks qui non c’è. Forse è per questo che Kreacher non vuole prendere ordini da lei… lui dovrebbe fare tutto ciò che qualsiasi membro della famiglia gli chiede…»

«Tu e Tonks siete parenti?» chiese Harry, sorpreso.

«Oh, sì, sua madre Andromeda era la mia cugina preferita» rispose Sirius, esaminando l’arazzo con attenzione. «No, non c’è nemmeno lei, guarda…»

Indicò un’altra piccola bruciatura rotonda tra due nomi, Bellatrix e Narcissa.

«Le sorelle di Andromeda ci sono ancora perché hanno contratto deliziosi, rispettabili matrimoni con purosangue, ma Andromeda ha sposato un Babbano di nascita, Ted Tonks, e così…»

Sirius mimò l’atto di incendiare l’arazzo con una bacchetta e scoppiò in una risata acida. Harry, tuttavia, non rise; era troppo occupato a fissare i nomi sulla destra della bruciatura di Andromeda. Una doppia linea di ricamo d’oro univa Narcissa Black a Lucius Malfoy e una singola linea verticale portava dai loro nomi a Draco.

«Sei imparentato con i Malfoy!»

«Le famiglie purosangue sono tutte imparentate» disse Sirius. «Se hai deciso che i tuoi figli e le tue figlie sposino solo dei purosangue la scelta è molto limitata; siamo rimasti pochissimi. Io e Molly siamo cugini acquisiti e Arthur dev’essere mio cugino di secondo grado. Ma non serve cercarli qua: se c’è una famiglia di rinnegati, sono i Weasley».

— Capitolo 6, La Nobile e Antichissima Casata dei Black

La porta della cabina si spalancò e il signor Weasley uscì, seguito da Harry, che rimase a bocca spalancata.

Erano all’estremità di un lunghissimo, magnifico salone d’ingresso con il pavimento splendente di legno scuro. Il soffitto blu pavone era incastonato di scintillanti simboli dorati che continuavano a muoversi e mutare come un enorme tabellone celeste. Le pareti ai due lati erano coperte da pannelli di lucido legno scuro dove si aprivano molti camini dorati. Ogni pochi secondi un mago o una strega affioravano da uno dei camini sulla sinistra con un dolce fruscio. Sul lato destro, davanti a ogni camino si formavano brevi code di maghi e streghe in attesa di partire.

Al centro dell’ingresso c’era una fontana. Un gruppo di statue dorate, più grandi del naturale, si ergeva al centro di una vasca circolare. La più alta di tutte rappresentava un mago dall’aspetto nobile, con la bacchetta puntata diritta in aria. Radunati attorno a lui c’erano una bella strega, un centauro, un goblin e un elfo domestico. Gli ultimi tre guardavano con aria adorante la strega e il mago. Scintillanti zampilli d’acqua schizzavano dalle estremità delle loro bacchette, dalla punta della freccia del centauro, dalla cima del cappello del goblin e dalle orecchie dell’elfo domestico, così che il gorgogliare dell’acqua che cadeva si aggiungeva ai pop e crac di coloro che si Materializzavano e al frastuono dei passi di centinaia di maghi e streghe che, con espressioni accigliate e assonnate, avanzavano verso una serie di cancelli d’oro all’altro capo dell’ingresso.

— Capitolo 7, Il Ministero della Magia

«Testimone per la Difesa: Albus Percival Wulfric Brian Silente» disse una voce pacata alle spalle di Harry, che voltò la testa così in fretta che si fece male al collo.

Silente avanzava con serenità nell’aula, sfoggiando una lunga veste blu mezzanotte e un’espressione di calma perfetta. La lunga barba e i capelli d’argento scintillavano alla luce delle torce mentre si avvicinava a Harry e guardava in su verso Caramell attraverso gli occhiali a mezzaluna posati a metà del naso adunco.

I membri del Wizengamot borbottarono. Gli occhi di tutti ora fissavano Silente. Alcuni sembravano seccati, altri un po’ spaventati; due anziane streghe nella fila dietro, tuttavia, levarono la mano e salutarono in segno di benvenuto.

Un’emozione potente era sorta nel petto di Harry alla vista di Silente, una sensazione di forza e di speranza simile a quella che gli infondeva il canto della fenice.

— Capitolo 8, L’udienza

Si era completamente dimenticato che i prefetti vengono scelti al quinto anno. Era troppo afflitto dalla possibilità di essere espulso per dedicare un solo pensiero al fatto che le spille dovevano essere in viaggio. Ma se l’avesse ricordato… se ci avesse pensato… che cosa si sarebbe aspettato?

Non questo, disse una vocina sincera dentro la sua testa.

Harry contrasse il volto e lo seppellì fra le mani. Non poteva mentire a se stesso: se avesse saputo che la spilla stava per arrivare, si sarebbe aspettato che toccasse a lui, non a Ron. Era un arrogante come Draco Malfoy? Si credeva superiore a chiunque altro? Era proprio convinto di essere migliore di Ron?

No, disse la vocina in tono di sfida.

Davvero? si chiese Harry, sondando preoccupato i propri sentimenti.

Io sono più bravo a Quidditch, disse la voce. Ma non sono più bravo in nient’altro.

Era la verità, pensò Harry; non era migliore di Ron a scuola. Ma fuori dalle aule? E quelle avventure che lui, Ron e Hermione avevano vissuto da quando avevano cominciato a frequentare Hogwarts, rischiando spesso molto più che l’espulsione?

Be’, Ron e Hermione erano quasi sempre con me, disse la voce dentro la testa di Harry.

Non sempre, però, Harry ribatté a se stesso. Non hanno lottato contro Raptor. Non hanno sfidato Riddle e il Basilisco. Non si sono sbarazzati di tutti quei Dissennatori la notte della fuga di Sirius. Non erano nel cimitero con me, quando Voldemort è tornato…

E la stessa sensazione di ingiustizia che l’aveva sopraffatto la notte del suo arrivo si destò di nuovo. Ho decisamente fatto di più, pensò Harry indignato. Ho fatto più di tutti e due!

Ma forse, disse la vocina con onestà, forse Silente non sceglie i prefetti perché si sono ficcati in un mucchio di situazioni pericolose… forse li sceglie per altre ragioni… Ron deve avere qualcosa che tu non hai…

Harry aprì gli occhi e sbirciò tra le dita le zampe artigliate dell’armadio, ricordando le parole di Fred: “Nessuno col cervello a posto sceglierebbe Ron come prefetto…”

Harry scoppiò a ridere. Un attimo dopo si sentì disgustato di se stesso.

Ron non aveva chiesto a Silente di dargli la spilla da prefetto. Non era colpa sua. Lui, Harry, il migliore amico di Ron, gli avrebbe tenuto il broncio perché lui non aveva una spilla, avrebbe riso con i gemelli alle sue spalle, gli avrebbe sciupato questa gioia quando per la prima volta aveva battuto Harry in qualcosa?

— Capitolo 9, Le pene della Signora Weasley

La ragazza vicino al finestrino alzò lo sguardo. Aveva capelli disordinati, lunghi fino alla vita, di un biondo sporco, sopracciglia molto pallide e occhi sporgenti che le conferivano un’espressione di perenne sorpresa. Harry capì all’istante perché Neville aveva deciso di passare oltre quello scompartimento. La ragazza dava la netta sensazione di essere completamente tocca. Forse era la bacchetta che si era infilata dietro l’orecchio sinistro, o la collana di tappi di Burrobirra che indossava, o la rivista che stava leggendo a rovescio. Il suo sguardo vagò su Neville e si fermò su Harry. Annuì.

— Capitolo 10, Luna Lovegood

«Che cosa stavi dicendo prima dello Smistamento?» chiese Hermione al fantasma. «Il Cappello dà consigli?»
«Oh, sì» rispose Nick, lieto di avere un motivo per distrarsi da Ron, che mangiava patate arrosto con un entusiasmo quasi indecente. «Sì, ho sentito dire che il Cappello l’ha già fatto, sempre quando ha avvertito periodi di enorme pericolo per la scuola. E naturalmente il suo consiglio è sempre lo stesso: restate uniti, siate forti dall’interno».

(…)

«E vuole che tutte le Case siano amiche?» chiese Harry, guardando il tavolo di Serpeverde, dove Draco Malfoy teneva banco. «Facile».

«Be’, ecco, non dovresti assumere questo atteggiamento» lo rimproverò Nick. «Cooperazione pacifica, questa è la chiave. Noi fantasmi, anche se apparteniamo a Case distinte, manteniamo legami di amicizia. Nonostante la competitività tra Grifondoro e Serpeverde, non mi sognerei mai di scatenare una disputa con il Barone Sanguinario».

— Capitolo 11, La nuova canzone del Cappello Parlante

«E a che cosa servirà la teoria nel mondo reale?» intervenne Harry ad alta voce, la mano di nuovo levata.

La professoressa Umbridge alzò lo sguardo. «Qui siamo a scuola, signor Potter, non nel mondo reale» disse piano.

«Allora non dobbiamo prepararci a ciò che ci aspetta là fuori?»

«Non c’è niente che ci aspetta là fuori, signor Potter».

«Oh, davvero?» ribatté Harry. La rabbia che gli borbottava dentro sommessa da tutto il giorno stava raggiungendo la temperatura di ebollizione.

«Chi immagina possa desiderare di aggredire ragazzini come voi?» indagò la professoressa Umbridge con voce tremendamente mielosa.

«Mmm, mi lasci pensare…» rispose Harry in tono falsamente meditabondo. «Forse… Lord Voldemort?»

(…)

La professoressa Umbridge si alzò e si sporse verso di loro, le mani dalle dita tozze allargate sul piano della cattedra.

«Vi è stato riferito che un certo Mago Oscuro è tornato dal mondo dei morti…»

«Non era morto» disse Harry con rabbia, «ed è tornato!»

«Signor-Potter-lei-ha-già-fatto-perdere-dieci-punti-alla-sua-Casa-non-peggiori-la-situazione» disse la professoressa Umbridge tutto d’un fiato, senza guardarlo. «Come stavo dicendo, vi è stato riferito che un certo Mago Oscuro è di nuovo in circolazione. Questa è una bugia».

«NON è una bugia!» esclamò Harry. «Io l’ho visto, io ho combattuto contro di lui!»

(…)

«Quindi secondo lei Cedric Diggory è morto così, da solo, vero?» chiese con voce tremante.

Trattennero tutti il respiro, perché nessuno di loro, tranne Ron e Hermione, aveva mai sentito Harry parlare di ciò che era successo la notte della morte di Cedric. Spostarono gli sguardi curiosi da Harry alla professoressa Umbridge, che aveva alzato gli occhi e lo guardava senza alcuna traccia del suo sorriso posticcio.

«La morte di Cedric Diggory è stata un tragico incidente» rispose in tono gelido.

«È stato un assassinio» disse Harry. Avvertiva il proprio tremito. Non aveva parlato quasi con nessuno della cosa, men che meno davanti a trenta compagni di classe avidi di sapere. «Voldemort l’ha ucciso, e lei lo sa».

— Capitolo 12, La Professoressa Umbridge

Qualche istante dopo, emerse Luna Lovegood, in coda al resto della classe, con una macchia di terra sul naso e i capelli legati in un nodo in cima alla testa.

Quando vide Harry, i suoi occhi sporgenti parvero gonfiarsi per l’agitazione e andò dritta verso di lui. Molti dei compagni di Harry si voltarono incuriositi a guardare. Luna trasse un profondo respiro e poi dichiarò, senza nemmeno un ciao preliminare: «Credo che Colui-Che-Non-Deve-Essere-Nominato è tornato e credo che tu hai combattuto contro di lui e gli sei sfuggito».

«Ehm… bene» disse Harry imbarazzato. Luna portava a mo’ di orecchini quelli che sembravano due rapanelli arancioni, cosa che Calì e Lavanda sembravano aver notato, perché ridacchiavano tutte e due indicando i suoi lobi.

«Potete anche ridere» Luna alzò la voce, evidentemente convinta che Calì e Lavanda ridessero per le sue parole invece che per i suoi accessori, «ma la gente una volta credeva che non esistessero cose come il Cannolo Balbuziente o il Ricciocorno Schiattoso!»

«Be’, avevano ragione, no?» disse Hermione in tono spiccio. «Il Cannolo Balbuziente o il Ricciocorno Schiattoso non esistono».

Luna le lanciò uno sguardo incendiario e se ne andò furibonda, con i rapanelli che dondolavano all’impazzata. Calì e Lavanda non erano le sole a ululare dal ridere, ora.

«Potresti evitare di offendere le sole persone che mi credono?» chiese Harry a Hermione quando entrarono in classe.

«Oh, per l’amor del cielo, Harry, puoi avere di meglio di lei» disse Hermione. «Ginny mi ha raccontato tutto: a quanto pare, crede solo alle cose di cui non esiste alcuna prova. Be’, non mi aspetto altro dalla figlia del direttore del Cavillo».

— Capitolo 13, Punizione con Dolores

«Allora, come sono le lezioni della Umbridge?» la interruppe Sirius. «Vi sta addestrando tutti a uccidere gli ibridi?»

«No» rispose Harry, ignorando lo sguardo offeso di Hermione per essere stata interrotta nella sua difesa di Kreacher. «Non ci permette di usare la magia!»

«Non facciamo altro che leggere quello stupido libro» disse Ron.

«Ah, be’, i conti tornano» commentò Sirius. «Le nostre informazioni dall’interno del Ministero dicono che Caramell non vi vuole addestrati a combattere».

«Addestrati a combattere!» ripeté Harry incredulo. «Che cosa crede che facciamo qui, che formiamo una specie di esercito di maghi?»

«È proprio quello di cui è convinto» rispose Sirius, «o meglio, è proprio quello che teme che faccia Silente: formare il suo esercito personale col quale riuscirà a impossessarsi del Ministero della Magia».

Ci fu una pausa, poi Ron disse: «È la cosa più stupida che abbia mai sentito, incluse tutte le scemenze che spara quella Luna Lovegood».

«Quindi ci viene impedito di imparare Difesa contro le Arti Oscure perché Caramell ha paura che useremo gli incantesimi contro il Ministero?» chiese Hermione, furibonda.

«Già» rispose Sirius. «Caramell è convinto che Silente non si fermerà davanti a nulla per prendere il potere. È sempre più ossessionato da Silente. È solo questione di tempo: lo farà arrestare con qualche accusa falsa».

— Capitolo 14, Percy e Felpato

«Mi stavo chiedendo, professoressa, se avesse ricevuto il mio biglietto con la data e l’ora dell’ispe…»

«Certo che sì, o le avrei chiesto che cosa ci fa nella mia classe» rispose la professoressa McGranitt, voltando con decisione le spalle alla Umbridge. Molti studenti si scambiarono sguardi di gioia. «Stavo dicendo: oggi ci eserciteremo sulla sparizione, nel complesso più difficile, del topo. Ora, l’Incantesimo Evanescente…»

«Hem, hem».

«Mi domando» disse la professoressa McGranitt con rabbia gelida, voltandosi verso la Umbridge, «come pretende di farsi un’idea dei miei abituali metodi di insegnamento se continua a interrompermi. Vede, di regola non permetto a nessuno di parlare mentre parlo io».

Per la professoressa Umbridge fu come ricevere uno schiaffo in piena faccia. Non disse nulla, ma lisciò la pergamena sulla tavoletta e cominciò a scrivere furiosamente.

— Capitolo 15, L’Inquisitore Supremo di Hogwarts

Quasi tutti restarono attoniti alla notizia; tutti tranne Luna Lovegood, che cinguettò: «Be’, questo ha un senso. Dopotutto, Cornelius Caramell ha il suo esercito privato».

«Cosa?» fece Harry, preso completamente alla sprovvista da quell’informazione.

«Sì, ha un esercito di Eliopodi» spiegò Luna in tono solenne.

«No che non ce l’ha» sbottò Hermione.

«Invece sì» disse Luna.

«Che cosa sono gli Eliopodi?» chiese Neville con sguardo vacuo.

«Sono spiriti di fuoco» cominciò Luna, sgranando gli occhi sporgenti che la fecero sembrare più pazza che mai, «grandi creature fiammeggianti che cavalcano bruciando tutto ciò che…»

«Non esistono, Neville» insisté Hermione, acida.

«Sì che esistono!» disse Luna con rabbia.

«Scusa, ma che prove ci sono?» domandò Hermione.

«Ci sono moltissime testimonianze oculari. Sei così ottusa che hai bisogno che le cose ti vengano ficcate sotto il naso…»

— Capitolo 16, Alla Testa di Porco

Lei, Harry e Ron rimasero a guardare George che vomitava a raffica nel secchio, mandava giù il resto della caramella e si rialzava raggiante, a braccia aperte, per ricevere il lungo applauso.

«Sai, non capisco come mai quei due abbiano preso solo tre G.U.F.O. a testa» disse Harry guardando Fred, George e Lee che raccoglievano soldi dalla folla avida. «Sanno davvero il fatto loro».

«Oh, conoscono solo incantesimi che fanno un sacco di scena e non sono veramente utili a nessuno» rispose Hermione sprezzante.

«Non sono utili?» obiettò Ron, piccato. «Hermione, hanno già tirato su ventisei galeoni».

— Capitolo 17, Decreto Didattico Numero Ventiquattro

«Esercitazioni Segrete?» suggerì Cho. «In breve ES, così nessuno capirà di che cosa stiamo parlando?»

«Sì, ES va bene» disse Ginny. «Però facciamo che significa Esercito di Silente, visto che è quello l’incubo peggiore del Ministero, no?»

— Capitolo 18, L’esercito di Silente

«Tu sai fare un Incanto Proteus?» le chiese Terry Steeval.

«Sì» rispose Hermione.

«Ma… è un livello da M.A.G.O.» osservò lui debolmente.

«Oh» disse Hermione, cercando di apparire modesta. «Be’, sì… Credo di sì»

«E come mai non sei a Corvonero?» chiese lui, guardandola con qualcosa di simile alla venerazione. «Con un cervello come il tuo?»

«Be’, il Cappello Parlante ha preso seriamente in considerazione l’idea di mandarmi a Corvonero» disse Hermione allegramente, «ma alla fine ha deciso per Grifondoro. Questo significa che useremo i galeoni?»

Ci fu un mormorio di assenso e tutti si fecero avanti per prenderne uno dal cestino. Harry lanciò a Hermione un’occhiata di traverso.

«Sai che cosa mi ricorda?»

«No, che cosa?»

«Le cicatrici dei Mangiamorte. Voldemort ne tocca una, e tutte le cicatrici bruciano, così gli altri sanno che devono andare da lui».

«Ecco… sì» ammise piano Hermione, «l’idea l’ho presa da lì… ma noterai che ho deciso di incidere la data su pezzi di metallo invece che sulla pelle dei nostri associati».

«Già… preferisco il tuo stile» rispose Harry con un sorriso, facendosi scivolare il galeone in tasca. «Immagino che l’unico rischio sia che questo puoi spenderlo per sbaglio».

«Non c’è pericolo» disse Ron, che stava esaminando la sua moneta falsa con aria un po’ lugubre, «io non ho galeoni veri con cui confonderlo».

— Capitolo 19, Il serpente e il leone

«Oh, non ti preoccupare, ho un mucchio di lezioni in cantiere» disse entusiasta Hagrid, recuperando dal tavolo la bistecca di drago e schiaffandosela di nuovo sull’occhio. «Ho tenuto da parte un paio di creature apposta per l’anno del G.U.F.O.; aspetta e vedrai, sono una chicca».

«Ehm… chicca in che senso?» domandò Hermione, esitante.

«Non ve lo dico» rispose allegro Hagrid, «mica voglio rovinare la sorpresa».

«Senti, Hagrid». Agitata, Hermione rinunciò alla diplomazia. «La professoressa Umbridge non sarà per niente contenta se porti a lezione qualcosa di pericoloso».

«Pericoloso?» Hagrid sorrise perplesso. «Che sciocca, non è che vi porterei niente di pericoloso! Cioè, insomma, si sanno difendere…»

— Capitolo 20, Il racconto di Hagrid

«Vischio» sussurrò Cho, indicando il soffitto sopra la sua testa.

«Sì» disse Harry. Aveva la bocca arida. «Però dev’essere pieno di Nargilli».

«Che cosa sono i Nargilli?»

«Non ne ho idea» ammise Harry. Lei si era fatta più vicina. Gli sembrava di avere la mente Schiantata. «Devi chiedere a Lunatica. A Luna, voglio dire».

Cho emise un buffo suono, a metà tra un singhiozzo e una risata. Era ancora più vicina. Avrebbe potuto contarle le lentiggini sul naso.

«Mi piaci un sacco, Harry».

Non riuscì più a pensare. Un formicolio si era impadronito di lui, paralizzandogli braccia, gambe e cervello.
Era troppo vicina. Vedeva ogni lacrima appesa alle sue ciglia…

— Capitolo 21, L’occhio del serpente

«Ma non è tutto» proseguì Harry, la voce appena più forte di un bisbiglio. «Sirius, io… io sto impazzendo, credo. Nell’ufficio di Silente, prima di prendere la Passaporta… per un paio di secondi ho pensato di essere un serpente, mi sentivo un serpente… la cicatrice mi faceva male quando guardavo Silente… Sirius, io volevo aggredirlo!»

Riusciva a vedere solo una parte del viso del padrino; il resto era immerso nell’oscurità.

«Dev’essere stata una conseguenza della visione» tentò Sirius. «Stavi ancora pensando al sogno, o quello che era, e…»

«No» disse Harry scuotendo la testa, «era come se qualcosa montasse dentro di me, come se ci fosse un serpente dentro di me».

— Capitolo 22, L’ospedale San Mungo per Malattie e Ferite Magiche 

La madre di Neville veniva verso di loro furtiva. Non aveva più il viso tondo e allegro che Harry aveva visto nella vecchia foto del primo Ordine della Fenice che gli aveva mostrato Moody. Era magra e sciupata, gli occhi sembravano enormi e i capelli, che erano diventati bianchi, ricadevano in ciocche stoppose. Non sembrava che volesse parlare, o forse non poteva, ma fece dei timidi gesti verso Neville, porgendogli qualcosa nella mano tesa.

«Ancora?» disse la signora Paciock, in tono un po’ stanco. «Molto bene, Alice cara, molto bene… Prendilo, Neville, qualunque cosa sia».

Ma Neville aveva già teso la mano, in cui sua madre mise un incarto vuoto di gomma Bolle Bollenti.
«Molto gentile, tesoro» disse la nonna di Neville con finta allegria, battendo appena sulla spalla della nuora.

Ma Neville mormorò: «Grazie, mamma».

Sua madre si allontanò lungo la corsia, canticchiando tra sé. Neville guardò gli altri con espressione spavalda, come sfidandoli a ridere. Harry non credeva di aver mai avuto meno voglia di ridere in tutta la sua vita.

«Be’, sarà meglio andare» sospirò la signora Paciock, infilandosi i lunghi guanti verdi. «Sono davvero lieta di avervi conosciuti. Neville, butta quella carta nel cestino, con tutte quelle che ti ha dato potresti tappezzarci la stanza».

Ma, mentre si allontanavano, Harry fu sicuro di aver visto Neville infilarsi la carta della gomma in tasca.

— Capitolo 23, Natale nel reparto riservato 

«Voglio che tu prenda questo» bisbigliò, e infilò tra le mani di Harry un pacchetto incartato alla meglio, della misura di un libro tascabile.

«Che cos’è?» chiese Harry.

«Un modo per farmi sapere se Piton ti rende la vita difficile. No, non aprirlo qui!» disse Sirius guardando circospetto la signora Weasley, che stava cercando di convincere i gemelli a indossare manopole di maglia. «Dubito che Molly approverebbe… ma voglio che lo usi se hai bisogno di me, intesi?»

— Capitolo 24, Occlumanzia 

Rita non disse nulla per un po’, ma fissò Hermione con la testa appena inclinata.

«Va bene, ipotizziamo per un attimo che io accetti» disse d’un tratto. «Quanto ci guadagno?»

«Non credo che papà paghi proprio le persone perché scrivano sulla rivista» rispose Luna sognante. «Lo fanno perché è un onore, e naturalmente per vedere il loro nome pubblicato».

Rita Skeeter fece di nuovo la faccia di una che ha della Puzzalinfa in bocca e si rivolse a Hermione.

«Devo farlo gratis?»

«Be’, sì» rispose tranquilla Hermione, bevendo un sorso della sua bibita. «Altrimenti, come ben sa, informerò le autorità che lei è un Animagus non registrato. Naturalmente Il Profeta la pagherebbe profumatamente per un resoconto diretto della vita ad Azkaban».

Rita non avrebbe chiesto di meglio che prendere l’ombrellino di carta che spuntava dal bicchiere di Hermione e ficcarglielo su per il naso.

«Immagino di non avere scelta, no?» chiese, la voce che tremava appena. Aprì di nuovo la borsetta di coccodrillo, ne trasse un pezzo di pergamena e sollevò la Penna Prendiappunti.

«Papà ne sarà contento» disse Luna allegra. Un muscolo della mascella di Rita si contrasse.

«Allora, Harry?» chiese Hermione. «Pronto a dire la verità alla gente?»

«Direi di sì» rispose Harry, guardando Rita che faceva dondolare la Penna Prendiappunti sulla pergamena.

— Capitolo 25, Lo scarabeo in trappola

La professoressa Cooman era al centro della Sala d’Ingresso, con la bacchetta in una mano e una bottiglia di sherry vuota nell’altra, e l’aria completamente folle. I capelli le stavano diritti sulla testa, gli occhiali erano storti così che un occhio risultava più dilatato dell’altro; i suoi numerosi scialli le pendevano disordinati dalle spalle, dando l’impressione che si stesse disfacendo. Due grossi bauli giacevano sul pavimento accanto a lei, uno rovesciato, come se fossero stati gettati dalle scale. Lei fissava con evidente terrore qualcosa che Harry non poteva vedere ma che a quanto pareva era ai piedi della scala.

— Capitolo 26, Visto e imprevisto

Marietta quasi non fece in tempo ad abbassare le mani e alzare la testa che Caramell indietreggiò sgomento, evitando per un pelo di finire nel fuoco, e prese a calpestare imprecando l’orlo bruciacchiato del mantello. Con un gemito, Marietta si tirò il colletto della veste fin sopra gli occhi, ma tutti fecero in tempo a vederle la faccia orribilmente sfigurata da una serie di fitte pustole purpuree che le si allargavano sul naso e sulle guance formando la parola spia.

— Capitolo 27, Il centauro e la spia 

«LASCIATELO STARE!» urlò Lily, ed estrasse a sua volta la bacchetta. James e Sirius la fissarono preoccupati.

«Dài, Evans, non costringermi a farti un incantesimo» disse ansioso James.

«Allora liberalo!»

James sospirò, poi si voltò verso Piton e mormorò un controincantesimo.

«Ecco fatto» disse, mentre Piton si rialzava a fatica. «Ti è andata bene che ci fosse Evans, Mocciosus…»

«Non mi serve l’aiuto di una piccola schifosa Mezzosangue!»

Lily trasalì.

«Molto bene» replicò freddamente. «Vuol dire che in futuro non mi prenderò la briga di aiutarti. E se fossi in te mi laverei le mutande, Mocciosus».

«Chiedi scusa a Evans!» ruggì James, puntando la bacchetta contro Piton.

«Non voglio che mi chieda scusa perché l’hai costretto tu!» urlò Lily. «Siete uguali, voi due».

«Che cosa?» protestò James. «Io non ti avrei MAI chiamato una… tu-sai-come!»

«Sempre a spettinarti i capelli perché ti sembra affascinante avere l’aria di uno che è appena sceso dalla scopa, sempre a esibirti con quello stupido Boccino e a camminare tronfio nei corridoi e lanciare incantesimi su chiunque ti infastidisca solo perché sei capace… sei così pieno di te che non so come fa la tua scopa a staccarsi da terra! Mi dai la NAUSEA».

Lily si voltò e corse via.

— Capitolo 28, Il peggior ricordo di Piton

«Continuava a spettinarsi i capelli» disse Harry, addolorato.

Sirius e Lupin scoppiarono a ridere.

«Me n’ero scordato, di quella sua abitudine» disse Sirius in tono affettuoso.

«Giocava col Boccino?» chiese Lupin.

«Sì» rispose Harry, fissando perplesso Sirius e Lupin che sorridevano. «Be’… a me è sembrato piuttosto idiota».

— Capitolo 29, Orientamento professionale

Fred e George avevano fatto in modo che nessuno potesse dimenticarli troppo presto. Per cominciare, non avevano lasciato istruzioni su come disfarsi della palude che al momento riempiva il corridoio al quinto piano dell’ala est. La Umbridge e Gazza furono visti tentare in tutti i modi, ma senza successo. Alla fine la zona fu recintata e Gazza, digrignando furiosamente i denti, doveva traghettare gli studenti verso le aule. Harry era sicuro che insegnanti come la McGranitt o Vitious sarebbero stati capaci di eliminarla in un baleno ma, come nel caso dei Fuochi Forsennati, sembrava che preferissero stare a guardare le inutili fatiche della Umbridge.

— Capitolo 30, Grop

Si protese verso di lui.

«Ho saputo dal mio caro amico Tiberius Ogden che sei in grado di evocare un Patronus… Non è in programma, ma…?»

Harry levò la bacchetta, guardò la Umbridge dritto negli occhi e immaginò che venisse licenziata da Hogwarts.
«Expecto Patronum!»

Il suo cervo argenteo scaturì dalla punta della bacchetta e attraversò la Sala al galoppo. Tutti gli esaminatori si voltarono a seguirlo con lo sguardo, e quando si dissolse in una foschia luminosa, il professor Tofty batté entusiasta le mani nodose.

«Eccellente!» disse. «Benissimo, Potter, puoi andare!»

Mentre usciva, Harry passò accanto alla Umbridge e i loro sguardi s’incrociarono. Vide un sorriso maligno deformarle la larga bocca viscida, ma la cosa non lo turbò. A meno di non sbagliarsi di grosso (e per scaramanzia decise di non parlarne con nessuno), si era appena guadagnato un “Eccezionale”.

— Capitolo 31, I G.U.F.O.

Si era appena reso conto di una cosa, e non riusciva a credere di essere stato così sciocco da non pensarci. Aveva creduto che tutti i membri dell’Ordine della Fenice, tutti coloro che potevano aiutarlo a salvare Sirius, se ne fossero andati… ma si era sbagliato. A Hogwarts ce n’era ancora uno: Piton.

— Capitolo 32, Fuori dal camino

«Un paio di Schiantesimi, un Incantesimo di Disarmo, e Neville ne ha tirato fuori uno di Ostacolo niente male» rispose Ron disinvolto, e rese la bacchetta anche a Hermione. «Ma Ginny è stata il massimo: ha sistemato Malfoy con una Fattura Orcovolante assolutamente superba… aveva la faccia coperta di mostruosi esseri svolazzanti. Comunque, vi abbiamo visto entrare nella foresta e vi abbiamo seguito. Che fine ha fatto la Umbridge?»

— Capitolo 33, Lotta e fuga

Cedendo a un impulso avventato, chiuse le dita sulla superficie polverosa della sfera. Immaginava che fosse fredda: invece no. Anzi, sembrava che fosse rimasta al sole per ore, come se la tenue luce interna la riscaldasse. Aspettandosi, quasi sperando che succedesse qualcosa di drammatico, qualcosa di eccitante che dopotutto giustificasse il loro lungo, pericoloso viaggio, tolse la sfera di vetro dallo scaffale e la fissò.

Non accadde niente di niente. Gli altri gli si strinsero attorno, fissando la sfera mentre lui la strofinava per liberarla dalla polvere.

Poi, proprio alle loro spalle, risuonò una voce strascicata.

«Molto bene, Potter. Adesso voltati lentamente, da bravo, e dammela».

— Capitolo 34, L’Ufficio Misteri

Soltanto due continuavano a combattere, a quel che pareva ignari del nuovo arrivo. Harry vide Sirius schivare il fiotto di luce rossa di Bellatrix e deriderla.

«Avanti, puoi fare di meglio!» le gridò, la voce echeggiante nella vastissima sala.

Il secondo getto luminoso lo colpì in pieno petto.

La risata non gli si era ancora spenta sul viso, ma il colpo gli fece sgranare gli occhi.

Senza rendersene conto, Harry lasciò andare Neville. Scese di nuovo a balzi i gradini ed estrasse la bacchetta, mentre anche Silente si voltava verso la piattaforma.

Sirius parve impiegare un’eternità a toccare terra: il suo corpo si piegò con grazia e cadde all’indietro oltre il velo logoro appeso all’arco.

Harry colse un misto di paura e stupore sul suo volto sciupato, un tempo così attraente, mentre varcava l’antica soglia e spariva dietro il velo, che per un momento ondeggiò come scosso da un forte vento, poi ricadde immobile.

— Capitolo 35, Oltre il velo

Alto, emaciato, avvolto in un manto nero col cappuccio, l’orrida faccia da rettile bianca e scarna, gli occhi scarlatti dalle pupille verticali fissi su di lui… Lord Voldemort era apparso nell’ingresso, la bacchetta puntata contro Harry, che rimase paralizzato.

«E così hai rotto la mia profezia?» chiese a voce bassa, scrutandolo con gli spietati occhi rossi. «No, Bella, non dice il falso… vedo la verità nella sua mente indegna… mesi di preparativi, mesi di sforzi… e ancora una volta i miei Mangiamorte hanno permesso a Harry Potter di tagliarmi la strada…»

(…)

«Non ho altro da dirti, Potter» disse piano. «Mi hai infastidito anche troppo, e per troppo tempo. AVADA KEDAVRA!»

Harry non tentò nemmeno di difendersi: aveva la mente vuota, la bacchetta inerte rivolta contro il pavimento.
Ma d’un tratto la statua d’oro decapitata del mago prese vita e balzò giù dal piedistallo per atterrare fra Harry e Voldemort. La maledizione rimbalzò sul suo petto, respinta, mentre la statua spalancava le braccia per proteggere Harry.

«Che cosa…?» urlò Voldemort, guardandosi attorno. E poi sussurrò: «Silente!»

Harry si voltò, il cuore in gola. Silente era comparso davanti ai cancelli dorati.

Voldemort levò la bacchetta e un altro getto di luce verde sfrecciò contro Silente, che si voltò e svanì con un guizzo del mantello. Un attimo dopo riapparve dietro Voldemort e agitò la bacchetta verso i resti della fontana. Le altre statue presero vita. Quella della strega corse verso Bellatrix — che urlando le lanciò invano un incantesimo dopo l’altro — e le saltò addosso, bloccandola sul pavimento. Il goblin e l’elfo domestico zampettarono vicino ai camini lungo la parete, e il centauro con un braccio solo galoppò verso Voldemort, che svanì per ricomparire accanto alla vasca. La statua senza testa spinse indietro Harry, lontano dalla battaglia, mentre Silente si avvicinava a Voldemort e il centauro dorato galoppava loro intorno.

— Capitolo 36, L’unico che abbia mai temuto 

Silente si alzò e passò oltre Harry, diretto all’armadietto nero vicino al trespolo di Fanny. Si chinò, fece scorrere un chiavistello ed estrasse il basso bacile di pietra dal bordo ricoperto di rune nel quale Harry aveva visto suo padre tormentare Piton. Tornò alla scrivania, vi posò il Pensatoio e si avvicinò la bacchetta alla tempia per estrarne fili di pensiero argentei e sottili come ragnatele e deporli nel bacile. Si sedette di nuovo e per un momento guardò i propri pensieri turbinare e fluttuare dentro il Pensatoio. Infine, con un sospiro, alzò la bacchetta e la infilò nella sostanza argentea.

Una figura drappeggiata in scialli colorati, gli occhi enormi dietro le lenti, si erse dal bacile ruotando lentamente, i piedi immersi nel vortice argenteo. Ma quando Sibilla Cooman parlò, non lo fece con l’abituale tono etereo e mistico; aveva una voce aspra, rauca, che Harry aveva già sentito una volta: «Ecco giungere il solo col potere di sconfiggere l’Oscuro Signore… nato da chi lo ha tre volte sfidato, nato sull’estinguersi del settimo mese… l’Oscuro Signore lo designerà come suo eguale, ma egli avrà un potere a lui sconosciuto… e l’uno dovrà morire per mano dell’altro, perché nessuno dei due può vivere se l’altro sopravvive… il solo col potere di sconfiggere l’Oscuro Signore nascerà all’estinguersi del settimo mese…»

(...)

«Significa» rispose Silente, «che la sola persona in grado di sconfiggere una volta per tutte Lord Voldemort è nata quasi sedici anni fa, alla fine di luglio, da genitori che avevano già sfidato tre volte Voldemort».

Harry aveva l’impressione che qualcosa si stesse chiudendo su di lui. Aveva di nuovo il fiato corto.

«Cioè… io?»

Silente sospirò.

«Il fatto strano, Harry» sussurrò Silente, «è che potevi non essere tu. La profezia di Sibilla poteva applicarsi a due giovani maghi: entrambi erano nati quell’anno alla fine di luglio, e i genitori di entrambi facevano parte dell’Ordine della Fenice ed erano sfuggiti a Voldemort per tre volte. Uno, naturalmente, eri tu. L’altro era Neville Paciock».

— Capitolo 37, La profezia perduta

Malfoy si guardò attorno — chiaramente per controllare che non ci fossero insegnanti in giro — poi tornò a fissare Harry e gli disse a voce bassa: «Sei morto, Potter».

Harry inarcò le sopracciglia.

«Buffo» commentò. «Credevo che da morto avrei smesso di camminare…»

Malfoy era più furioso che mai, e Harry provò una sorta di soddisfazione distaccata vedendo una smorfia rabbiosa contorcergli la pallida faccia aguzza.

«La pagherai» disse Malfoy, con voce poco più forte di un sussurro. «Te la farò pagare per quello che hai fatto a mio padre…»

«Tremo di paura» replicò Harry sarcastico. «Immagino che Lord Voldemort sia una bazzecola in confronto a voi tre… che cosa c’è?» aggiunse, perché sentire quel nome sembrava averli turbati. «Non sono grandi amici, lui e tuo padre? Non mi dirai che ti fa paura, eh?»

«Ti credi in gamba, Potter» ringhiò Malfoy, facendosi avanti insieme a Tiger e Goyle. «Ma aspetta. Ti sistemerò io. Non puoi mandare mio padre in prigione…»

«Mi pareva di averlo appena fatto».

«I Dissennatori hanno abbandonato Azkaban. Mio padre e gli altri saranno fuori in un baleno…»

«Sì, immagino di sì» sospirò Harry. «Ma ormai tutti sanno che razza di canaglie sono…»

— Capitolo 38, La seconda guerra comincia

Fonte: Potterpedia

Per non perderti nessuno dei prossimi articoli, visita il nostro canale Telegram.

LEGGI ANCHE

Harry Potter e la pietra filosofale: le citazioni più belle del libro

Harry Potter e la camera dei segreti, le citazioni più belle del libro

Harry Potter e il prigioniero di Azkaban, le citazioni più belle del libro

Harry Potter e il calice di fuoco, le citazioni più belle del libro

Harry Potter e il disturbo mentale ne L’ordine della fenice

Ti è piaciuto questo post?

Clicca per votare!

Media dei voti 5 / 5. Voti totali: 2

Ancora nessun voto. Vota per primo!

Seguici sui social!

Pubblicato da Giulia Greco

Geek. Il caffè è la mia droga, serie TV, film, libri, anime, manga la mia passione. Classe '89, sono cresciuta andando a caccia di vampiri con la Scooby Gang e passeggiando tra le vie di Stars Hollow con le testa tra le nuvole, un po' come Luna Lovegood.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *