Harry Potter e il calice di fuoco, le citazioni più belle del libro33 min di lettura —

Harry Potter e il calice di fuoco, le citazioni più belle del libro — 33 min di lettura —

Harry Potter e il calice di fuoco è il quarto libro della storia del maghetto. Il tomo, uno dei più corposi della saga, segna il definitivo passaggio dalle atmosfere più fanciullesche dei primi tre volumi, a quelle più cupe dei successivi.

Ne Il calice di fuoco, Voldemort fa infatti il suo trionfale ritorno in carne e ossa mentre Harry, inerme, assiste alla morte dell’amico Cedric Diggory.

Dopo aver ricordato le citazioni più belle dei primi tre capitoli, ecco allora le nostre preferite di Harry Potter e il calice di fuoco.

Harry Potter e il calice di fuoco: le citazioni più belle

Lentamente, storcendo la faccia, come uno che avrebbe preferito fare qualunque cosa piuttosto che avvicinarsi al suo padrone e al tappeto dove si trovava il serpente, l’ometto avanzò e prese a voltare la poltrona. Il serpente sollevò la brutta testa triangolare e sibilò lievemente mentre le gambe della poltrona s’impigliavano nel tappeto. Ed ecco che la poltrona fu di fronte a lui, e Frank vide che cosa vi era seduto. Il bastone da passeggio cadde a terra con un tonfo. Frank apri la bocca e urlò. Urlò cosi forte che non udi mai le parole che la cosa nella poltrona pronunciò levando una bacchetta. Ci fu un lampo di luce verde, un rumore improvviso, e Frank Bryce si afflosciò. Era morto prima ancora di toccare il pavimento. A trecento chilometri di distanza, il ragazzo chiamato Harry Potter si svegliò di soprassalto.

— Capitolo 1, Casa Riddle

Harry si strofinò la fronte con le nocche. Quello che desiderava veramente (e quasi si vergognava ad ammetterlo) era qualcuno come… qualcuno come un genitore: un mago adulto a cui poter chiedere consiglio senza sentirsi uno stupido, qualcuno a cui importasse di lui, che avesse esperienza in fatto di Magia Oscura…

E poi arrivò la soluzione. Era così semplice, e così ovvio, che non riusciva a credere di averci messo così tanto… Sirius.

— Capitolo 2, La cicatrice

“[…] P.S. Spero di aver messo abbastanza francobolli”.

Zio Vernon finì di leggere, s’infilò la mano nella tasca interna della giacca ed estrasse qualcos’altro.

«Guarda qua» ringhiò.

Prese la busta che aveva contenuto la lettera della signora Weasley, e Harry trattenne a stento una risata. Era tutta coperta di francobolli, tranne un quadratino sul davanti, nel quale la signora Weasley aveva incastrato l’indirizzo dei Dursley con una scrittura molto piccola.

«Quindi ci ha messo abbastanza francobolli» disse Harry, come a dire che quello della signora Weasley era un errore che chiunque poteva fare. Zio Vernon lo fulminò con gli occhi.

— Capitolo 3, L’invito

Harry si voltò. Dudley non era più nascosto dietro i genitori. Era in ginocchio accanto al tavolino, e tossiva e sputacchiava per via di una cosa viscida, violetta, lunga una trentina di centimetri che gli spuntava dalla bocca. Uno stupefatto istante più tardi, Harry capì che la cosa lunga trenta centimetri era la lingua di Dudley, e che una carta colorata di caramella mou era li per terra accanto a lui.

— Capitolo 4, Ritorno alla Tana

«L’ha mangiata?» gli chiese Fred eccitato, tendendo una mano per aiutare Harry a rialzarsi.

«Sì» rispose Harry alzandosi. «Ma che cos’era?»

«Una Mou Mollelingua» disse Fred allegramente. «Le abbiamo inventate io e George, è tutta l’estate che cercavamo qualcuno su cui provarle…»

[…]

Prima che uno di loro potesse dire qualcosa, si udì un debole schiocco, e il signor Weasley comparve dal nulla al fianco di George. Harry non lo aveva mai visto così arrabbiato.

«Non è stato divertente, Fred!» gridò. «Che cosa accidenti hai dato a quel ragazzo Babbano?»

«Non gli ho dato niente» rispose Fred, con un altro ghigno perfido. «L’ho solo fatta cadere… è stata colpa sua se l’ha presa e l’ha mangiata, io non gli ho mai detto di farlo».

«L’hai fatta cadere apposta!» ruggì il signor Weasley. «Sapevi che l’avrebbe mangiata, sapevi che stava facendo la dieta…»

«Quanto gli è diventata grossa la lingua?» chiese George curioso.

«Ha superato il metro prima che i suoi genitori mi permettessero di rimpicciolirla!»

Harry e i Weasley scoppiarono di nuovo in una fragorosa risata.

— Capitolo 5, I Tiri Vispi di Fred e George

Con difficoltà, a causa degli zaini gonfi, tutti e nove si strinsero attorno al vecchio stivale che Amos Diggory teneva in mano.

Stavano tutti li in cerchio, mentre una brezza fredda accarezzava la cima della collina. Nessuno parlò. All’improvviso a Harry venne in mente come sarebbe parsa strana la scena se un Babbano fosse salito lassù in quel momento… nove persone, due adulti, aggrappati a quel vecchio, logoro stivale nella semioscurità, in attesa…

«Tre…» mormorò il signor Weasley guardando ancora l’orologio, «due… uno…»

Successe in un attimo. Per Harry fu come se una forza irresistibile lo avesse arpionato all’ombelico, strattonandolo in avanti. I suoi piedi si staccarono da terra, avvertì Ron e Hermione ai suoi fianchi, spalla contro spalla, e tutti sfrecciarono in un ululato di vento e di colore vorticante; il suo indice era incollato allo stivale come trascinato da una calamita, e poi…

I suoi piedi toccarono bruscamente il suolo: Ron gli barcollò addosso e lui cadde; la Passaporta piombò a terra con un tonfo sordo vicino alla sua testa.

— Capitolo 6, La passaporta

Un mago si era appena Materializzato accanto al loro falò, e non avrebbe potuto fare un contrasto maggiore con Ludo Bagman, sdraiato nell’erba con i suoi vecchi vestiti da Vespa. Barty Crouch era un uomo anziano, rigido e impettito, impeccabilmente vestito in completo e cravatta. La scriminatura nei suoi corti capelli grigi era diritta in maniera quasi innaturale e i baffetti a spazzolino avevano l’aria di essere stati spuntati con l’aiuto della riga millimetrata. Le sue scarpe erano lucidate con estrema accuratezza. Harry capì subito perché Percy lo idolatrava: lui era un convinto assertore delle regole e della necessità di seguirle a puntino, e il signor Crouch aveva osservato la regola sull’abbigliamento babbano così coscienziosamente che avrebbe potuto passare per un direttore di banca; Harry dubitava che perfino zio Vernon sarebbe riuscito a riconoscerlo per quello che era.

— Capitolo 7, Bagman e Crouch

«Che cosa sono i Vee…?»

La risposta venne quando un centinaio di Veela si riversarono su! campo. Le Veela erano donne… le donne più belle che Harry avesse mai visto… solo che non erano — non potevano essere — umane. Harry rimase interdetto per un attimo, mentre cercava di indovinare che cosa potessero essere; che cosa potesse far brillare in quel modo la loro pelle di un candore lunare, o far ondeggiare i loro capelli d’oro pallido senza che ci fosse il vento… ma poi cominciò la musica, e Harry smise di preoccuparsi del fatto che non erano umane: in effetti, smise di preoccuparsi di qualunque cosa.

Le Veela avevano cominciato a ballare, e la testa di Harry si era completamente, beatamente svuotata. Tutto ciò che importava al mondo era continuare a guardare le Veela, perché se avessero smesso di ballare, sarebbero successe cose terribili…

E mentre le Veela danzavano sempre più in fretta, brandelli di pensieri selvaggi presero a rincorrersi nella mente confusa di Harry. Voleva compiere qualcosa di molto impressionante, e proprio in quel momento. Buttarsi giù dalla tribuna nello stadio sembrava una buona idea… ma era abbastanza buona?

— Capitolo 8, La Coppa del Mondo di Quiddich

Draco Malfoy era lì accanto a loro, solo, appoggiato a un albero, decisamente rilassato. Le braccia incrociate, in apparenza aveva seguito la scena del campeggio attraverso gli alberi.

Ron disse a Malfoy di fare una cosa che, Harry lo sapeva, non avrebbe mai osato pronunciare davanti al signor Weasley.

«Modera il linguaggio, Weasley» disse Malfoy, i pallidi occhi scintillanti. «Non è meglio che vi muoviate, adesso? Non vorrete che riconoscano anche lei, vero?»

Indicò Hermione con un cenno, e nello stesso istante un’esplosione come di una bomba echeggiò dal campeggio, e un lampo di luce verde illuminò per un attimo gli alberi attorno a loro.

«Che cosa vorresti dire?» esclamò Hermione in tono di sfida.

«Granger, stanno cercando i Babbani» disse Malfoy. «Vuoi far vedere le mutande a tutti? Perché se è questo che vuoi, aspetta solo un attimo… vengono di qua, e almeno ci faremo una bella risata».

«Hermione è una strega» sibilò Harry.

«Vedila un po’ come ti pare, Potter» disse Malfoy con un sorriso perfido. «Se credi che non possano riconoscere una Mezzosangue, restate pure dove siete».

«Bada a come parli!» gridò Ron. Tutti sapevano che “Mezzosangue” era un termine molto offensivo che indicava una strega o un mago di origini babbane.

«Lascia stare, Ron» disse in fretta Hermione, trattenendolo per un braccio mentre faceva un passo verso Malfoy.

[…]

«Oh, insomma» intervenne Hermione, scoccando uno sguardo di disgusto a Malfoy, «andiamo a cercare gli altri».

«Tieni giù quel tuo testone, Granger» sogghignò Malfoy.

 

E poi, di colpo, una voce ruppe il silenzio. Una voce diversa da tutte quelle che avevano udito nel bosco, che non gridò di terrore, ma pronunciò una specie di incantesimo…

«MORSMORDRE!»

E qualcosa di enorme, verde e lucente sbucò dalla pozza di oscurità che gli occhi di Harry avevano tentato di penetrare: volò oltre le cime degli alberi, su in cielo.

«Cosa dia…» sussultò Ron balzando di nuovo in piedi e fissando la cosa.

Per un attimo, Harry pensò che fosse un’altra formazione di Lepricani. Poi vide: era un teschio colossale, fatto come di stelle di smeraldo, e con un serpente che gli usciva dalla bocca come una lingua. Si levò sempre più in alto, sotto i loro occhi, stagliandosi vivido in una cortina di fumo verdastro, stampato contro il cielo nero come una nuova costellazione.

— Capitolo 9, Il Marchio Nero

«Crouch è molto fortunato che Rita non abbia scoperto la faccenda di Winky» disse il signor Weasley irritato. «La sua elfa domestica sorpresa con la bacchetta con cui è stato evocato il Marchio Nero sarebbe roba da prima pagina per una settimana».

«Credevo che fossimo tutti d’accordo che quell’elfa, per quanto irresponsabile, non ha evocato il Marchio, o no?» si scaldò Percy.

«Se vuoi saperlo, il signor Crouch è molto fortunato che nessuno alla Gazzetta del Profeta sappia com’è cattivo con gli elfi!» disse Hermione arrabbiata.

«Ma insomma, Hermione!» ribatté Percy. «Un funzionario d’alto rango del Ministero come il signor Crouch merita un’obbedienza cieca da parte dei suoi servitori…»

«Della sua schiava, vorrai dire!» esclamò Hermione mentre la sua voce saliva di tono. «Perché non l’ha pagata, Winky, vero?»

— Capitolo 10, Caos al Ministero

«Può darsi che ci vedremo più presto di quel che pensate» disse Charlie con un gran sorriso mentre abbracciava Ginny.

«Perché?» chiese Fred molto incuriosito.

«Lo vedrete» disse Charlie. «Ma non dite a Percy che ve ne ho parlato… sono “informazioni riservate, almeno fino al momento in cui il Ministero non riterrà opportuno renderle note, dopotutto”» disse nel tono pomposo di Percy.

«Sì, vorrei tanto tornare a Hogwarts quest’anno» disse Bill, le mani in tasca, guardando il treno con aria quasi malinconica.

«Perché?» chiese George impaziente.

«Sarà un anno interessante per voi» disse Bill, con gli occhi che brillavano. «Potrei perfino prendermi una vacanza per venire a dare un’occhiata…»

«Un’occhiata a cosa?» chiese Ron.

Ma in quel momento il treno fischiò, e la signora Weasley li sospinse verso le porte.

— Capitolo 11, Sull’Espresso di Hogwarts

Silente si schiarì di nuovo la voce.

«Come stavo dicendo» disse, sorridendo alla marea di studenti davanti a lui, tutti con gli occhi ancora puntati su Malocchio Moody, «nei prossimi mesi avremo l’onore di ospitare un evento assai emozionante, un evento che non ha luogo da più di un secolo. È con grandissimo piacere che vi informo che il Torneo Tremaghi quest’anno si terrà a Hogwarts».

«Sta SCHERZANDO!» disse Fred Weasley ad alta voce.

La tensione che aveva riempito la Sala dall’arrivo di Moody si ruppe all’improvviso. Quasi tutti scoppiarono a ridere, e Silente ridacchiò in tono soddisfatto.

«Non sto scherzando, signor Weasley» disse, «anche se, ora che me l’ha ricordato, quest’estate me ne hanno raccontata una niente male su un troll, una megera e un Lepricano che vanno insieme al bar…»

La professoressa McGranitt tossicchiò sonoramente.

«Ehm… ma forse non è questo il momento… no…» disse Silente. «Dov’ero rimasto? Ah, sì, il Torneo Tremaghi… be’, alcuni di voi forse non sanno di che si tratta, quindi spero che quelli di voi che lo sanno mi perdoneranno questa breve spiegazione, e sono liberi di pensare a quello che vogliono.

«Il Torneo Tremaghi fu indetto per la prima volta settecento anni fa, come competizione amichevole tra le tre maggiori scuole europee di magia: Hogwarts, Beauxbatons e Durmstrang. Venne scelto un campione per rappresentare ciascuna scuola, e i tre campioni gareggiarono in tre imprese magiche. Le scuole si alternavano nell’ospitare il Torneo ogni cinque anni, e tutti convennero che fosse un modo eccellente per stabilire legami tra giovani streghe e maghi di diverse nazionalità… almeno fino a quando il tributo di morti non divenne così elevato che fu deciso di sospendere il Torneo».

— Capitolo 12, Il torneo Tremaghi

Harry si voltò di scatto. Il professor Moody scendeva zoppicando la scalinata di marmo. Aveva estratto la bacchetta e la puntava su un furetto di un bianco immacolato, che tremava sul pavimento di pietra, esattamente nel punto in cui prima c’era Malfoy.

— Capitolo 13, Malocchio Moody

«Ce n’è una… la Maledizione Cruciatus» disse Neville, con la sua vocetta acuta ma ben chiara.

Moody guardò molto attentamente Neville, questa volta con entrambi gli occhi.

«Tu sei Paciock?» disse, l’occhio magico che roteava in giù per consultare di nuovo il registro.

Neville annuì nervoso, ma Moody non indagò oltre. Rivolto a tutta la classe, afferrò il secondo ragno nel barattolo e lo mise sulla cattedra, dove rimase immobile, in apparenza troppo spaventato per muoversi.

«La Maledizione Cruciatus» disse Moody. «Dev’essere un po’ più grosso perché possiate capire» disse, puntando la bacchetta contro il ragno. «Engorgio!»

Il ragno si gonfiò. Ora era più grosso di una tarantola. Senza più alcuna riserva, Ron spinse indietro la sedia, allontanandola il più possibile dalla scrivania di Moody.

Moody alzò di nuovo la bacchetta, la puntò contro il ragno e mormorò: «Crucio!»

D’un tratto, le zampe del ragno si piegarono sotto il suo corpo; l’animale si rovesciò e prese a contorcersi orribilmente, dondolando da una parte all’altra. Non emise alcun suono, ma Harry fu certo che se avesse potuto, avrebbe urlato. Moody non spostò la bacchetta, e il ragno cominciò a sobbalzare e ad agitarsi più violentemente…

«Basta!» esclamò Hermione con voce stridula.

Harry si voltò verso di lei. Stava guardando non il ragno ma Neville, e Harry, seguendo il suo sguardo, vide che le mani di Neville stringevano il bordo del banco, le nocche bianche, gli occhi spalancati e stravolti.

— Capitolo 14, Le maledizioni senza perdono

Mentre la gigantesca sagoma nera sfiorava le cime degli alberi della Foresta Proibita, illuminata dalle luci del castello, videro un’enorme carrozza di un blu polveroso, delle dimensioni di una vasta dimora, che fluttuava verso di loro, trainata nell’aria da una dozzina di cavalli alati, tutti palomino, grandi come elefanti.

[…]

Lenta e maestosa, la nave sorse dalle acque, splendente nella luce lunare. Aveva un’aria stranamente scheletrica, come se fosse la vittima risuscitata di un naufragio, e le fioche luci nebulose che scintillavano dai boccaporti sembravano occhi spettrali. Alla fine, con un gran sciabordio, la nave emerse del tutto, galleggiando sull’acqua agitata, e prese a scivolare verso la riva. Qualche istante dopo, udirono il tonfo di un’ancora gettata in un fondale basso, e il tonfo di una passerella che veniva abbassata sulla riva.

— Capitolo 15, Beauxbatons e Durmstrang

Ma Silente s’interruppe all’improvviso, e tutti capirono che cosa lo aveva distratto.

Il fuoco nel Calice era tornato rosso. Le scintille sprizzarono. Una lunga fiamma dardeggiò repentina nell’aria, e su di essa galleggiava un altro foglietto di pergamena.

Automaticamente, così parve, Silente tese la lunga mano e afferrò la pergamena. La allontanò da sé e lesse il nome. Per un lunghissimo istante, Silente fissò il foglietto, e tutta la Sala fissò Silente. Poi il Preside si schiarì la voce e lesse:

«Harry Potter».

— Capitolo 16, Il calice di fuoco

Il professor Silente stava guardando Harry, che sostenne il suo sguardo, cercando di decifrarne l’espressione oltre le lenti a mezzaluna.

«Hai messo il tuo nome nel Calice di Fuoco, Harry?» gli chiese calmo Silente.

— Capitolo 17, I quattro campioni

«Malfoy ha colpito Hermione!» intervenne Ron. «Guardi!»

Costrinse Hermione a mostrare i denti a Piton — lei stava facendo del suo meglio per nasconderli con le mani, anche se era difficile, visto che ormai avevano superato il colletto della divisa. Pansy Parkinson e le altre di Serpeverde erano piegate in due dalle risate silenziose e additavano Hermione da dietro le spalle di Piton.

Piton guardò con freddezza Hermione, poi disse: «Non vedo nessuna differenza».

Hermione emise un gemito; gli occhi le si riempirono di lacrime, girò sui tacchi e corse via su per il corridoio fino a sparire.

— Capitolo 18, La posa delle bacchette

Sirius era diverso da come lo ricordava Harry. Quando si erano salutati, il suo volto era magro e incavato, circondato da una gran massa di lunghi capelli neri aggrovigliati: ma ora i capelli erano corti e puliti, il viso era florido, e Sirius sembrava molto più giovane, molto più simile alla sola fotografia che Harry aveva di lui, scattata al matrimonio di James e Lily Potter.

— Capitolo 19, L’ungaro spinato

Ma Harry stava guardando Ron, che era molto pallido, e lo fissava come se fosse un fantasma.

«Harry» disse in tono molto serio, «chiunque abbia messo il tuo nome in quel Calice… io… io credo che stiano cercando di farti fuori!»

Era come se le ultime settimane non fossero mai passate, come se Harry incontrasse Ron per la prima volta appena dopo essere stato designato campione.

— Capitolo 20, La prima prova

Harry ebbe appena il tempo di scorgere un’enorme stanza dal soffitto alto, con cumuli di pentole e padelle di rame lucente accatastate lungo le pareti di pietra, e un enorme focolare di mattoni all’altro capo, quando qualcosa di piccolo sfrecciò verso di lui dal centro della stanza, squittendo: «Harry Potter, signore! Harry Potter!»

Un istante dopo l’elfo urlatore gli piombò dritto contro lo stomaco, abbracciandolo così forte che credette che gli si spezzassero le costole.

«D-Dobby?» disse, boccheggiando.

«Sì, è proprio Dobby, signore, sì!» disse la vocina acuta da un punto imprecisato nei dintorni del suo ombelico. «Dobby sperava tanto di vedere Harry Potter, signore, e Harry Potter è venuto a trovarlo, signore!»

— Capitolo 21, Il fronte di liberazione degli elfi domestici

«Perché voi due non siete venuti a cena?» disse, e si unì a loro.

«Perché… oh, smettetela di ridere, voi due… perché tutti e due sono appena stati bidonati dalle ragazze che avevano invitato al ballo!» disse Ginny.

Questo chiuse la bocca a Harry e Ron.

«Grazie mille, Ginny» disse Ron in tono aspro.

«Tutte quelle carine erano già occupate, Ron?» disse Hermione altezzosa. «Eloise Midgen comincia a sembrarti niente male adesso, eh? Be’, sono sicura che da qualche parte troverai qualcuna che ti dirà di sì».

Ma Ron stava fissando Hermione come se all’improvviso la vedesse in una nuova luce. «Hermione, Neville ha ragione… tu sei una ragazza…»

«Però, sei un fulmine» ribatté lei, acida.

«Be’… puoi venire con uno di noi due!»

«No, non posso» replicò Hermione.

«Oh, andiamo» disse lui impaziente, «abbiamo bisogno di una compagna, faremo la figura degli stupidi se non troviamo nessuno, tutti gli altri hanno…»

«Non posso venirci con te» disse Hermione, e arrossì, «perché ci vado già con un altro».

«No, non è vero!» disse Ron. «L’hai detto solo per liberarti di Neville!»

«Oh, davvero?» disse Hermione, gli occhi che lampeggiavano pericolosamente. «Solo perché tu ci hai messo tre anni per accorgertene, Ron, non vuol dire che nessun altro ha capito che sono una ragazza!»

Ron la fissò stupefatto. Poi sorrise di nuovo.

«Ok, ok, lo sappiamo che sei una ragazza» disse. «Va bene? Adesso ci vieni?»

«Te l’ho già detto» ripeté Hermione, molto arrabbiata. «Ci vado con un altro!»

E uscì precipitosamente, diretta al dormitorio femminile.

«Sta mentendo» disse Ron tranquillamente, guardandola allontanarsi.

«Non è vero» disse Ginny piano.

«E allora chi è?» chiese Ron in tono brusco.

«Non sarò io a dirtelo, sono affari suoi» disse Ginny.

«Giusto» disse Ron, decisamente sconcertato, «questa faccenda sta diventando assurda. Ginny, tu puoi andare con Harry, e io…»

«Non posso» disse Ginny, e diventò anche lei scarlatta. «Ci vado con… con Neville. Mi ha invitata quando Hermione gli ha detto di no, e ho pensato… be’… che altrimenti non potevo andarci, io non sono del quarto anno». Sembrava molto avvilita. «Credo che andrò a cena» disse, e si alzò e uscì a testa china dal buco del ritratto.

— Capitolo 22, La prova inaspettata

Era Hermione.

Ma non somigliava affatto a Hermione. Si era fatta qualcosa ai capelli; non erano più cespugliosi, ma lisci e lucenti, e legati in un nodo elegante dietro la testa. Indossava un abito di un morbido tessuto blu pervinca, e aveva un portamento in qualche modo diverso — o forse era solo l’assenza della solita ventina di libri che di solito portava appesi alla schiena. Sorrideva, anche — piuttosto nervosamente, a dire il vero — e si notava moltissimo che i denti davanti erano rimpiccioliti. Harry non riusciva a capire come aveva fatto a non accorgersene prima.

«Ciao, Harry!» esclamò. «Ciao, Calì!»

Calì fissava Hermione con uno sguardo incredulo assai poco lusinghiero. Non era la sola, comunque: quando si aprirono le porte della Sala Grande, il fan club di Krum in biblioteca entrò tutto impettito, scoccando a Hermione occhiate di profondo disgusto. Pansy Parkinson la guardò a occhi sbarrati entrando con Malfoy, e anche lui parve non riuscire a trovare un insulto da rivolgerle. Ron le passò davanti senza guardarla.

— Capitolo 23, Il ballo del ceppo

«Non tutti» disse Hagrid con voce rauca. «Non tutti vogliono che resto».

«Insomma, Hagrid, se stai cercando di ottenere il consenso universale, temo che resterai chiuso in questa capanna per un sacco di tempo» disse Silente, che ora lo scrutava con sguardo deciso attraverso gli occhialetti a mezzaluna. «Da quando sono diventato Preside di questa scuola, non ho passato una settimana senza ricevere almeno un gufo di protesta per il modo in cui la dirigo. Ma che cosa dovrei fare? Barricarmi nel mio studio e rifiutarmi di parlare con chicchessia?»

«Lei… lei non è un Mezzogigante!» gracchiò Hagrid.

«Hagrid, ma guarda che parenti ho io!» esclamò Harry con veemenza. «Pensa ai Dursley!»

«Ottimo argomento» disse il professor Silente. «Mio fratello Aberforth è stato processato per aver praticato incantesimi inopportuni su una capra. Era su tutti i giornali, ma Aberforth si è nascosto? Certo che no! Ha tenuto la testa alta ed è andato avanti a fare le sue cose come al solito! Certo, non sono proprio sicuro che sappia leggere, quindi potrebbe non essere stato coraggio, il suo…»

«Torna a insegnare, Hagrid» disse Hermione piano, «ti prego, ritorna, ci manchi davvero».

Hagrid deglutì. Altre lacrime gli caddero sulle guance e nella barba arruffata. Silente si alzò.

«Mi rifiuto di accettare le tue dimissioni, Hagrid, e mi aspetto che tu torni a lavorare lunedì» disse. «Ci vediamo a colazione alle otto e mezzo nella Sala Grande. Niente scuse. Buon pomeriggio a tutti».

— Capitolo 24, Lo scoop di Rita Skeeter

«Verrai a trovarmi ancora nel mio bagno qualche volta?» chiese Mirtilla Malcontenta in tono lugubre, mentre Harry raccoglieva il Mantello dell’Invisibilità.

«Ehm… ci proverò» disse Harry, anche se dentro di sé pensava che sarebbe andato al bagno di Mirtilla solo se ogni altro bagno del castello fosse stato intasato. «Ci vediamo, Mirtilla… grazie per il tuo aiuto».

«Ciao ciao» disse lei cupa, e mentre si infilava il Mantello dell’Invisibilità, Harry la vide sparire di nuovo su per il rubinetto.

— Capitolo 25, L’uovo e l’occhio

«Presto, Harry Potter!» squittì Dobby, tirando Harry per la manica. «Tu dovrebbe essere giù al lago con gli altri campioni, signore!»

«È troppo tardi, Dobby» disse Harry disperato. «Non affronterò la seconda prova, non so come…»

«Harry Potter farà la seconda prova!» squittì l’elfo. «Dobby lo sapeva che Harry non aveva trovato il libro giusto, così Dobby l’ha fatto al posto suo!»

«Cosa?» esclamò Harry. «Ma tu non sai qual è la seconda prova…»

«Dobby lo sa, signore! Harry Potter deve andare dentro il lago e trovare quello rosso…»

«Trovare che cosa?»

«… e portar via quello rosso alle sirene!»

«Che cos’è quello rosso?»

«Il suo amico rosso, signore, quello rosso… quello rosso che ha regalato a Dobby il golfino!»

Dobby si tirò il golfino marrone ristretto che portava sopra i pantaloncini.

«Cosa?» esclamò Harry senza fiato. «Hanno preso… hanno preso Ron?»

«Ciò che mancherà a Harry Potter, signore!» squittì Dobby. «E tempo un’ora…»

«…“mala sorte avrà”» recitò Harry, fissando l’elfo, paralizzato dal terrore, «“ciò che fu preso mai ritornerà…” Dobby… che cosa devo fare?»

«Harry Potter deve mangiare questo, signore!» strillò l’elfo, e s’infilò una mano nella tasca dei pantaloncini per estrarne una pallottola di quelle che sembravano viscide code di ratto di un verde grigiastro. «Appena prima di entrare nel lago, signore… è Algabranchia!»

«A cosa serve?» disse Harry, fissando l’Algabranchia.

«Farà respirare Harry Potter sott’acqua, signore!»

«Dobby» disse Harry agitatissimo, «ascoltami… ne sei sicuro?»

Non poteva fare a meno di ricordare che l’ultima volta che Dobby aveva cercato di “aiutarlo”, si era ritrovato senz’ossa nel braccio destro.

«Dobby è molto sicuro, signore!» disse l’elfo convinto. «Dobby ascolta, signore, è un elfo domestico, va su e giù per il castello ad accendere le luci e pulire i pavimenti, Dobby ha sentito la professoressa McGranitt e il professor Moody in sala professori che parlavano della prossima prova… Dobby non può permettere che Harry Potter si perde il suo rosso!»

I dubbi di Harry svanirono. Balzando in piedi, si tolse il Mantello dell’Invisibilità, lo ficcò nella borsa, prese l’Algabranchia e se la mise in tasca, poi si precipitò fuori dalla biblioteca con Dobby alle calcagna.

— Capitolo 26, La seconda prova

«Te l’avevo detto!» sibilò Ron a Hermione che fissava l’articolo sbalordita. «Te l’avevo detto di non dar fastidio a Rita Skeeter! Ti ha fatto diventare una specie di… di donna scarlatta!»

Hermione abbandonò l’aria stupefatta e scoppiò a ridere.

«Donna scarlatta?» ripeté, voltandosi a guardare Ron, sbellicandosi dalle risate.

«È così che le chiama mia madre» borbottò Ron, le orecchie paonazze.

«Se questo è il meglio che Rita sa fare, sta perdendo la mano» disse Hermione, sempre ridacchiando, e gettò Il Settimanale delle Streghe sulla sedia vuota accanto a lei. «Che bel mucchio di porcherie».

— Capitolo 27, Il ritorno di Felpato

Crouch roteò gli occhi. Harry cercò lo sguardo di Krum, che lo aveva seguito tra gli alberi e guardava Crouch allarmato.

«Cosa succede lui?»

«Non ne ho idea» sussurrò Harry. «Senti, è meglio che tu vada a chiamare qualcuno…»

«Silente!» esclamò il signor Crouch senza fiato. Tese una mano e afferrò il vestito di Harry, trascinandolo più vicino, anche se i suoi occhi guardavano oltre la testa di Harry. «Devo… vedere… Silente…»

«Ok» disse Harry, «se si alza, signor Crouch, possiamo andare al…»

«Ho fatto… una cosa… stupida…» esalò il signor Crouch. Sembrava decisamente impazzito. I suoi occhi roteavano sporgenti, e un rivolo di saliva gli scivolava giù per il mento. Ogni parola che pronunciava pareva costargli un sforzo tremendo. «Devo… dire… a Silente…»

[…]

«Non… abbandonarmi!» sussurrò, gli occhi di nuovo sporgenti. «Io… sono… fuggito… devo avvertire… devo dire… vedere Silente… colpa mia… tutta colpa mia… Bertha… morta… tutta colpa mia… mio figlio… colpa mia… dire a Silente… Harry Potter… Il Signore Oscuro… più forte… Harry Potter…»

— Capitolo 28, La follia del signor Crouch

[/su_quote]Quando Harry fu ai piedi della scala a pioli, comunque, non si diresse verso l’infermeria. Non aveva alcuna intenzione di andarci. Sirius gli aveva detto che fare se la cicatrice gli avesse fatto di nuovo male, e Harry avrebbe seguito il suo consiglio: stava andando difilato nell’ufficio del Preside. Percorse i corridoi pensando a ciò che aveva visto nel sogno… era reale quanto quello che lo aveva svegliato di soprassalto a Privet Drive… ripassò i particolari nella mente, cercando di ricordarli… aveva sentito Voldemort accusare Codaliscia di aver combinato un pasticcio… ma il gufo aveva portato buone notizie, il guaio era stato rimediato, qualcuno era morto… quindi Codaliscia non sarebbe stato dato in pasto al serpente… questa sorte sarebbe toccata a lui, Harry…

Harry aveva oltrepassato senza accorgersene il gargoyle di pietra che sorvegliava l’ingresso dell’ufficio di Silente. Sbatté le palpebre, si guardò attorno, capì che cos’aveva fatto e tornò sui suoi passi per fermarsi davanti alla statua. Poi gli venne in mente che non sapeva la parola d’ordine.

«Sorbetto al limone?» disse esitante.

Il gargoyle non si mosse.

«OK» disse Harry, squadrandolo. «Goccia di pera. Ehm… Bacchetta di liquirizia. Ape Frizzola. SuperPallaGomma di Drooble. Gelatine Tuttigusti+1… oh no, non gli piacciono, vero? Oh insomma, apriti, no?» sbottò. «Devo assolutamente vederlo, è urgente!»

Il gargoyle rimase immobile.

Harry gli sferrò un calcio, con l’unico risultato di farsi un male tremendo all’alluce.

«Cioccorana!» urlò furioso, saltellando su un piede solo. «Piuma di zucchero! Scarafaggi a Grappolo!»

Il gargoyle prese vita e balzò da un lato. Harry strizzò gli occhi.

«Scarafaggi a Grappolo?» disse, stupefatto. «Stavo solo scherzando…»[/su_quote]

— Capitolo 29, Il sogno

Le sedie incatenanti stavolta erano quattro. I Dissennatori vi spinsero i prigionieri: c’era un uomo grosso che fissò Crouch con occhi vacui, un uomo più magro e nervoso i cui occhi si spostavano rapidi tra il pubblico, una donna con una folta, scura chioma lucente e le palpebre semichiuse, seduta sulla sedia con le catene come una regina su un trono, e un ragazzo sui vent’anni, che sembrava nientemeno che pietrificato. Tremava, i capelli color paglia gli ricadevano sul viso, la pelle lentigginosa era di un bianco latteo. La piccola strega accanto a Crouch cominciò a dondolarsi avanti e indietro, singhiozzando dentro il fazzoletto.

Crouch si alzò e guardò i quattro con un’espressione di odio allo stato puro.

«Siete stati condotti di fronte al Tribunale della Legge Magica» disse con voce chiara, «perché siate giudicati per un crimine atroce…»

«Padre» disse il ragazzo dai capelli color paglia. «Padre… ti prego…»

«… del quale raramente abbiamo udito il pari in questa corte» Crouch alzò la voce, sovrastando quella del figlio. «Abbiamo ascoltato le testimonianze contro di voi. Siete accusati di aver catturato un Auror — Frank Paciock — e di averlo sottoposto a Maledizione Cruciatus, convinti che conoscesse l’attuale dimora del vostro signore in esilio, Colui-Che-Non-Deve-Essere-Nominato…»

«Padre, non è vero!» strillò il ragazzo in catene. «Non è vero, lo giuro, padre, non rimandarmi dai Dissennatori…»

«Siete inoltre accusati» tuonò Crouch, «di aver usato la Maledizione Cruciatus contro la moglie di Frank Paciock, quando egli non vi ha dato le informazioni richieste. Avete progettato di restaurare il dominio di Colui-Che-Non-Deve-Essere-Nominato, e di tornare alla vita di violenza che probabilmente avete condotto quando era potente. Io ora chiedo alla giuria…»

«Madre!» urlò il ragazzo, e la piccola strega accanto a Crouch singhiozzò più forte, dondolandosi avanti e indietro. «Madre, fermalo, madre, non ho fatto niente, non sono stato io!»

«Io ora chiedo alla giuria» gridò Crouch, «di alzare la mano se è convinta, come me, che questi crimini meritino una condanna a vita ad Azkaban!»

Tutti insieme, maghi e streghe dell’ala destra della segreta alzarono la mano. La folla disposta lungo le pareti scoppiò in un applauso come aveva fatto per Bagman, i volti pervasi di selvaggio trionfo. Il ragazzo prese a urlare.

«No! Madre, no! Non ho fatto niente, non ho fatto niente, non sapevo! Non lasciare che mi mandi laggiù, non lasciarglielo fare!»

[…]

Ma il ragazzo cercò di respingere i Dissennatori, anche se Harry vide che già cedeva al loro freddo potere divorante. La folla lanciava grida di scherno, alcuni in piedi, mentre la donna veniva portata fuori dalla sala, e il ragazzo continuava a divincolarsi.

«Sono tuo figlio!» urlò a Crouch. «Sono tuo figlio!»

«Tu non sei affatto mio figlio!» tuonò Crouch, gli occhi all’improvviso fuori dalle orbite. «Io non ho figli!»

— Capitolo 30, Il pensatoio

Scavalcò le zampe aggrovigliate del ragno per avvicinarsi a Harry, che lo guardò stupito. Cedric diceva sul serio. Stava voltando le spalle a quella gloria che la casa di Tassorosso non conosceva da secoli.

«Vai tu» disse. Sembrava che ciò gli stesse costando fino all’ultima goccia di determinazione, ma aveva il volto risoluto, le braccia incrociate, e sembrava deciso.

Harry spostò lo sguardo da Cedric alla Coppa. Per un luminoso istante, si vide uscire dal labirinto reggendola tra le braccia. Si vide levare in alto la Coppa Tremaghi, udì il ruggito della folla, vide il viso di Cho radioso di ammirazione, più nitido di quanto non l’avesse mai visto… e poi l’immagine sbiadì, e si ritrovò a fissare l’ostinato volto in ombra di Cedric.

«Tutti e due» disse Harry.

«Come?»

«La prenderemo nello stesso istante. È sempre una vittoria di Hogwarts. Finiremo alla pari».

Cedric lo guardò stupefatto. Allargò le braccia. «Sei… sei sicuro?»

«Sì» rispose Harry. «Sì… ci siamo dati una mano a uscirne, no? Siamo arrivati fin qui tutti e due. Prendiamola insieme, e basta».

Per un attimo, Cedric parve non credere alle sue orecchie; poi sorrise, raggiante.

— Capitolo 31, La terza prova

L’uomo magro uscì dal calderone, fissando Harry… e Harry a sua volta fissò il viso che da tre anni infestava i suoi incubi. Più bianco di un teschio, con grandi, lividi occhi rossi, il naso piatto come quello di un serpente, due fessure per narici…

Voldemort era risorto.

— Capitolo 32, Carne, sangue e ossa

«Sapete, naturalmente, che hanno definito questo ragazzo la mia caduta?» disse dolcemente Voldemort, gli occhi rossi fissi su Harry. La cicatrice prese a fargli così male che quasi urlò dal dolore. «Sapete tutti che la notte in cui persi i miei poteri e il mio corpo avevo cercato di ucciderlo. Sua madre morì nel tentativo di salvarlo… e senza volerlo gli fornì una protezione che, lo ammetto, non avevo previsto… non riuscii a toccare il bambino».

Voldemort alzò una delle lunghe dita bianche e la avvicinò alla guancia di Harry. «Sua madre lasciò su di lui le tracce del suo sacrificio… è magia antica, avrei dovuto ricordarmela, fui uno sciocco a non pensarci… ma non importa. Ora posso toccarlo».

Harry avvertì la punta fredda del lungo dito bianco che lo toccava, e credette che la testa gli esplodesse dal dolore.

— Capitolo 33, I Mangiamorte

L’ombra di fumo di una giovane donna dai capelli lunghi cadde al suolo come Bertha poco prima, si rialzò e lo guardò… e Harry, con le braccia che tremavano follemente, guardò a sua volta il volto del fantasma di sua madre.

«Tuo padre sta arrivando…» disse piano lo spettro. «Vuole vederti… andrà tutto bene… resisti…»

E lui venne… prima la testa, poi il corpo… un uomo alto con i capelli spettinati come quelli di Harry, la sagoma di fumo e d’ombra di James Potter sbocciò dalla punta della bacchetta di Voldemort, cadde a terra e si rialzò come aveva fatto sua moglie. Si avvicinò a Harry, lo guardò e parlò con la stessa voce remota e rimbombante degli altri, però sottovoce, così che Voldemort, il volto livido di terrore mentre le sue vittime si aggiravano attorno a lui, non potesse sentire…

«Quando il contatto s’interromperà, rimarremo qui solo per pochi istanti… ma ti daremo il tempo… devi correre alla Passaporta, ti riporterà a Hogwarts… hai capito, Harry?»

«Sì» disse Harry senza fiato, lottando per mantenere la presa sulla bacchetta che gli scivolava tra le dita.

«Harry…» sussurrò la sagoma di Cedric, «riporterai indietro il mio corpo, vero? Riporta il mio corpo ai miei genitori…»

«Lo farò» disse Harry, il volto contratto nello sforzo di trattenere la bacchetta.

«Fallo ora» sussurrò la voce di suo padre. «Preparati a correre… ora…»

— Capitolo 34, Prior Incantatio

Poi il volto di Silente, ancora confuso e nebuloso, si avvicinò. «Harry, ora non puoi aiutarlo. È finita. Lascialo».

«Voleva che lo portassi indietro» sussurrò Harry… gli parve importante spiegarlo. «Voleva che lo riportassi ai suoi genitori…»

«Va bene, Harry… adesso però lascialo…»

Silente si curvò e, con una forza straordinaria per un uomo così vecchio e magro, sollevò Harry da terra e lo rimise in piedi.

— Capitolo 35, Veritaserum

Piton si fece avanti e superò Silente, sollevando la manica della veste. Tese l’avambraccio e lo mostrò a Caramell, che si ritrasse.

«Ecco» disse Piton con voce roca. «Ecco. Il Marchio Nero. Non è netto come un’ora fa, quando è diventato scuro, ma si vede ancora. Ogni Mangiamorte è stato marchiato a fuoco così dal Signore Oscuro. Era un modo per riconoscerci, e per convocarci a lui. Quando lui toccava il Marchio di qualunque Mangiamorte, dovevamo Smaterializzarci, e Materializzarci immediatamente al suo fianco. È dall’inizio dell’anno che questo Marchio ha cominciato a diventare più evidente. Anche quello di Karkaroff. Perché crede che Karkaroff sia fuggito stanotte? Abbiamo sentito entrambi il marchio bruciare. Abbiamo capito entrambi che era tornato. Karkaroff teme la vendetta del Signore Oscuro. Ha tradito troppi dei suoi vecchi compagni per essere certo di essere il benvenuto».

— Capitolo 36, Le strade si dividono

«Fred… George… aspettate un attimo».

I gemelli si voltarono. Harry aprì il baule ed estrasse la vincita del Tremaghi.

«Prendetelo» disse, e ficcò il sacchetto nelle mani di George.

«Cosa?» disse Fred, sbalordito.

«Prendetelo» ripeté Harry con decisione. «Io non lo voglio».

«Sei pazzo» disse George, cercando di restituirlo a Harry.

«No» disse Harry. «Prendetelo voi, e andate avanti con le vostre invenzioni. È per il negozio di scherzi».

«È pazzo» disse Fred, con sgomento.

«Sentite» disse Harry con fermezza. «Se non lo prendete voi, lo butto in un tombino. Non lo voglio e non mi serve. Ma un po’ di risate mi farebbero bene. Un po’ di risate farebbero bene a tutti. Ho la sensazione che ben presto ne avremo bisogno più del solito».

«Harry» disse George debolmente, soppesando il sacchetto con il denaro, «ci devono essere un migliaio di galeoni qui dentro».

«Sì» disse Harry, con un gran sorriso. «Pensa quante Crostatine Canarine fanno».

I gemelli lo fissarono stupefatti.

«Solo una cosa, non dite a vostra madre dove li avete presi… anche se può darsi che non abbia più tanta voglia di farvi entrare al Ministero, adesso che ci penso…»

«Harry» esordì Fred, ma Harry estrasse la bacchetta.

«Senti» disse in tono deciso, «prendilo, o ti sparo un incantesimo. Adesso ne so di belli. Fatemi solo un favore, ok? Comprate a Ron un abito da sera, e ditegli che è un regalo da parte vostra».

— Capitolo 37, L’inizio

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Pubblicato da Giulia Greco

Geek. Il caffè è la mia droga, serie TV, film, libri, anime, manga la mia passione. Classe '89, sono cresciuta andando a caccia di vampiri con la Scooby Gang e passeggiando tra le vie di Stars Hollow con le testa tra le nuvole, un po' come Luna Lovegood.

Una risposta a “Harry Potter e il calice di fuoco, le citazioni più belle del libro33 min di lettura —

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