Fabbricante di lacrime è un Twilight che non ci ha creduto abbastanza, la recensione4 min di lettura —

Fabbricante di lacrime è un Twilight che non ci ha creduto abbastanza, la recensione — 4 min di lettura —

In principio era una fanfiction su Wattpad. Poi è arrivato il successo ed è diventato un romanzo best seller popolarissimo soprattutto tra i giovanissimi lettori sul BookTok. Infine è arrivato l’adattamento per Netflix. Fabbricante di lacrime, di Erin Doom, ha preso vita con un lungometraggio che vede Biondo (Simone Baldasseroni) e Caterina Ferioli nei panni del tenebroso Rigel e della pudica Nica.

La storia dunque si dispiega attraverso i più classici dei cliché del genere romance adolescenziale: il ragazzaccio che nasconde il suo cuore d’oro perché teme di far soffrire la donna che ama, troppo dolce per il mondo “rotto” in cui vivono, troppo fragile, troppo ingenua. Eredi di Clary e Jace, di Edward e Bella prima di loro e andando ancor più indietro nel tempo di Step e Babi, Rigel e Nica ci trasportano in una storia d’amore tormentata, un vorrei ma non posso fatto di sguardi, di tensione sessuale, di sussurri, parole non dette, litigi, incomprensioni, gelosie.

Essendo ben consapevole della propria vena squisitamente trash, Fabbricante di lacrime non vuole essere più che un semplice intrattenimento senza pretese. Con dei dialoghi che sembrano una vera e propria risposta all’agnello che si innamora del leone pazzo e masochista di Twilight e ai lupi che mangiano le pecore di Ciro Ricci, il nuovo film di Netflix è un divertente passatempo che ci ripropone in una salsa non poi troppo diversa dal solito gli stereotipi del malessere e della ragazza che “I can fix him”.

Se da una parte ci troviamo a sorridere per i dialoghi che urlano cringe e nonsense da tutti i pori (citiamo la già iconica “Non toccarmi con questa casualità […] altrimenti io non mi fermo“), per la recitazione degna di Edo e Summer di Summertime, a volte sopra le righe e a volte completamente piatta, e per l’assenza di tensione nelle scene teoricamente più adrenaliniche, dall’altra Fabbricante di lacrime porta con sé delle problematiche importanti impossibili da ignorare, pur con tutte le scuse del film poco impegnativo.

Le critiche a Fabbricante di lacrime, la recensione

Rigel e Nica in Fabbricante di lacrime su Netflix

Non pretendiamo da una storia creata appositamente per parlare di angsty teenager a un pubblico di angsty teenager chissà quale serietà nell’affrontare determinati argomenti, tuttavia nel momento in cui è l’opera stessa a portarli in superficie, ci aspettiamo certamente una sensibilità maggiore.

Ci riferiamo in particolare a due scelte narrative che ci hanno fatto storcere il naso: il tentato stupro di Lionel nei confronti di Nica e gli abusi di Margaret sui ragazzi del Grave.

Parlare di violenza e veicolare determinati messaggi nei media è sempre un’arma a doppio taglio: a volte porta a discussioni interessanti e a momenti di riflessione, ma altre accade che, pur con le migliori intenzioni, i risultati lascino un po’ a desiderare.

In Fabbricante di Lacrime, questi due filoni narrativi non vengono mai affrontati davvero dal punto di vista delle vittime, non vengono mai messe in luce le sofferenze e le conseguenze che un abuso comporta e i traumi che ne possono derivare. Sia il tentato stupro che le violenze sui minori vengono utilizzate come mezzi per portare a una svolta la storia d’amore tra i due protagonisti.

L’aggressione di Lionel è utile per far emergere l’eroismo di Rigel sotto la maschera di ostentata cattiveria e per far esplodere la tensione sessuale tra lui e Nica. E allo stesso modo la testimonianza della ragazza al processo contro Margaret è più una confessione d’amore che una denuncia degli abusi che decine di bambini hanno subito in un luogo in cui teoricamente dovevano sentirsi protetti.

Finché Fabbricante di lacrime resta un’eco di Twilight può anche essere una visione piacevole (grazie alla fotografia fredda e all’ottima colonna sonora in cui spiccano Olivia Rodrigo e Billie Eilish) che strappa più di un sorriso ed è capace di portare indietro nel tempo gli spettatori nostalgici di quel determinato filone pop fatto di amanti tormentati, terzi incomodi e ostacoli apparentemente insormontabili che minano l’equilibrio della coppia principale prima dello scontatissimo endgame. Ma è quando si addentra in territori più delicati che sorgono i veri problemi.

Forse sarebbe stato il caso di concentrarsi esclusivamente sui sentimenti di Rigel e Nica, approfondendo anche quegli aspetti che restano abbastanza vaghi nell’originale (l’inspiegabile desiderio di Rigel di tenere lontana Nica, tanto per fare un esempio) e tagliare nell’adattamento di Netflix le parti che già non funzionavano ed erano di troppo nel romanzo.

Consigliamo la visione a tutte le faleneh che già apprezzavano il romanzo di Erin Doom e a chi vuole passare qualche ora in leggerezza, ma non possiamo non segnalare la presenza di alcune criticità di cui avremmo fatto volentieri a meno, che non solo sviluppano malamente tematiche importanti, ma sul finale rendono anche il film fin troppo lento.

 

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Pubblicato da Manuela Greco

Classe ’92, appassionata di serie TV, film, libri, anime, manga e di tutto ciò che è nerd da che ne ha memoria.

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