Harry Potter, perché dovrebbe diventare una serie TV7 min di lettura —

Harry Potter, perché dovrebbe diventare una serie TV — 7 min di lettura —

Quando un romanzo viene trasportato su una pellicola, è inevitabile che qualcosa vada persa. I monologhi interiori, per esempio, salvo costruire un intero film con la presenza costante della voce fuori campo, non potranno mai essere inseriti, e l’approfondimento psicologico dei personaggi inesorabilmente verrà meno.

Penso a romanzi introspettivi e psicologici come Norwegian Wood di Murakami, e non posso fare a meno di trovare la trasposizione cinematografica un totale fallimento. E penso, inevitabilmente, a tutte quelle saghe che, con le dovute eccezioni (The Hunger Games e Il Signore degli Anelli), sono state totalmente stravolte da registi più interessati a stupire lo spettatore che a rispettare l’opera originale. The Maze Runner, Eragon e Harry Potter ne sono esempi.

Nel caso della saga di J.K. Rowling, sebbene la trama dei film ricalchi quella dei romanzi, molti dei dettagli più interessanti della storia sono andati persi.

Dal momento che stiamo vivendo la Golden Age delle serie TV, non posso fare a meno di immaginare che una serie si sarebbe presa il giusto tempo per sviluppare come si deve un’opera complessa e ricca di particolari come Harry Potter.

Ecco alcune delle migliorie (in verità dovrebbero essere molte di più) che una serie composta di sette stagioni avrebbe potuto apportare rispetto alla versione cinematografica.

La saga di Harry Potter dovrebbe diventare una serie TV, ecco perché

1. Personaggi

Partiamo dal presupposto che i film hanno fatto un discreto lavoro con i personaggi di zia Jo nella maggior parte dei casi.

Certo, nei romanzi tutti sono sviluppati meglio. Il protagonista, in modo particolare, ha contorni meglio definiti: è gentile coi suoi amici (chi non si è commosso quando ha regalato la vincita del torneo Tremaghi a Fred e George?), deciso e con le idee ben chiare, ma anche rabbioso quando qualcuno lo porta a perdere la pazienza, o ironico all’occorrenza.

Nonostante ciò, le caratteristiche che lo contraddistinguono sono tutte lì, anche se solo abbozzate. Stesso discorso può farsi con Ron e Hermione, o anche con personaggi secondari come Draco, Narcissa, Severus e Luna.

Non si può certo dire lo stesso per personaggi come Percy o Ginny. Il primo attraversa un’interessante crisi di fede: prima amico di Harry, volta le spalle a lui e alla sua stessa famiglia perché decide di fidarsi delle parole del Ministro della Magia, per poi ravvedersi e comprendere i propri errori sul finire dei romanzi. Percy non è un personaggio simpatico, non è il migliore, ma rappresenta, come Seamus, il punto di vista di chi, confuso, perde la strada di casa.

E poi c’è Ginny, che nei film fatica a emergere per colpa di una scrittura che non le permette di brillare come dovrebbe, ma nei romanzi è uno dei personaggi con la migliore caratterizzazione. È lei che sa cosa significa essere posseduti da Voldemort, che non può dimenticare i momenti di vuoto in cui non sa cosa abbia fatto e che per questo convince Harry che invece lui non può aver subito l’influenza di Colui-Che-Non-Deve-Essere-Nominato. Ed è lei che, con la sua tagliente ironia, fa sorridere il protagonista che, a poco a poco, se ne innamora. Harry le confessa che, nel tempo passato con lei, è come se avesse vissuto la vita di un altro. Ginny lo fa stare bene, lo rende felice, gli fa quasi dimenticare di essere il prescelto. Forse più di chiunque altro, Ginny Weasley è il personaggio che più ha perso nella trasposizione cinematografica.

2. La Profezia e l’importanza di Neville

Se parliamo di personaggi, menzione d’onore spetta a Neville Paciock, che nei romanzi ha un’importanza fondamentale, ma che nei film rimane un semplice compagno di Harry, pasticcione e un po’ sfigato.

La profezia che ossessiona Voldemort, ci spiega Silente ne L’Ordine della Fenice, avrebbe potuto riferirsi a Harry come a Neville, entrambi nati sull’estinguersi del settimo mese, a Luglio, entrambi nati da chi lo ha tre volte sfidato.

Il fatto che sia Harry quello destinato a uccidere Voldemort è solo un caso. Il mago oscuro designa Harry come suo eguale perché, probabilmente, si riconosce in lui, non nel purosangue, ma nel mezzosangue.

L’approfondimento psicologico di Neville, la storia drammatica dei suoi genitori, impazziti sotto i colpi della maledizione cruciatus, meritavano di essere inseriti con delicatezza e in modo chiaro nei film, perché non basta mettere in bocca a Karkaroff una frase lampo, che si perde nella confusione di una scena affrettata e poco chiara, non basta che Sirius dica che Alice e Frank Paciock hanno subito una sorte peggiore della morte. A un personaggio fondamentale com’è Neville, che comprende Harry come e più di Ron e Hermione, doveva essere riservato, anche nei film, uno sviluppo accurato e preciso.

3. Relazioni amorose meno adolescenziali

Harry Potter abbandona i toni adolescenziali per addentrarsi in quelli oscuri e tenebrosi del mondo adulto.” Quante volte abbiamo sentito o letto questa frase? Quante volte siamo stati noi stessi a ripeterla affermando con fermezza che la saga di Harry Potter cresce coi suoi lettori? Se è vero che la minaccia di Voldemort si fa di anno in anno sempre più pericolosa, è altresì vero che i film, a differenza dei libri, non abbandonano mai del tutto quel romance eccessivamente adolescenziale. Le relazioni romantiche, nella saga, sono tutt’altro che risibili e divertenti. Pensiamo a Lupin e Tonks, al loro amore travagliato, a lui che, timoroso di farle del male se perdesse il controllo durante la trasformazione, la allontana per non metterla in pericolo, a lei che non si arrende a tale rifiuto e lotta con le unghie e con i denti per stare a fianco dell’uomo che ama. Stessa dinamica per l’amore tra Harry e Ginny: la maturità che dimostrano nel momento in cui sono costretti a separarsi è disarmante. Harry sa che Ginny corre dei rischi, che stare con lui la mette in pericolo, che Voldemort potrebbe usarla per arrivare a lui. E lei lo comprende più di chiunque altro, lo appoggia e mette da parte i suoi sentimenti perché sa che Harry è il prescelto e che deve essere lui a sconfiggere Voldemort.

Ginny non piangeva più. Incrociò gli occhi di Harry con la stessa espressione dura e ardente di quando lo aveva abbracciato dopo aver vinto la Coppa di Quidditch senza di lui, e lui seppe che in quel momento si capivano alla perfezione e che, quando lui le avesse detto che cosa avrebbe fatto, non avrebbe detto ‘sta attento’ o ‘non farlo’, ma avrebbe accettato la sua decisione, perché non si sarebbe aspettata da lui niente di meno.

4. In una serie TV di Harry Potter ci sarebbe più spazio per affrontare il tema della morte

Fedele compagna di Harry da prima che lui nascesse, la morte accompagna la vita del maghetto protagonista per tutti e sette i romanzi. Col proseguire della narrazione, i toni si fanno sempre più oscuri e numerosi personaggi perdono la vita nella lotta contro il male. Cedric Diggory, compagno e amico di Harry, viene ucciso da Peter Minus durante l’ultima prova del Torneo Tremaghi. Sirius Black, il padrino di Harry Potter, scompare sotto i colpi della squilibrata Mangiamorte Bellatrix Lestrange nel quinto capitolo della saga. Nel volume che conclude il ciclo di romanzi, amici e compagni del protagonista muoiono durante la sanguinolenta Battaglia di Hogwarts. Sono morti dolorose, terribili, devastanti, ma estremamente importanti perché volte a mostrate la brutalità della guerra. Un vero peccato che nei film quasi non si affrontino le conseguenze della perdita e che i protagonisti sembrino non portarne le cicatrici. Dopo la morte di Sirius in modo particolare, Harry è devastato, e il finale de L’Ordine della Fenice è oltremodo drammatico. Perché mostrare un Harry calmo e tranquillo, pronto ad affrontare le odiate vacanze estive come al solito, quando nel libro il suo cuore è irrequieto e colmo d’ira e il suo spirito distrutto? Per quale motivo non soffermarsi per un attimo su Teddy, il figlio di Tonks e Lupin, orfano di guerra come lo era diventato Harry anni prima? Come possiamo accettare che la morte di Fred avvenga quasi off screen, quando nel romanzo funziona come ultimo passo per la redenzione di Percy?

5. Voldemort umano

Ciò che fa di Voldemort un villain veramente interessate e affascinante è la sua discesa verso la bestialità, la trasformazione di Tom Riddle nel Signore Oscuro. Attraverso racconti e flashback, ci addentriamo nella vita del giovane Tom, l’orfano rancoroso e pieno di rabbia, l’adolescente assetato di conoscenza, il mago oscuro con la smania di potere. Tom si trasforma in Voldemort perché uccide, perché si allontana dalla propria umanità, perché divide la sua anima in sette horcrux, ma non nasce mostro, lo diventa. Proprio perché nasce come essere umano, la sua morte ne I Doni della Morte: parte II snatura il lavoro che J.K. Rowling aveva fatto sul personaggio. Voldemort muore e si dissolve, cosa che non accade mai nel romanzo, in cui, al contrario, muore da umano.

Tom Riddle crollò sul pavimento con banale solennità, il corpo fiacco e rattrappito, le mani bianche vuote, il volto da serpente inespressivo e ignaro.”

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Pubblicato da Manuela Greco

Classe ’92, appassionata di serie TV, film, libri, anime, manga e di tutto ciò che è nerd da che ne ha memoria.

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