Doctor Who, ecco dove ha sbagliato la stagione 1121 min di lettura —

Doctor Who, ecco dove ha sbagliato la stagione 11 — 21 min di lettura —

L’undicesima stagione di Doctor Who si è da poco conclusa ed è quindi giunto il momento di tirare le somme.

Possiamo descrivere la nuova stagione con una parola: cambiamento. In realtà è la parola che meglio racchiude l’essenza dell’intero show. E come poteva essere altrimenti? Doctor Who va in onda da ben 55 anni, non avrebbe potuto sopravvivere così a lungo se non avesse accettato di mutare negli anni. Showrunner, attori, temibili nemici si sono avvicendati nel corso delle ventisei stagioni della serie classica e delle undici del NuWho. E quest’ultima annata è stata particolarmente ricca di sorprese, ma non in senso positivo.

Strategie di marketing

Il trend negativo è iniziato con la pubblicità fatta alla nuova serie. Ovviamente, con il primo Dottore donna è stato più difficile promuovere lo show, visto che la decisione del cambio di sesso aveva scatenato non poche critiche e lamentele. Io per prima mi sono trovata dalla parte dei più scettici. Il motivo? Non ho trovato che fosse NECESSARIO che il Dottore fosse una donna. È proprio qui che sta il problema. Il cambio di sesso ci è stato proposto come indispensabile, quando non lo è mai stato. Era necessario che il protagonista fosse una donna affinché il genere femminile si sentisse rappresentato? No. Io mi sentivo rappresentata anche dalle companion, e persino dai Dottori precedenti. È nel carattere che ci sentiamo rappresentati, è nei modi di fare e di pensare che rivediamo noi stessi, non nei cromosomi.

Come è stata affrontata allora la promozione della nuova serie? Semplice. Parlando di quanto innovativa e inclusiva fosse, sempre al passo coi tempi, al contrario delle stagioni precedenti. Perché, a quanto pare, Doctor Who non ha mai promulgato temi sociali come l’equità e la giustizia…

Quello che è parso è stata la volontà di fare risaltare il Tredicesimo mettendo in evidenza i difetti delle serie e dei Dottoei precedenti.

Per esempio, in un comunicato ufficiale è stato detto:

Whittaker can do drama, as we’ve seen from Broadchurch and Trust Me. Her interviews have shown that she has a quirky side that all Doctors seem to require. And the trailer suggests she’ll have no trouble in whisking us on an adventure.
And what a great way to refresh a franchise, especially after four years of Peter Capaldi, who certainly wasn’t universally loved.

Un’affermazione venuta subito dopo questa:

Gone is the daffiness and idiosyncrasy of her predecessors in favour of a Doctor with energy, spark and relatability.

Persino Nicola Bryant, interprete di Peri, una dei companion della serie classica, si è sentita in dovere di commentare, scrivendo su Twitter:

Non credo sia il modo corretto di promuovere uno show, fosse anche una sola persona a farlo in questo modo.

Sulla questione dell’inclusione, tornerò più tardi, nei paragrafi dedicati ai companion e allo speciale di Natale.

Chris Chibnall

Ma ora parliamo di Chris Chibnall, che ha sostituito Steven Moffat, timoniere della serie per sei stagioni.

Chibnall non era nuovo a Doctor Who, ha scritto episodi nell’era Davies e in quella Moffat. Suoi sono 42, The Hungry Earth e Cold Blood, Dinosaurs on a Spaceship, The Power of Three, lo speciale P.S. e la mini saga Pond Life. Inoltre è stato scrittore capo di ben due stagioni di Torchwood. Insomma, Doctor Who doveva conoscerlo come le sue tasche, e soprattutto amarlo.

Col lavoro fatto poi con Broadchurch, tutti ci aspettavamo fosse sicuramente in grado di tirare le redini dello show di punta della BBC, ma così non è stato.

Gli episodi che aveva scritto in precedenza potevano avere tutti i difetti del mondo, non erano memorabili, ma Doctor Who era riconoscibile. Forse non era tanto merito suo, ma della direzione che Davies prima e Moffat poi hanno dato all’intera serie.

I personaggi erano tutti ben caratterizzati, il rapporto tra Eleven e Amy in The Power of Three, per esempio, stava in perfetta continuità rispetto a quello che gli altri scrittori avevano raccontato. La paura da parte del Dottore di perdere gli affetti più cari c’era tutta. La rabbia verso gli umani in Cold Blood pure. Nella stagione undici, però, mancano davvero tante cose, tutte quelle che facevano di Doctor Who la serie che è sempre stata. Non abbiamo mai cercato la perfetta coerenza logica e scientifica nella serie, ma i bei sentimenti non sono mai mancati. Quest’anno abbiamo dovuto rinunciare a entrambi. Se avete visto P.S. sapete quanto commovente quell’episodio sia. E sicuramente, prima della messa in onda dell’undicesima stagione, avrete pensato che Chibnall vi avrebbe fatto piangere fiumi di lacrime. È quello che ho pensato anche io. Mi dicevo che il buon vecchio Chib avrebbe puntato su personaggi ed emozioni più che su trame complicate. E mi sarebbe stato anche bene. Però così non è stato. Non abbiamo avuto episodi solidi e non abbiamo avuto personaggi delineati. Se senza la direzione di Davies o di Moffat o di chiunque altro Chibnall non è in grado di gestire la serie, allora c’è un grosso, enorme problema. Perché quello che abbiamo visto non era Doctor Who. Ricordate Class, uno degli spin off della serie? Ecco, questa prima stagione di Chibnall mi ricorda esattamente quella dimenticabile serie TV, guarda caso cancellata dopo solo una stagione…

In nessun episodio, quest’anno, sono riuscita a trovare qualcosa che mi facesse ritrovare quegli elementi caratteristici della serie, il senso di meraviglia, l’avventura, il viaggio.

Non c’è stato nulla che mi abbia fatto dire: “Ecco! Questo è Doctor Who“. C’è stato poco di british e troppo poco di “dottoroso” in questi episodi.

A essere veramente assente, poi, è quel guizzo di genialità che faceva anche degli episodi peggiori momenti di TV memorabili. Prendiamo gli Slitheen. Li abbiamo detestati, ma li ricordiamo tutti, perché anche negli aspetti più bizzarri e pacchiani a volte, c’è sempre stato quel quid che ha reso i personaggi e la serie riconoscibilissimi.

Il Dottore

Nel primo episodio abbiamo fatto la conoscenza di Thirteen. Il Dottore post rigenerazione non è noto per avere una personalità definita. Deve ancora capire chi è, che persona sarà, cosa gli piace e cosa invece odia. Per questo, non si può dare subito un giudizio. Tuttavia, a un primo sguardo, malgrado lo scetticismo iniziale, il Dottore mi è piaciuto. Peccato che sia durata poco. Via via abbiamo assistito a un percorso che non c’è stato. Se pensiamo a Twelve e a Peter Capaldi, il suo arco narrativo è consistito proprio nella scoperta di sé, nel cercare di capire chi fosse, che tipo di uomo fosse. “Sono un uomo buono?” continuava a ripetere a se stesso e alla fine ha ottenuto una risposta. Ha compreso chi era, e qual era la sua missione.

I am the Doctor and I save people!

Dopo Twelve mi aspettavo naturalmente un Dottore diverso, meno burbero, ma che fosse caratterizzato in maniera unica pur mantenendo quei tratti comuni ai suoi predecessori.

Sia RTD che Moffat ci hanno sempre mostrato un Dottore buono, ma che sa essere spietato all’occorrenza, un uomo vendicativo, un uomo triste, pieno di rimorsi, un uomo giocoso, il vecchio e il fanciullo, quello che è capace di meravigliarsi come un bambino e che ha la saggezza di un essere millenario, una persona che conosce e che ha ancora sete di conoscenza. Un Signore del Tempo fatto di contraddizioni, come chiunque altro. A volte scherzoso, altre perfino antipatico. Ma siamo stati sempre in grado di chiamarlo Dottore.

Dove si colloca il Tredicesimo? È una domanda difficile considerando che la differenza tra Thirteen e i suoi predecessori non è tanto nel cambio di sesso, ma nel fatto che non ha proprio nulla di “dottoroso”. È sempre titubante, non prende mai in mano la situazione, lascia che siano i compagni di viaggio a decidere come muoversi, non conosce nessuna specie con cui viene a contatto e spesso è talmente out of character da sembrare un semplice essere umano.

Prendiamo a mo’ di esempio quello che accade nel quarto episodio, Arachinids in the UK.

Il Dottore afferma che sia terribilmente crudele dare una morte rapida e indolore ai ragni mutanti presenti nella puntata e che invece non lo sia decidere di farli morire in una panic room. Mi ha lasciata veramente basita il fatto che lei pensi sia più misericordioso così. Intanto io immagino i ragni che, finite le scorte, iniziano a darsi al cannibalismo e non mi pare una fine migliore di quella proposta dal personaggio-parodia di Trump che, ironia della sorte, per quanto detestabile era più in character del Dottore stesso.

Ci sono stati solo un paio di momenti in cui sono riuscita veramente a vedere il Dottore che conosco e amo, nel sesto episodio, Demons of the Punjab, e nell’ottavo, The Witchfinders.

La frase “These people are under my protection now” mi ha fatto respirare un po’ di dottorosità, richiamando alla mente il Ten di “[…] make sure that you tell them this: it is defended!” o Eleven che dice “One more, just one: is this world protected?”.

A questo punto comunque non posso fare a meno di sperare che Thirteen venga eliminata dal canone di Doctor Who. Che sia tutto un sogno, un’allucinazione di Twelve che, nel bel mezzo della rigenerazione immagina ciò che potrebbe e non vorrebbe mai diventare. A un certo punto, Twelve cambierebbe con in mente un solo pensiero, quello di essere completamente diverso da ciò che ha visto.

Così noi avremmo un Tredicesimo Dottore, uomo o donna che sia, diverso da quello interpretato da Jodie Whittaker.

Jodie Whittaker

Ho conosciuto Jodie Whittaker grazie a Broadchurch, in cui l’ho trovata davvero una brava attrice drammatica.

Certo, non quanto Olivia Colman, ma sicuramente molto capace.

L’ho rivista in Accused e in Black Mirror e nel secondo la sua performance non era certo eccezionale.

Nel primo episodio di Doctor Who mi è sembrata convincente. Lei era l’unica ragione per cui ho riconosciuto la serie, quando il resto è stato tutto nuovo, tutto diverso.

Era la prima volta che vedevo Jodie Whittaker in un ruolo brillante e non drammatico, quindi, di nuovo, è stata una piacevolissima sorpresa.

Col passare delle settimane, purtroppo, le cose sono cambiate.

Più volte mi sono trovata a pensare che di tutti e cinque i Dottori del New Who, lei è la meno convincente. Mi sono trovata a fare questa riflessione durante la visione di molti episodi, immaginando le sue battute o i discorsi in bocca a Ecclestone, a Tennant, fatti da Smith o da Capaldi, pensando al tono di voce che avrebbero usato, alle parole dette sussurrando, all’intensità di certe frasi.

In questo senso, Jodie è decisamente monocorde, sempre sovraeccitata, sempre sopra le righe, anche quando non serve. Con la bocca e gli occhi spalancati, le sopracciglia perennemente alzate, e due sole espressioni: una, quella stupita, e l’altra quella costernata.

Per questo, l’idea di un addio di Jodie, insieme a Chibnall dopo la stagione 12, non mi dispiace affatto. Per quanto abbia potuto apprezzarla in Broadchurch, non posso dire che sia adatta al Dottore.

Mi piacerebbe vedere un attore diverso. Non per forza uno famoso, considerando tutti quegli attori e attrici britannici che fanno teatro e sono poco o per nulla conosciuti in TV. L’importante è la versatilità. Ci vuole qualcuno che, come Ecclestone, Tennant, Smith e Capaldi, sia in grado di trasmettere tutta la vasta gamma di emozioni e portarla sullo schermo. Dove sono l’entusiasmo e la curiosità del Dottore?

Sembra che Jodie proprio non riesca in nessun modo a fare suo il personaggio, anche semplicemente inserendo una sua caratteristica nel modo di fare del Dottore. Pensiamo a Capaldi, che aveva suggerito gli stivali che facevano parte del suo costume, o Matt Smith, che aveva proposto il farfallino e fatto completamente ridisegnare l’outfit dell’Undicesimo. Pensiamo di nuovo a Smith e alla sua gestualità.

Matt non riesce proprio a stare fermo, si tortura costantemente le mani. È una sua caratteristica, una cosa che fa anche durante le interviste e in tutti gli altri ruoli che gli sono affidati. Non è un’indicazione di un regista o di uno showrunner, lo fa di continuo ed è qualcosa che col Dottore sta benissimo, rende alla perfezione l’idea di un personaggio che non si ferma mai col corpo e con la mente. Ecco, basterebbe così poco a Jodie per risultare almeno un po’ più credibile, malgrado gli script, che restano il problema peggiore.

Il fatto è che, stando alle interviste rilasciate in occasione della promozione della serie, Jodie non solo non aveva idea di chi fosse il Dottore, ma non ha nemmeno studiato la storia del personaggio, dimostrando scarsa, scarsissima professionalità.

I was familiar with the show, but also not, if that makes sense. I’d seen a few episodes, but hadn’t followed a particular Doctor or watched a full season in total. Did I need to go home and watch every single episode? No. Chris said, Come in with fresh eyes. I’m going to write some scenes for the audition and I want you to approach it like you would anything. I was nervous because I felt like you had to “be” the Doctor, whatever that meant. Not knowing was a bit fearful. When I read it, I realized how incredibly engaging and inclusive it was.

I Companion

Ho detto che sarei tornata sul tema dell’inclusività parlando dei companion. Molti si sono lamentati del fatto che i tre compagni siano un grido estremo all’esigenza di essere politicamente corretti: una di origini indiane, uno nero e disabile, uno anziano e col cancro.

Non credo ci sia da meravigliarsi per la presenza di etnie diverse in una serie, soprattutto quando rispetta perfettamente la realtà del luogo in cui è ambientata. In questo senso, la serie rappresenta bene il multietnico Regno Unito. Però nessuno di loro è fondamentale alla trama, ed è per questo che le scelte di casting risultano dettate da un politically correct fine a se stesso.

Negli anni precedenti si è detto dappertutto che Moffat ci aveva abituati a companion fin troppo importanti, addirittura più del Dottore stesso e la cosa a molti non piaceva. In realtà, i detrattori di Moffat forse dimenticano che non è stato lui il primo a dare importanza a chi viaggiava col Dottore. Pensiamo a Rose nel finale della prima stagione o a Donna nella quarta. Donna, così come Amy o come Clara, è stata un mistero da risolvere, tanto che Ten la definisce la donna più importante dell’intero universo.

Il punto però è un altro. Se Moffat e Davies avevano conferito alle companion molta importanza, Chibnall non ha nemmeno provato a caratterizzare Yaz, Graham e Ryan.

Se i caratteri dei precedenti companion sono stati definiti fin da subito dagli altri due showrunner, quest’anno le cose sono state ben diverse. Se penso alla quinta stagione, Amy nel secondo e tanto odiato episodio (che a me invece è piaciuto moltissimo), The Beast Below, aveva già una personalità distinta. Invece quest’anno al finale di stagione i companion sembrano praticamente intercambiabili.

Probabilmente, il problema sta nel fatto di aver inserito ben tre compagni insieme al nuovo Dottore. Però è anche vero che il primissimo Dottore viaggiava con più persone contemporaneamente. Certo non dobbiamo scordare che il modo di fare televisione allora era diverso e che le caratterizzazioni dei personaggi spesso erano appena accennate.
Forse, per Thirteen, sarebbe stato il caso di iniziare a viaggiare con uno solo dei suoi assistenti e fare salire a bordo gli altri due più in là, magari nella seconda stagione quando già la nuova incarnazione del Dottore fosse stata ben delineata.

I villain

Già prima che la stagione iniziasse sapevamo che avremmo dovuto fare a meno dei nemici classici del Dottore. Niente Cyberman e niente Dalek. Sarei stata soddisfatta se una nuova minaccia fosse stata presentata, una che fosse credibile e paurosa quanto gli Angeli Piangenti. Purtroppo, tutte le specie aliene incontrate sono state occasioni sprecate. Innanzitutto perché non c’è stato un vero nemico, un alieno veramente cattivissimo o che incutesse terrore al solo guardarlo. In secondo luogo perché quasi tutti gli alieni incontrati avevano aspetto umano. Passi per uno, ma quando sono tutti non va affatto bene.

Qualche idea carina c’è stata. I testimoni dell’episodio Demons of the Punjab non erano affatto male, sia a livello estetico che come caratterizzazione… Peccato che avessero la stessa funzione della Testimonianza vista in Twice Upon a Time. Manca l’originalità e a uno showrunner al primo anno di gestione non posso perdonarlo.

La trama orizzontale e la scrittura della stagione

Qui arriva il tasto davvero dolente. L’ho già detto, quest’anno il Dottore era incompleto, non era il Dottore perché non c’erano il senso di meraviglia e l’avventura. Non ho mai avvertito la tensione, mai ho temuto per nessuno in questi dieci episodi. Tutto mi ha lasciata indifferente, non sono riuscita ad affezionarmi a nessuno né ad appassionarmi alla storia in sé. Probabilmente anche perché una trama orizzontale che mi facesse venir voglia di vedere come andava a finire non c’è stata. Perfino l’unica citazione degna di interesse, quella sul Timeless Child, si è dimostrata inutile, rivelandosi solo un modo per identificare i Signori del Tempo.

Che non ci sia una storia orizzontale può anche andare bene in certi contesti, esistono molte serie che, alla prima stagione, non hanno una trama orizzontale forte e si basano su episodi stand alone. Però in quel caso si fa un lavoro diverso sui personaggi, e comunque l’illusione di una narrazione più complessa ci viene data, qualcosa che incuriosisca lo spettatore c’è sempre, qualche doppio episodio magari, o semplicemente un accenno a qualcosa che verrà poi sviluppato dalla seconda stagione in poi. Penso a Angel o a Supernatural, a Buffy o Streghe. Il racconto verticale è stato una costante di tanti show nel passato e funziona tutt’oggi se sfruttato in maniera oculata.

Il problema, e torniamo allo showrunner, è che Chibnall ha dimostrato di non sapere proprio sviluppare i personaggi. Guardando l’ultimo episodio, ad esempio, è lampante che potrebbe benissimo stare dopo la premiere, perché non c’è stato alcuno sviluppo, e nella storia e nei personaggi, così come nei rapporti interpersonali tra i protagonisti.

Non posso, a questo punto, non fare il paragone con la scrittura di quelli che l’hanno preceduto. Entrambi hanno saputo, in modo diversi, occuparsi di una serie importante come Doctor Who, senza mai snaturarla come Chibnall ha fatto.

Durante questa prima stagione di gestione Chibnall non sono riuscita a trovare nulla di entusiasmante, cosa sempre accaduto negli anni precedenti, sia con Davies che con Moffat. Mi vengono in mente tutti i comprimari presenti negli episodi, ogni villain, personaggi unici, buoni, cattivi o ambigui che fossero. Questa stratificazione non c’è più. Dove sono gli Angeli Piangenti? Il capitano Jack Harkness, Madam de Pompadour, Jenny, Vastra, l’altra Jenny, River, Astrid, Wilfred, Brian, Sally Sparrow, Ashildr, Cassandra e tutti gli altri? Ogni personaggio rimaneva bene impresso nelle nostre menti.

Dove sono i rapporti profondi? Dove i discorsi epici?

Si è avuto tanto da ridire sulla stanchezza di Moffat, su quanto alcuni episodi con Capaldi avrebbero potuto essere scritti meglio, soprattutto pensando all’attore che il Moff aveva tra le mani. Eppure non è mai mancata la passione. Mai è venuto meno l’amore per la serie, mai la fantasia. I suoi episodi, perfino quando lo showrunner era RTD, hanno sembra brillato perché riuscivano a mescolare insieme tutti gli ingredienti propri di Doctor Who. The Empty Child e The Doctor Dances, The Girl in the Fireplace e Blink sono quelli che più di altri mi hanno fatto amare le prime tre stagioni. In particolare, The Girl in the Fireplace è stato l’episodio che mi ha fatto capire che ormai ero follemente innamorata di Doctor Who, che era diventata la mia serie preferita. Moffat mi ha dato i compagni di viaggio che ho preferito (Amy e Rory), il mio Dottore (Eleven), e il rapporto Dottore/companion che più mi ha coinvolta (Twelve/Clara).

Cosa è riuscito a fare invece Chibnall?

Creare una serie in cui ognuno si sentisse rappresentato, mettendo da parte una buona trama ed evitando accuratamente una buona scrittura. A detta dell’autore, l’intento era quello di tornare all’era classica della serie. Ma il modo di fare televisione è cambiato e non ci si può aspettare che Doctor Who torni indietro nel tempo di quasi 60 anni. Chibnall voleva fare nuovamente di Doctor Who uno show educativo, ma lo ha fatto in maniera fin troppo didascalica. Non credo che abbiamo bisogno di lunghi spiegoni per apprendere qualcosa. E in ogni caso Doctor Who non ha mai abbandonato il lato educativo. È sempre rimasto lì, la serie ci ha insegnato tanto durante le prime 10 stagioni, solo in modo più discreto, meno palese e, proprio per questo, secondo me più apprezzabile. Ci ha insegnato a riflettere senza fornirci la soluzione già bella e pronta. E non c’è modo migliore di impartire una lezione.

L’episodio di Natale

Ormai lo sappiamo con certezza assoluta: l’episodio natalizio quest’anno non ci sarà. Un vero peccato dato che era diventata una tradizione, il momento più bello e che aspettavo con più ansia il 25 dicembre.

Non è certa la ragione, ma stavolta dovremmo accontentarci di un episodio speciale che andrà in onda a Capodanno.

Una probabilità è che Chibnall sia in ritardo sulla tabella di marcia. La sua lentezza, dopotutto, è proverbiale. Avrebbe dovuto subentrate a Moffat già a Natale del 2017, ma pare che stesse ancora ultimando di scrivere l’ultima stagione di Broadchurch e che non volesse iniziare con un episodio natalizio. Ecco cosa ha detto Steven Moffat:

I was going to leave at the end of series 10 – I had my finale planned and what I wanted to do with it. I had a good notion of that.
Then I learned at a drinks event somewhere that Chris didn’t want to start with a Christmas, so at that point they were going to skip Christmas. There’d be no Christmas special and we would’ve lost that slot.
Doctor Who would’ve lost that slot if we hadn’t [done a special] because Christmas Day is now so rammed. So I said, probably four glasses of red wine in, ‘I’ll do Christmas!’ and then had to persuade Peter [Capaldi] that’s how we were leaving.
Then I had to work out how you could get mortally injured in one episode and spend an hour regenerating on Christmas Day, which I hopefully have done!

C’è una seconda possibilità, ed è ancora l’inclusione.

Sulla pagina Facebook ufficiale di Doctor Who, alla notizia dello slittamento dell’episodio a Capodanno, molto hanno fatto i salti di gioia, affermando che era ora che le cose cambiassero, così anche loro, che sono atei/musulmani/altro, potranno godersi l’episodio di Doctor Who.

Il fatto è che, come dovrebbe essere ovvio, c’erano mille trame da esplorare nell’episodio natalizio non direttamente collegate al Natale cristiano.

Alla fin fine, ogni anno, il focus non era tanto il Natale, ma un’invasione aliena da sventare o una minaccia da annientare. Dobbiamo ricordare poi che il Dottore non è esattamente… cristiano, anzi! Non segue nessuna religione terrestre. Chiaramente c’è qualcuno che ancora non ha visto The Satan Pit

La sigla

La sigla è il minore dei mali, ma le spetta comunque una menzione d’onore. Rispetto ad altri che l’hanno proprio odiata, devo dire di non averla trovata malvagia, anche perché ricorda quella classica. Solo mi chiedo: perché cambiare anche il Time Vortex? Era proprio necessario trasformarlo nel piano astrale del Dottor Strange? Non che il Vortice del Tempo non sia mai cambiato, anzi! Ma sembra quasi che il nostro Chibnall abbia deciso che nulla andava bene e che fosse necessario un vero e proprio reset… Cosa potevamo aspettarci da chi ha persino cambiato colore alla TARDIS?

 

La TARDIS e il cacciavite sonico

Tra i vari cambiamenti, c’è stato il consueto restyle di TARDIS e cacciavite sonico.

Pur avendo amato Nine e Ten, l’interno della TARDIS al tempo delle stagioni di Russel T. Davies proprio non mi piaceva. I colori caldi erano visivamente belli, ma le decorazioni proprio non mi convincevano. Lo stesso discorso lo faccio ora. Preferivo le forme più definite che c’erano con Eleven e Twelve.

In più, l’esterno ora vira al verde. Ho fatto una ricerca approfondita, sono andata a trovare i vecchi modelli, quelli della serie classica e ho avuto l’ovvia conferma che l’esterno è sempre stato spiccatamente blu. Sarò restia al cambiamento, ma la novità non mi piace molto. E poi, non posso fare a meno di pensare alle parole di Eleven nel finale della quinta stagione, The big bang.

Oh, that box, Amy. You’ll dream about that box. It’ll never leave you. Big and little at the same time. Brand new and ancient. And the bluest blue ever.

Non si tratta neppure solamente di un fattore estetico. È ciò che la TARDIS significa, il legame tra lei e il Dottore. Quest’anno la macchina del tempo, simbolo della serie è stata relegata a un ruolo di contorno, a un “monumento fantasma” e nulla più. Il Dottore dubita perfino di lei, quando sappiamo bene che la TARDIS ha sempre portato il Doc dove e quando era necessario che si trovasse.

Ma soprattutto, perché nessuno dice che “It’s bigger on the inside”?

E ora passiamo al cacciavite. Anche qui non è (solo) una questione di gradimento estetico. È che se la TARDIS è stata troppo poco presente, del cacciavite è stato fatto un uso esagerato. È magicamente diventato la soluzione a ogni problema. E non va bene. Sapete perché? Perché in questo modo al Dottore non resta molto da fare non ha bisogno di inventarsi chissà quale genialata per tirarsi fuori dai guai e salvare il mondo e di conseguenza uno degli aspetti basilari di ogni personalità del Dottore viene meno: la profonda conoscenza di tutto.

Le location e gli extra della stagione 11 di Doctor Who

doctor who locationSe penso al passato, nella serie c’erano sempre molte guest star e soprattutto tantissime comparse e ogni spazio, ogni location veniva sfruttata al massimo delle possibilità.

Durante questa stagione abbiamo potuto viaggiare in luoghi sulla Terra diversi dalla solita, noiosa Gran Bretagna. Ero felicissima di vedere l’India e la Norvegia. Peccato che sia stato tutto mal sfruttato e che non ci sia stato mostrato niente se non una casupola in mezzo al nulla con un paio di personaggi al suo interno.

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Pubblicato da Giulia Greco

Geek. Il caffè è la mia droga, serie TV, film, libri, anime, manga la mia passione. Classe '89, sono cresciuta andando a caccia di vampiri con la Scooby Gang e passeggiando tra le vie di Stars Hollow con le testa tra le nuvole, un po' come Luna Lovegood.

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