1899 è l’erede di Dark e di Lost5 min di lettura —

1899 è l’erede di Dark e di Lost — 5 min di lettura —

Con alle spalle quella che è probabilmente la miglior serie prodotta da Netflix di sempre, le aspettative formatesi attorno a 1899 ancor prima della sua distribuzione mondiale erano altissime, ma le prospettive possibili erano solamente due: Baran bo Odar e Jantje Friese ci avrebbero regalato un degno erede di Dark o saremmo andati incontro a una scottante delusione?

Fortunatamente, pur trattandosi di un’opera incompleta, i cui misteri sono ancora tutti da scoprire, 1899 è riuscita nel difficile compito di eguagliare l’illustre predecessore e di trasportarci, ancora una volta, in un universo interessante, complesso e stratificato. Una visione stimolante per lo spettatore, che viene quasi sfidato dagli sceneggiatori a perdersi tra teorie, domande apparentemente senza risposta e inenarrabili segreti tutti ancora da svelare.

Le influenze di 1899: Dark e Lost

Dopo la sua prima stagione, possiamo affermare con convinzione non solo che 1899 sia il degno erede di Dark, ma che abbia tratto ispirazione da numerosi racconti di fantascienza (da Dollhouse a Matrix, passando per Lost, Westworld, Black Mirror e Inception) per costruire il proprio universo narrativo, con le sue regole, i misteri e le differenti chiavi di lettura.

In 1899 rivivono ancora una volta tematiche legate alla mente, al libero arbitrio e al controllo, e così sentiamo le eco di Yorkie e Kelly a San Junipero, le cui coscienze vivono solo all’interno di una simulazione; di Dolores, alla ricerca di una chiave per arrivare alla verità; di Echo, Victor e Sierra, consapevoli di aver rinunciato al proprio passato.

Le maggiori influenze, tuttavia, 1899 le deve chiaramente a Dark e a Lost, dei quali si designa come naturale successore.

Con Dark, la serie condivide non solo i capo sceneggiatori e qualche attore, ma anche la struttura a matrioska. Se nella storia di Jonas alla risoluzione del primo mistero (La domanda non è come. La domanda è quando) ne seguiva uno ancor più sconvolgente (La domanda non è quando, ma da quale mondo), in 1899 ci chiediamo cosa sia reale e cosa no, dove finisca la simulazione e dove inizi il mondo reale, chi sia il creatore del progetto Kerberos.

Il tutto, avvolto attorno alla filosofia di Nietzsche nel caso del primo (con l’eterno ritorno dell’uguale tradotto in Dark nell’idea della ciclicità del tempo) e al mito della caverna di Platone nel secondo, in cui le ombre diventano metafora della simulazione e la luce della realtà.

Se 1899 deve tanto a Dark, sono moltissimi anche i punti in comune con Lost, a partire dalle premesse, passando per gli espedienti narrativi e finendo con la caratterizzazione dei personaggi.

Maura scappa da un passato turbolento, esattamente come i passeggeri del volo Oceanic 815, verso una destinazione che rappresenta la via di fuga da una vita che vuole lasciarsi alle spalle.

Ma per arrivare a quella meta, il viaggio si rivela, in entrambi i casi, più difficile del previsto e costellato da migliaia di enigmi. Uno dei più importanti nella prima stagione di 1899 è legato alla tecnologia utilizzata da Daniel per cambiare il codice della simulazione del progetto Kerberos e salvare Maura. Impossibile non rivederci la botola che conduce alla Stazione 3 del progetto Dharma: Il Cigno e l’inserimento della sequenza numerica volta a evitare la catastrofe nucleare in Lost.

E pensiamo, ancora, alle analogie che legano i personaggi: in entrambe le serie troviamo per protagonista un medico che ha un rapporto burrascoso col padre (Jack e Maura); una giovane donna incinta (Claire e Tove); una coppia di finti fratelli innamorati (Boone e Shannon da una parte, Ángel e Ramiro dall’altra), un bambino dotato di abilità sovrannaturali (Walt e Elliot), un uomo che prende l’identità di un morto fingendosi prete (Ramiro e Mr. Eko) e tanti altri ancora.

Il meglio della serie di Baran bo Odar e Jantje Friese

Ciò non significa che la serie sia un’accozzaglia di storie già viste e che non abbia una propria identità, ma che, al contrario, abbia appreso la lezione dei maestri del genere e l’abbia fatta propria trovando dei punti di forza nella sua narrazione.

Dietro la lettura fantascientifica figlia di Lost, in 1899 esiste un livello più profondo che fa della serie un racconto stratificato. Il lavaggio del cervello che subiscono (volenti o nolenti) i protagonisti si può tradurre in una visione psicoanalitica, nella reazione della mente umana agli eventi traumatici, in una sorta di ritorno del rimosso che bussa per riemergere dalla parte inconscia del cervello.

Maura, Eyk e tutti i passeggeri del Prometheus si allontanano dal passato perché incapaci di venirvi a patti. Il loro viaggio in mare (o nello spazio?) rappresenta una fuga dal dolore, un tentativo di dimenticarlo, ma anche l’impossibilità di farlo nel momento in cui la loro mente prova a svegliarsi e il loro corpo dà loro degli indizi per farlo.

Ma l’aspetto più interessante e originale lo troviamo, probabilmente, nel multiculturalismo della storia. I protagonisti di 1899 provengono tutti da paesi differenti: Francia, Inghilterra, Spagna, Portogallo, Germania, Cina. Da una parte è interessante scoprire come la sceneggiatura della serie si adatti alle peculiarità e alle differenze dei personaggi: con Maura 1899 è un thriller psicologico, con Tove e Krester una storia sulla lotta di classe, con Clémence si trasforma in un dramma in costume, con Àngel e Ramiro assume addirittura le sembianze di una telenovela. Dall’altra è stimolante vedere come quelle stesse differenze e le difficoltà della lingua non siano ostacoli insormontabili, ma possano essere superati attraverso la tolleranza, l’empatia e la comunicazione non verbale (motivo per cui consigliamo la visione in lingua originale).

Se proprio dovessimo trovare un difetto alla serie, allora starebbe nella prevedibilità del plot twist finale, che si vede arrivare già a metà del viaggio, ma è pur vero che la storia di 1899 è ancora all’inizio, e siamo sicuri che avrà ancora modo di sorprenderci!

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Pubblicato da Manuela Greco

Classe ’92, appassionata di serie TV, film, libri, anime, manga e di tutto ciò che è nerd da che ne ha memoria.

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