Unorthodox | Recensione4 min di lettura —

Unorthodox | Recensione — 4 min di lettura —

Abituati come siamo a confrontarci con serie televisive e pellicole cinematografiche che quasi sempre ci mostrano culture e stili di vita a noi familiari, potremmo sorprenderci nello scoprire Unorthodox, miniserie in quattro episodi disponibile su Netflix, che racconta la storia di Esty Shapiro, un’ebrea ultra ortodossa appartenente alla comunità chassidica Satmar di Williamsburg a Brooklyn, New York.
In questo senso Unorthodox, che possiamo già considerare la serie rivelazione dell’anno, si discosta dal mero prodotto d’intrattenimento e diventa un viaggio alla scoperta di una cultura che ci è estranea, che ignoravamo del tutto e che impariamo a conoscere nel suo aspetto più crudo.

L’aspetto preponderante della storia di Esty, basata sull’autobiografia di Deborah FeldmanEx ortodossa. Il rifiuto scandaloso delle mie radici chassidiche“, è l’assoluta sottomissione della donna, un elemento che siamo soliti associare agli estremismi musulmani e che qui è causa scatenante della fuga della protagonista dalla propria soffocante realtà e della sua ricerca di libertà.

Da un lato, Unorthodox ci mostra le difficoltà di Esty a Williamsburg, con le violenze psicologiche che è costretta silenziosamente a subire, dall’altro quella di Esty, interpretata da una straordinaria Shira Hass, è una storia di emancipazione.

La nostra protagonista, pur avendo vissuto tutta la sua vita a Williamsburg, pur non avendo avuto modo di conoscere null’altro del mondo circostante sia pure in una grande metropoli come New York, pensa in un primo momento di desiderare ciò che hanno tutte le altre donne della comunità, una famiglia.

Cresciuta senza una madre e con la convinzione che il ruolo della donna nella società sia esclusivamente quello di dare la vita a un’altra creatura (per ripopolare la Terra dei sei milioni di ebrei vittime dell’Olocausto), Esty si scontra ben presto con una realtà ben più dura e disagevole. Il desiderio di ribellarsi e di allontanarsi da un ruolo che le sta stretto, nato dalle continue pressioni e limitazioni che le vengono imposte, la spingono a desiderare di fare esperienza di una vita diversa, che non è stata già scelta per lei.

Solo una volta raggiunta Berlino Esty può cercare di dimenticare le libertà negate in ogni aspetto della sua vita precedente, quelle sociali e matrimoniali. A Berlino può scoprire e meravigliarsi di ogni piccola cosa, anche di quelle che per noi risultano banali e naturali: la delizia di cantare di fronte a un pubblico, di mostrare i capelli al vento, di scoprire che il sesso può e deve essere piacevole, l’indossare un paio di jeans e delle scarpe alte e magari anche tingere le labbra di rosso, la possibilità di fare un bagno tra la gente, l’urlo liberatorio che le disegna un sorriso in volto.

Così Berlino, che per i sospettosi ortodossi di Williamsburg è semplicemente una città che ha fatto da cimitero a migliaia di ebrei, per Esty diventa sinonimo di indipendenza e di libertà. A Berlino ritrova la madre, a Berlino trova l’amicizia e l’amore, a Berlino scopre un sistema lontanissimo da quello oppressivo e maschilista di Williamsburg che diventa un problema anche per gli uomini.

È innegabile, infatti, che Unorthodox abbia il merito di mostrare non solo il percorso di emancipazione di Esty, ma anche la storia di Yanki (Amit Rahav), vittima di una comunità che vuole l’uomo al comando. Yanki è un oppressore perché deve esserlo secondo i dettami del culto che venera. Yanki deve essere un re in casa e sua moglie deve obbedirgli e fare in modo che lui si senta tale. Yanki viene cresciuto ed educato in modo da obbedire alle regole impostegli senza mai metterle in dubbio, senza mai chiedersi se esista un modo diverso di vivere la relazione uomo-donna e marito-moglie.
E quando alla fine si convince di poter essere diverso per Esty, per far funzionare le cose con una ragazza che gli ha sempre detto di non essere come tutte le altre, è troppo tardi. Esty ha già intrapreso un nuovo percorso di vita e non può tornare indietro in un luogo che le nega tutto ciò che desidera essere e fare. Questo Yanki ancora non è ancora pronto a capirlo.

Creata da Anna Winger e Alexa Karolinski, Unorthodox è una storia dolorosa, un racconto aspro e violento quando mostra con attenzione i dettagli della vita della protagonista a Williamsburg, ma è soprattutto una storia di contrasti, di culture e di lingue (tedesco, inglese e yiddish) che si mescolano, di rinascita e riscatto.

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Pubblicato da Giulia Greco

Geek. Il caffè è la mia droga, serie TV, film, libri, anime, manga la mia passione. Classe '89, sono cresciuta andando a caccia di vampiri con la Scooby Gang e passeggiando tra le vie di Stars Hollow con le testa tra le nuvole, un po' come Luna Lovegood.

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