One Day su Netflix è l’erede di Normal People, la recensione3 min di lettura —

One Day su Netflix è l’erede di Normal People, la recensione — 3 min di lettura —

Chi si sente orfano di Normal People e Scrivimi ancora troverà in One Day su Netflix il loro degno erede.

Tutte e tre le serie sono tratte da romanzi di successo e di nuovo tutte e tre raccontano di relazioni tra anime gemelle che si rincorrono per decenni prima di concedersi (forse) il loro per sempre felici e contenti.

One Day si ispira al romanzo di David Nicholls, Un giorno, e al film omonimo del 2011 con Anne Hathaway e Jim Sturgess.

Stavolta a prestare il volto a Emma Morley e Dexter Mayhew ci sono i giovani interpreti Ambika Mod e Leo Woodall, che ci restituiscono due personaggi reali, con pregi e difetti, vizi e virtù, contraddizioni, insicurezze e sogni nel cassetto.

One Day, la recensione della miniserie di Netflix

Dal primo incontro fino al tragico epilogo passando per una serie di fraintendimenti, furiose liti e continui ripensamenti, Dexter ed Emma danno il via a un rapporto che tra alti e bassi li tiene legati per circa un ventennio.

La serie, così come il film e il libro prima di lei, ci racconta sempre e solo il 15 luglio di ogni anno dal 1988 al 2007 (con una piccola eccezione per alcuni flashback sulla vigilia di Natale nell’ultima puntata).

In ogni episodio scopriamo a che punto della loro vita si trovano i due protagonisti in quella specifica data, e ritrovarli ogni volta a distanza di un anno ci permette di scoprire sempre nuove sfumature del loro rapporto e delle loro personalità: sono maturati? Sono tornati indietro? Hanno realizzato i propri progetti? Si sono arenati? Sono soddisfatti della loro vita?

Il formato della miniserie, con quattordici episodi della durata di circa mezz’ora ciascuno, offre a noi spettatori la possibilità di stabilire un legame più intenso con Dex ed Emma, ci regala l’illusione di seguirli realmente nel corso di vent’anni (merito anche della cura per le acconciature, i costumi, le location e gli oggetti di scena che scandiscono lo scorrere del tempo), di vedere il loro rapporto maturare e migliorare. Un risultato che la struttura di un film di un paio d’ore non potrebbe mai concederci, una scelta che ci fa percepire la storia narrata in One Day come verosimile.

Chiunque potrebbe rivedersi in Dex ed Emma, che vivono delle situazioni così concrete e così vicine alla quotidianità che ci sembra siano reali quanto lo siamo noi.

One Day, come i già citati Normal People e Scrivimi ancora, non punta a grandi stravolgimenti o colpi di scena all’interno della trama (tranne che nel finale), ma mette in scena degli spaccati di vita quotidiana come tanti: le differenze sociali, la difficoltà di mantenere salda la propria bussola morale, gli errori, la mancanza di giudizio, i rimpianti, i tentativi di rimediare agli sbagli commessi, la brutalità della vita adulta, le cadute, le risalite e tanto altro ancora.

Ed è forse proprio tale peculiarità – l’aderenza al reale – che ci lascia assaporare nel finale quel senso di malinconia che permea l’epilogo della storia dei due protagonisti. Perdiamo Emma insieme a Dexter, sentiamo il suo dolore nel tentativo di lasciarla andare come fosse il nostro, ma sopra ogni cosa ci chiediamo se la loro storia sarebbe potuta andare diversamente, se il loro amore avrebbe potuto avere più tempo per sbocciare e maturare.

In quel finale agrodolce percepiamo la caducità della vita, i rimorsi, ma anche il valore dei ricordi, l’importanza di tenere viva la memoria di chi non c’è più, di volersi di nuovo bene e di andare avanti con uno sguardo speranzoso suo futuro.

 

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Pubblicato da Manuela Greco

Classe ’92, appassionata di serie TV, film, libri, anime, manga e di tutto ciò che è nerd da che ne ha memoria.

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