Le Cronache del Ghiaccio e del Fuoco – Il torneo di Harrenhal e il ratto di Lyanna49 min di lettura —

Le Cronache del Ghiaccio e del Fuoco – Il torneo di Harrenhal e il ratto di Lyanna — 49 min di lettura —

Uno degli aspetti più affascinanti del mondo de Le Cronache del Ghiaccio e del Fuoco è il mistero che avvolge alcuni personaggi, nomi leggendari, la cui storia è avviluppata da tenebre e segreti inconfessabili.

L’universo della storia, ricco e articolato com’è, ci offre però alcuni indizi fondamentali per ricostruire parte della storia di alcune delle figure più enigmatiche.

Rhaegar Targaryen, il principe del Drago, e Lyanna Stark sono certamente tra queste.

A ben pensarci, la storia come noi la conosciamo non avrebbe avuto inizio se non fosse stato per l’incontro tra la giovane Stark e il taciturno erede al Trono di Spade.

Ma chi erano Rhaegar e Lyanna e quando e dove ha inizia la loro triste storia? Vediamolo insieme.

Il ritratto di Rhaegar Targaryen

I contorni della del Rhaegar Targaryen, primogenito di Aerys II ed erede al Trono di Spade, mutano continuamente.

Inizialmente presentatoci come un uomo meschino e crudele, poi come un eroe senza macchia e senza paura, tanto da meritarsi l’appellativo di Ultimo dei Draghi, del principe Rhaegar viene dipinto un ritratto multidimensionale attraverso i ricordi di Barristan Selmy, che narra di Rhaegar sotto le mentite spoglie di Arstan Barbabianca.

Alla sorella Daenerys, Rhaegar è stato presentato come un eroe, mentre nell’immaginario comune del popolo di Westeros è ormai un mascalzone.

Ma Barristan ci dice che, come tutti gli altri personaggi di A Song of Ice and Fire, non è né buono né cattivo, non il più grande e valoroso dei cavalieri, ma neppure il più miserabile.

«Si diceva che nessun uomo potesse realmente conoscere il principe Rhaegar. Ho avuto il privilegio di vederlo ai tornei, e spesso l’ho udito suonare l’arpa dalle corde d’argento». […]

«Viserys […] diceva che ser Arthur era l’unico cavaliere del reame a essere pari a nostro fratello».

Barbabianca chinò il capo. «Non spetta a me mettere in dubbio le parole del principe Viserys».

«Re Viserys» lo corresse Dany. «Era un re, anche se non ha mai regnato. Viserys, terzo del suo nome. Ma che cosa intendi, Arstan?».

La risposta del vecchio scudiero non era quella che lei si era aspettata. «Una volta, ser Jorah definì Rhaegar l’ultimo dei draghi. Dev’essere stato un guerriero senza pari per venire definito in quel modo, non è forse così?»

«Maestà» disse Barbabianca. «Il principe della Roccia del Drago era uno splendido guerriero, ma…»

«Va’ avanti» lo esortò Dany. «Puoi parlare liberamente».

«Come tu comandi.» Il vecchio, la fronte aggrottata, si appoggiò al suo bastone di legno di quercia. «Un guerriero senza pari… Si tratta di splendide parole, maestà, ma non sono le parole a vincere le battaglie».

«Sono le spade a vincere le battaglie» intervenne duramente ser Jorah. «E il principe Rhaegar sapeva bene come usarne una».

«Lo sapeva, ser, è vero, ma… Ho assistito a mille tornei, e ho visto molte più guerre di quante avrei voluto. E quanto forte, quanto veloce, quanto esperto un cavaliere possa essere, ce n’è sempre almeno un altro capace di batterlo. L’uomo che trionfa in un torneo, altrettanto facilmente può cadere nel torneo successivo. A decretare la sconfitta può essere un punto scivoloso nell’erba, o quello che si è mangiato per cena la sera prima. Così come un giro di vento può diventare la chiave per la vittoria». […]

Daenerys tornò a rivolgersi all’anziano scudiero «So ben poco di Rhaegar. Solo le storie che Viserys mi ha raccontato di lui. E quando nostro fratello morì, lui era appena un ragazzo. Com’era veramente?».

«Capace» rispose il vecchio, dopo una pausa di riflessione. «Questo soprattutto. Determinato, ligio al dovere, concentrato. Si racconta una storia di lui… Ma non dubito che ser Jorah la conosca bene.»

«È da te che preferirei udirla».

«Come desideri» rispose Barbabianca. «Da ragazzo, il principe della Roccia del Drago era un vero e proprio topo di biblioteca. Aveva cominciato a leggere talmente in tenera età da dar vita a una storiella faceta: che la regina Rhaella avesse inghiottito alcuni libri e una candela quando Rhaegar era ancora nel suo grembo. Rhaegar non aveva alcun interesse a giocare con gli altri bambini. I maestri della Cittadella erano stupefatti dalla sua intelligenza. Per contro, la battuta preferita dei cavalieri di suo padre, re Aerys, era che Baelor il Benedetto era nato una seconda volta. Poi, un giorno, il principe Rhaegar trovò in una pergamena qualcosa che cambiò la sua vita. Nessuno sa cosa, con esattezza, ma, una mattina, il ragazzo apparve all’improvviso nel cortile degli addestramenti mentre i cavalieri indossavano le armature. Si presentò a ser Willem Darry, maestro d’armi della Fortezza Rossa, e disse: “Ho bisogno di un’armatura e di una spada. Sembra che io debba diventare un guerriero”».

«E che guerriero divenne!» esclamò, Dany, deliziata.

«Per certo». Barbabianca fece un inchino.

Il punto di vista di Barristar ci permette di vedere Rhaegar sotto una luce nuova, diversa: Rhaegar era un buon condottiero, ma non era infallibile e non era certamente un eroe. Era semplicemente umano.

Arstan demolisce la leggenda, il mito e svela l’uomo, la persona triste e malinconica che Rhaegar era, narra dell’amore per le canzoni, della passione per la lettura e, infine, dell’ossessione per la profezia del Principe Promesso, ma di questo parleremo più tardi.

«[…] Non sono certo che la felicità facesse parte della personalità di Rhaegar».

«Lo fai sembrare un uomo molto acido» protestò Dany.

«Non acido, no, ma… c’era della malinconia nel principe Rhaegar, un senso di…» Il vecchio esitò nuovamente.

«Dillo» incalzò lei «un senso di?…»

«… di catastrofe. Era nato nel dolore, mia regina, un’ombra che rimase su di lui per tutta la vita».

Viserys le aveva parlato della nascita di Rhaegar soltanto una volta. Forse era una storia che lo rattristava troppo. «Era l’ombra di Sala dell’Estate a tormentarlo, vero?»

«Sì. E al tempo stesso Sala dell’Estate era il luogo che il principe amava più di ogni altro. Vi si recava saltuariamente, con la sua arpa come unica compagna. Neppure i cavalieri della Guardia reale andavano con lui. Gli piaceva dormire nella sala in rovina, sotto la luna e le stelle, e ogni volta che ritornava ad Approdo del Re, portava con sé una nuova canzone. A udirlo suonare la sua arpa dalle corde d’argento, a udirlo cantare di crepuscoli, lacrime e morti di re, era impossibile non percepire che era di se stesso che stava cantando, e di coloro che amava».

Lyanna Stark

La vita, ma soprattutto la morte di lady Lyanna Stark sono un’incognita.

Ciò che sappiamo di lei lo apprendiamo principalmente dai ricordi di suo fratello Eddard, dalle sue parole e dai suoi sogni.

Così possiamo farci un’idea di chi fosse Lyanna Stark in vita.

Terzogenita di Rickard e Lyarra Stark, Lyanna è la sorella minore di Brandon ed Eddard ed è qualche anno più grande di Benjen.

È descritta come una bellezza del Nord, coi caratteristici occhi grigi che hanno fanno innamorare Robert Baratheon e Rhaegar Targaryen. Lunghi capelli scuri incorniciano il suo bel volto, ma ciò che la rende veramente bella e desiderabile è l’innegabile carisma.

In un mondo, quello di Westeros, in cui il canone della bellezza per una donna equivale all’essere garbata e corretta, a dire sempre ciò che ci si aspetta secondo una certa etichetta, Lyanna rappresenta l’eccezione alla regola. È fiera e selvaggia, è un lupo che non può essere domato. E se per la maggior parte dei lord dei Sette Regni tutto ciò è considerato inappropriato e socialmente inaccettabile, per altri è attraente e intrigante.

Suo fratello Ned dice che è il “sangue di lupo”, il legame con il Nord e con i Primi Uomini a renderla così impulsiva e ostinata, ma anche coraggiosa e altruista. Tutte caratteristiche che il lord di Grande Inverno rivede nella figlioletta Arya.

«Oh, Arya, piccola mia, soffiano venti selvaggi dentro di te. Il “sangue del lupo”, queste sono le parole che avrebbe usato mio padre Lyanna ne aveva qualche goccia, e mio fratello Brandon molto più di qualche goccia. Solo che il sangue del lupo li ha portati entrambi in un sepolcro ben prima del loro tempo».

Ad Arya non sfuggì la tristezza nella sua voce. Molto raramente parlava di suo padre, di suo fratello, di sua sorella, tutti morti molto prima che lei fosse nata. «Forse anche Lyanna avrebbe portato la spada, se mio padre gliel’avesse permesso» riprese lord Eddard. «A volte, Arya, in te io vedo lei. Addirittura le assomigli».

«Lyanna era bella» disse Arya, sorpresa. Tutti lo dicevano. Mentre nessuno l’aveva mai detto di Arya.

«Lo era» confermò lord Eddard. «Bella e fiera, e morta prima del tempo».

La loro è una somiglianza così marcata che persino Bran le confonde sbirciando sprazzi del passato attraverso gli occhi dell’albero-diga.

Ora due bambini gridavano e duellavano nel Parco degli dèi, usando rami secchi a mo’ di spada. La femmina era la maggiore e la più alta dei due. “Arya!” pensò Bran con nostalgia, guardandola saltare su un sasso e vibrare un fendente maschio. Ma doveva esserci un errore. Se la bambina era Arya, il bambino era Bran stesso… e lui non aveva mai avuto capelli così lunghi. “E Arya non mi ha mai battuto a scherma come sta facendo quella bambina.”

Lei mise a segno un fendente alla coscia così forte che il bambino perse l’appoggio e finì nel laghetto, cominciando a schizzare acqua e a gridare. «Sta’ zitto, sciocco» disse la bambina, gettando via il ramo. «È solo acqua. Vuoi che la Vecchia Nan ti senta e corra a dirlo a nostro padre?» Si mise in ginocchio per tirare fuori il fratello, ma prima che ci riuscisse erano tutt’e due scomparsi.

Basta quindi dare un’occhiata ad Arya per farci un’idea della tempra di Lyanna Stark, delle sue passioni, dei suoi modi di fare, del suo coraggio e soprattutto della forza che si nasconde dietro alla giovane donna.

Chi non riesce mai veramente a comprendere Lyanna è, a detta dello stesso Ned, Robert Baratheon, che ostinatamente la ama solo per la sua bellezza.

«Robert, tu non conoscevi Lyanna quanto me. Hai visto la sua bellezza, ma non l’acciaio che si trovava sotto di essa. […]»

Infatuatosi della ragazza, Robert la chiede in sposa a Rickard, ma Lyanna si mostra restia all’unione con il giovane lord, già padre di una figlia bastarda, Mya Stone.

«Robert non si accontenterà mai di un solo letto» gli aveva detto sua sorella Lyanna tanto tempo prima, quando il loro padre l’aveva promessa al giovane lord di Capo Tempesta.

«So che ha avuto una bambina da una ragazza della valle di Arryn.» Ned stesso aveva tenuto tra le braccia quella bambina. Non poteva mentire a sua sorella. Però l’aveva rassicurata. Ciò che Robert aveva fatto prima che lui e Lyanna fossero promessi sposi non importava. Robert era un uomo d’onore e l’avrebbe amata con tutto se stesso.

«L’amore è una cosa dolce, caro fratello» aveva risposto Lyanna «ma non può cambiare la natura di un uomo.»

Robert, comunque, continua ad amare Lyanna che, dopo il torneo di Harrenhal, un po’ come Elena di Troia, diventa causa scatenante della guerra tra il lord di Capo Tempesta e il principe ereditario.

Il torneo di Harrenhal

Il 281 è conosciuto come l’anno della falsa primavera. Lord Whent allestisce un torneo nella fortezza di Harrenhal, cui, assieme a lord e cavalieri, è presente anche Lyanna Stark.

La storia del torneo è raccontata da Meera Reed nella forma di una fiaba che Bran Stark sembra non conoscere.

«C’era una volta uno strano giovane che viveva nell’Incollatura. Era basso di statura, come tutti i crannogmen, ma era valoroso e astuto e anche forte. Era cresciuto cacciando, pescando e scalando gli alberi. E aveva imparato tutte le magie del mio popolo». […]

«Il giovane conosceva la magia del popolo delle paludi» riprese Meera. «Ma voleva di più. Il nostro popolo raramente viaggia lontano da casa, questo tu lo sai. Siamo persone piccole, e ad alcuni le nostre usanze possono apparire strane, per cui la gente grande non è tenera verso di noi. Ma questo giovane era molto temerario, così, un giorno, dopo essere diventato uomo, decise che avrebbe lasciato le paludi per visitare l’isola dei Volti.»

«Nessuno può visitare l’isola dei Volti» obiettò Bran. «È là che vivono gli uomini verdi.»

«Erano proprio gli uomini verdi che lui intendeva trovare. Così indossò una tunica con delle scaglie di bronzo cucite, come la mia, prese uno scudo di cuoio e una lancia a tre punte, come la mia, e salito a bordo della sua piccola canoa di pelli, discese a remi la Forca Verde.»

Bran chiuse gli occhi, cercando di vedere quell’uomo sulla sua piccola barca di pelli. Nella sua mente, il crannogman era come Jojen, solo con più anni e più forza, ed era vestito come Meera.

«Superò le Torri Gemelle di notte, in modo che i Frey non lo attaccassero. Quando raggiunse il Tridente, uscì dal fiume, sollevò la canoa sopra la testa e si rimise in marcia. Gli ci vollero molti giorni, ma alla fine raggiunse l’Occhio degli Dèi. Quindi mise la barca nel lago e si diresse verso l’isola dei Volti». […]

«Per tutto l’inverno il crannogman rimase sull’isola, ma con l’arrivo della primavera, lui udì il richiamo del vasto mondo e seppe che era giunto il momento di ripartire. La sua canoa di pelle era esattamente dove l’aveva lasciata, così disse i suoi addii e si avviò a remi verso la spiaggia. Remò e remò, e finalmente vide le torri di un castello che si ergeva accanto al lago. Continuando ad avvicinarsi, si rese conto di quanto erano alte le torri di quel castello, fino a quando capì che doveva trattarsi del più grande dei castelli della terra.»

«Harrenhal!» Bran si rese conto all’istante. «Era Harrenhal!»

«Davvero?» Meera sorrise. «Sotto le mura della fortezza, vide tende di tanti colori, vividi vessilli che schioccavano al vento e cavalieri in corazza e maglia di ferro in sella a cavalli bardati. Gli arrivò l’odore di carne arrostita, e udì il suono delle risate e gli squilli delle trombe degli araldi. Un grande torneo stava per cominciare, e campioni da tutti gli angoli del mondo erano venuti per gareggiarvi. C’era anche il re, assieme a suo figlio, il principe del Drago. Erano venuti anche i cavalieri delle Spade Bianche, a dare il benvenuto nei loro ranghi a un nuovo confratello. C’era il lord della tempesta e anche il lord della rosa. Il grande leone di Castel Granito aveva litigato con il re e si era tenuto lontano dal torneo, ma molti dei suoi alfieri e cavalieri erano venuti ugualmente. Il crannogman non aveva mai visto un simile sfarzo, e sapeva che difficilmente lo avrebbe visto di nuovo. Una parte di lui non chiedeva di meglio che riuscire a farne parte».

Un desiderio che Bran conosceva molto bene. Quando era piccolo, sognava sempre di poter diventare un cavaliere. Ma questo era stato prima della caduta, prima che lui perdesse le gambe.

«Quando il torneo ebbe inizio, la principessa del castello fu nominata regina dell’amore e della bellezza. Cinque campioni avevano giurato di difendere la sia corona: i suoi quattro fratelli di Harrenhal e il suo celebre zio, uno dei bianchi cavalieri della Guardia reale».

«Era una bella fanciulla?»

«Oh, sì» disse Meera, superando una pietra con un salto «ma ce n’erano altre addirittura più belle di lei. Una era la moglie del principe del Drago, la quale aveva portato con sé una dozzina di cortigiane a servirla. Tutti i cavalieri le implorarono di dare loro un pegno da legare alle loro lance».

«Non è che questa sarà una di quelle storie d’amore, vero?» fece Bran con sospetto. «Quelle a Hodor non piacciono molto».

«Hodor» sottoscrisse Hodor.

«A lui piacciono le storie in cui i cavalieri combattono contro i mostri».

«Certe volte, Bran, i cavalieri sono i mostri. Il piccolo crannogman stava camminando per i campi, godendosi quella calda giornata di primavera e senza fare del male a nessuno, quando venne avvicinato da tre scudieri. Nessuno di loro aveva più di quindici anni, ma tutti e tre erano più grossi di lui. Questo era il loro mondo, così la vedevano, e lui non aveva nessun diritto di trovarsi lì. Perciò gli portarono via la lancia e lo gettarono a terra e lo insultarono, chiamandolo mangia-ranocchie».

«Non saranno stati i Walder?» Sembrava davvero una bravata che i due giovani Frey sarebbero stati capacissimi di fare.

«Nessuno pronunciò alcun nome, ma il crannogman s’impresse bene in mente le loro facce, in modo da potersi vendicare in seguito. Ogni volta che cercava di rialzarsi, loro lo spingevano di nuovo a terra, e quando lui si raggomitolò su se stesso, lo presero a calci. Poi, all’improvviso, udirono un ruggito. “È uno degli uomini di padre che state prendendo a calci” ruggì la lupa.» (nota bene: nella traduzione italiana c’è un grosso errore perché leggiamo: “È mio padre che state prendendo a calci”, n.d.r.)

«Una lupa a quattro zampe, o a due?»

«A due» precisò Meera. «La lupa affrontò gli scudieri con la sua spada da torneo e li mise in fuga tutti, e tre. Il crannogman era pesto e sanguinante, così lei lo portò nella sua tana per ripulirgli le ferite e fasciargliele con lino bianco. Là, lui incontrò il branco dei suoi fratelli: il lupo selvatico che li guidava, il lupo più quieto e il cucciolo che era il più giovane dei quattro.

«Quella sera, in onore dell’apertura del torneo, a Harrenhal ci sarebbe stato un banchetto. La lupa insistette perché vi partecipasse anche il giovane delle paludi. Anche lui era di nobile lignaggio, quindi aveva diritto a un posto sulle panche dei nobili come qualsiasi altro cavaliere. Era difficile dire di no, alla fanciulla-lupo, così il giovane crannogman lasciò che il cucciolo del branco gli trovasse degli abiti adatti al banchetto del re, e poi tutti loro si recarono al grande castello.

«Sotto il tetto di Harren il Nero, il giovane mangiò e bevve assieme ai lupi e assieme a molte altre spade che agli Harren avevano giurato fedeltà: uomini della Terra delle tombe e degli orsi, delle alci e dei delfini. Il principe del Drago cantò una canzone talmente triste che alla fanciulla-lupo vennero le lacrime agli occhi. Ma quando il suo fratello cucciolo la prese in giro, lei gli versò un’inteta caraffa di vino sulla testa. Prese la parola uno dei confratelli neri, invitando i cavalieri a entrare nei Guardiani della notte.

Il lord della tempesta batté il cavaliere dei teschi e dei baci in una battaglia con le coppe di vino. Il crannogman vide una fanciulla dai ridenti occhi violetti danzare con una delle Spade Bianche, con un serpente rosso, con il lord dei grifoni e infine con il lupo più quieto… ma questo fu solo dopo che il lupo selvaggio era andato a parlarle, in quanto suo fratello era troppo timido per lasciare la panca.

«Nel mezzo di tutta questa allegria, il piccolo crannogman individuò i tre scudieri che lo avevano aggredito. Uno era al servizio del cavaliere del forcone, uno di quello del porcospino e il terzo serviva un cavaliere con due torri sulla tunica, un emblema che tutti i crannogmen conoscono molto bene».

«I Frey» riconobbe Bran. «I Frey del Guado».

«Allora, come ora» confermò Meera. «Anche la fanciulla-lupo li riconobbe, e li indicò ai suoi fratelli. “Posso trovarti un cavallo e un’armatura che ti vada bene” propose il lupo cucciolo. Il piccolo crannogman lo ringraziò, ma non diede risposta. Il suo cuore era combattuto. I crannogmen sono più piccoli di quasi tutti gli altri uomini, è vero, ma sono grandi nell’orgoglio. Il giovane non si sentiva un cavaliere, non più di quanto lo fossero gli altri giovani della sua gente. Noi stiamo seduti su una barca ben più spesso che su una sella, e le nostre mani sono fatte per impugnare remi, non lance. Per quanto lui desiderasse la vendetta, temeva però di apparire come uno stolto e di coprire di vergogna la sua gente. Per quella notte, il lupo quieto aveva offerto al piccolo crannogman un posto nella sua tenda. Ma, prima di dormire, il giovane venuto dalle Acque Grigie andò a inginocchiarsi sulla riva dell’Occhio degli Dèi; scrutando nella direzione dell’isola dei Volti, elevò preghiere agli antichi dèi del Nord e dell’Incollatura…»

«Davvero non hai mai udito questa storia dal lord tuo padre?» chiese Jojen.

«Era la vecchia Nan che raccontava le storie. Meera, va’ avanti, non puoi fermarti a questo punto.»

«Hodor!» anche Hodor sembrava pensarla a quel modo. «Hodor hodor hodor hodor.»

«Bene» disse Meera. «Se proprio vuoi sentire il resto…»

«Voglio sentirlo. Racconta».

«Cinque giorni di scontri alla lancia erano in programma» riprese Meera. «Ci sarebbe stata anche una grande mischia con sette schieramenti, e poi tiro con l’arco, lancio di asce, corse di cavalli e una sfida tra cantastorie…»

«Lascia perdere tutto questo.» Pieno d’impazienza, Bran si agitò nella gerla sulla schiena di Hodor. «Parlami degli scontri alla lancia».

«Come il mio principe comanda. La principessa del castello era la regina dell’amore e della bellezza, con quattro fratelli e uno zio a difenderla, ma tutti e quattro i figli di Harrenhal vennero sconfitti il primo giorno. Coloro che li avevano battuti regnarono brevemente quali campioni, ma poi anche loro vennero spazzati via da altri contendenti. La fine del primo giorno vide il cavaliere del porcospino conquistarsi un posto tra i campioni. La mattina del secondo giorno, anche il cavaliere del forcone e quello delle due torri risultarono vincitori. Ma il pomeriggio del secondo giorno, mentre le ombre si allungavano, scese in campo un cavaliere misterioso».

Bran annuì, consapevolmente. Cavalieri misteriosi apparivano spesso nei tornei, con le celate degli elmi abbassate in modo da nascondere la loro faccia e reggendo scudi privi di simboli o con un qualche emblema irriconoscibile. A volte, si trattava di celebri campioni mascherati. Una volta, il Cavaliere del drago trionfò in un torneo come cavaliere delle Lacrime, in modo da poter dichiarare la propria sorella quale regina dell’amore e della bellezza in luogo della donna amante del re. E ser Barristan Selmy il Valoroso, divenuto in seguito lord comandante della Guardia reale, gareggiò per ben due volte come cavaliere misterioso, e la prima fu quando aveva appena dieci anni.

«Era il piccolo crannogman» affermò Bran. «Ci scommetto».

«Nessuno lo sapeva» disse Meera. «Ma il cavaliere misterioso era basso di statura e indossava un’armatura fatta di parti diverse e scompagnate che gli stava piuttosto male. L’emblema sul suo scudo era un albero del cuore degli antichi dèi: un albero-diga che nel tronco aveva una faccia rossa ridente».

«Forse era dall’isola dei Volti che proveniva» disse Bran. «Era verde?»

Nelle storie della vecchia Nan, i guardiani degli alberi avevano la pelle verde scuro e foglie al posto dei capelli. Certe volte, avevano anche corna di cervo. Bran però non riuscì a immaginare in che modo, se il cavaliere misterioso aveva le corna, sarebbe riuscito a indossare l’elmo.

«Scommetto che furono gli antichi dèi a mandarlo».

«Forse furono loro» riprese Meera. «Il cavaliere misterioso inclinò la punta della lancia al cospetto del re e raggiunse l’estremità della corsia, dove i cinque campioni avevano montato i loro padiglioni. E tu sai chi furono i tre che lui sfidò».

Bran ormai aveva udito abbastanza storie per riuscire a rispondere. «Il cavaliere del porcospino, il cavaliere del forcone e il cavaliere delle due torri.» Poi continuò: «Era il piccolo crannogman, te l’ho detto».

«Chiunque fosse, gli antichi dèi infusero grande forza al suo braccio. Il cavaliere del porcospino fu il primo a cadere, poi il cavaliere del forcone e, da ultimo, toccò al cavaliere delle due torri. Nessuno di quei tre era troppo popolare, così il pubblico inneggiò con entusiasmo al cavaliere dell’albero che ride, come quasi subito venne chiamato il nuovo campione. Quando i suoi avversari sconfitti vollero riscattare cavalli e armature, fu con voce tonante che il cavaliere dell’albero che ride, attraverso l’elmo, rispose: “Insegnate ai vostri scudieri l’onore. Questo sarà riscatto sufficiente”. Dopo che i cavalieri sconfitti ebbero duramente rimproverato i loro scudieri, il ragazzo restituì i cavalli e le armature. E fu così che le preghiere del piccolo crannogman furono esaudite… ma se fu grazie all’aiuto degli uomini verdi, o forse degli antichi dèi, o dei Figli della foresta… chi può dirlo?»

Era una bella storia, decise Bran dopo averci pensato per un minuto o due. «E poi che cosa accadde?» chiese. «Lo vinse, il torneo, il cavaliere dell’albero che ride? Sposò la principessa?»

«No» rispose Meera. «Quella notte, nel grande castello, il lord della tempesta e il cavaliere dei teschi e dei baci giurarono entrambi di smascherarlo. Il re in persona li spinse a sfidarlo, dichiarando che la faccia sotto quell’elmo non poteva essere la faccia di un amico della corona. Ma la mattina seguente, quando il re prese posto sul suo scranno e gli araldi suonarono le trombe, furono solamente due i campioni che apparirono. Il cavaliere dell’albero che ride era svanito. Il re era furibondo. Mandò addirittura suo figlio, il principe del Drago, alla ricerca dell’uomo misterioso. Ma l’unica cosa che venne ritrovata fu lo scudo dipinto, abbandonato appeso a un albero. Alla fine, fu il principe del Drago a vincere il torneo».

Anche se Meera non usa nomi, possiamo facilmente indovinare chi siano i protagonisti di questo racconto.

Il crannogman, certamente Howland Reed, padre della ragazza e di Jojen, partecipa alle celebrazioni del torneo di Harrenhal. All’evento sono presenti grandi personali del tempo, come il re Aerys II Targaryen e il principe Rhaegar, con la moglie Elia Martell. Con le cappe bianche dei reali c’è Jaime Lannister, il nuovo confratello a cui i cavalieri danno il benvenuto.

Tra i lord presenti, invece, ci sono Robert Baratheon, Lord della Tempesta, Mace Tyrell, gli Stark e i loro lord alfieri.

La figlia di lord Walter Whent regna, a inizio torneo, come regina d’amore e di bellezza, il suo titolo deve essere difeso dai campioni della sua casata, i quattro fratelli e lo zio Oswell Whent.

Nel primo giorno del torneo, il crannogman viene aggredito da tre scudieri, ma in difesa di Howland arriva una fanciulla-lupo, Lyanna Stark, che affronta i tre ragazzi con una spada da torneo.

Successivamente, si prende cura di Reed nella sua tenda, cura le sue ferite e gli presenta i suoi tre fratelli, Brandon (il lupo selvaggio), Ned (il più quieto) e Benjen (il cucciolo).

Quella sera, Lyanna insiste affinché Howland partecipi al banchetto che sancisce l’inizio del torneo, perché “è di alto lignaggio e ha diritto quanto chiunque di parteciparvi”.

Benjen trova dei vestiti adatti per Reed, che trascorre una bellissima serata con gli Stark.

Quella stessa sera, Rhaegar suona una canzone con la sua arpa, talmente commovente da fare scoppiare in lacrime Lyanna.

Quando Benjen la prende in giro per questo, la ragazza gli versa una caraffa di vino in testa.

L’attenzione del crannogman viene attirata da una fanciulla dagli occhi violetti. Si tratta di Ashara Dayne. La vede danzare con diversi uomini. Uno è certamente Arthur Dayne, suo fratello, un altro è Barristan Selmy, che è innamorato di lei. Ashara balla con Oberyn Martell e con Jon Connington e, infine, col timido Eddard Stark, ma solo dopo l’intercessione del fratello Brandon.

È durante il banchetto che Lyanna e Howland riconoscono gli scudieri che hanno fatto un torto al crannogman. Prestano servizio alle Case, Haigh, Blount e Frey.

Lyanna e Benjen propongono al crannogman di trovare un’armatura e sfidarli, ma Howland è combattuto: non è un cavaliere, non è abituato a cavalcare e imbracciare una lancia.

Intanto, Ned e Howland fanno amicizia, un dettaglio importante per il futuro dei due uomini e per destino del reame.

Durante il secondo giorno del torneo, fa la sua apparizione un misterioso cavaliere, chiamato il Cavaliere dell’Albero che Ride, che sfida e vince i cavalieri Haigh, Blount e Frey, impartisce loro una dura lezione e gli intima di insegnare ai loro scudieri cosa sia l’onore.

Il Cavaliere dell’Albero che Ride è basso di statura, piccolo, indossa un’armatura scompagnata, fatta di pezzi presi in prestito. L’emblema è un albero del cuore dal volto sorridente dipinto sul tronco bianco, un simbolo che rimanda quindi al Nord, al crannogman o agli Stark, che venerano gli antichi dèi.

Il cavaliere attrae l’attenzione non solo del popolo, che fa il tifo per lui, ma anche di Robert Baratheon e Aerys II, determinati a smascherarlo.

Il re così manda Rhaegar a cercare il misterioso cavaliere, ma è solo il suo scudo a essere ritrovato.

L’ipotesi più popolare è che si tratti di Lyanna Stark.

A vincere il torneo è il principe Rhaegar Targaryen, che sconvolge tutti quando, incorona regina d’amore e di bellezza Lyanna Stark e non la moglie Elia Martell, ponendole in grembo una corona di rose blu.

Ned Stark ricorda questo momento in un sogno dal sapore amaro. Ricorda l’iniziale gioia e poi il momento in cui “tutti i sorrisi morirono”.

Nelle tenebre, un altro ricordo si impossessò pian piano di lui, vivido come un sogno. Aveva diciotto anni, in quell’anno della falsa primavera. Dal Nido dell’Aquila, era sceso fino ad Harrenhal.

Riusciva quasi a vedere il verde profondo dell’erba, a percepire l’odore del polline nel vento. Calde giornate e notti fresche e gusto dolce di vino. Ricordò la risata di suo fratello Brandon, e il furioso valore di Robert nella Grande Mischia, il modo in cui rideva disarcionando uomini a destra e a sinistra. Ricordò Jaime Lannister, giovanissimo, dorato, nell’armatura a scaglie di metallo bianco, inginocchiato sul prato di fronte al padiglione reale, intento a pronunciare il giuramento di proteggere e difendere re Aerys.

Quando ebbe finito, ser Oswell Whent lo aiutò a rialzarsi, e il Toro bianco in persona, ser Gerold Hightower, lord comandante, gli drappeggiò sulle spalle la cappa bianca come la neve della Guardia reale.

E tutte e sei le Spade bianche erano là, ad accogliere il nuovo confratello. Ma più tardi, nel confronto alla landa, la giornata appartenne a Rhaegar Targaryen. Il principe ereditario indossava l’armatura nella quale poi sarebbe morto: scintillante acciaio nero con il drago a tre teste della sua Casa disegnato a rubini sulla placca pettorale. Nel partire al galoppo, una piuma di seta scarlatta danzava nel vento alle sue spalle, e nessuna lancia avversaria pareva in grado sia pure di sfiorarlo.

Caddero Brandon Stark e Bronze Yohn Royce e perfino il magnifico ser Arthur Dayne, la Spada dell’alba. Robert stava scambiando battute con Jon Arryn e con l’anziano lord Hunter mentre il principe faceva il giro dell’arena dopo aver disarcionato nel confronto conclusivo anche ser Barristan Selmy. Ned ricordò quando tutti i sorrisi morirono. Rhaegar Targaryen spinse il cavallo oltre la propria moglie, la principessa Elia Martell di Dorne, e depositò la corona di fiori destinata alla regina di bellezza del torneo in grembo a Lyanna. Poteva ancora vederla: rose d’inverno, azzurre come ghiaccio.

Anche Arstan Barbabianca ci racconta del torneo di lord Whent, e Daenerys ricorda la storia dell’incoronazione di Lyanna.

Dany non voleva sentire di Rhaegar che veniva disarcionato. «Ma allora, quali tornei ha vinto mio fratello?»

«Maestà». L’anziano scudiero esitò. «Tuo fratello vinse il torneo più grande di tutti».

«Vale a dire?» insistette Dany.

«Il torneo che lord Whent allestì alla fortezza di Harrenhal, sul lago dell’Occhio degli Dèi, nell’anno della falsa primavera. Un grande evento. Oltre al confronto alla lancia, ci fu anche una grande mischia, combattuta tra sette squadre di cavalieri. E inoltre gare d’arco e di lancio dell’ascia, una corsa dei cavalli, una sfida di cantastorie, uno spettacolo di guitti, e molti banchetti e sollazzi. Lord Whent era tanto generoso quanto era ricco. Le laute ricompense in palio per i vincitori attirarono centinaia di contendenti.
Perfino il tuo regale padre, re Aerys, si recò a Harrenhal. Ed erano anni che non lasciava la Fortezza Rossa. I più grandi lord, i più formidabili campioni dei Sette Regni gareggiarono in quel torneo, e il principe della Roccia del Drago li batté tutti.»

«Ma quello fu il torneo in cui Rhaegar incoronò Lyanna Stark regina d’amore e di bellezza!» esclamò Dany. «La principessa Elia, sua moglie, era là. Eppure mio fratello diede la corona alla giovane Stark. E in seguito la rapì al suo promesso sposo. Come ha potuto mio fratello fare una cosa simile? La donna di Dorne lo trattava così male?»

«Non spetta a qualcuno come me dire che cosa stesse passando per il cuore di tuo fratello, maestà. La principessa Elia era buona e delicata, per quanto di salute molto cagionevole».

La ribellione di Robert e la morte di Lyanna

A un anno dal torneo di Harrenhal, Rhaegar rapisce misteriosamente Lyanna con l’aiuto di Arthur Dayne e Oswell Whent. Il rapimento avviene proprio nei pressi di Harrenhal, infatti, Ne Il mondo del Ghiaccio e del Fuoco leggiamo:

A non più di dieci leghe da Harrenhal, Rhaegar si imbatté in Lyanna Stark di Grande Inverno, la portò con sé, accendendo la scintilla di un fuoco che avrebbe consumato la sua casa, la sua famiglia e tutti quelli che amava, oltre a metà del regno.

E infatti, immediatamente scoppia una guerra sanguinosa, che lacera i Sette Regni.

Il principe Rhaegar amava la sua lady Lyanna, e migliaia di uomini morirono per questo.

Ricorda Ser Barristan il Valoroso in Una danza con i draghi, mentre è diversa la versione di Robert Baratheon, che non vede amore nel gesto di Rhaegar, solo un vile rapimento:

«E Rhaegar… Quante volte pensi che l’abbia stuprata, tua sorella? Quante centinaia di volte?»

Al momento del rapimento, che avviene prima delle nozze arrangiate con Catelyn Tully, Brandon Stark si trova nelle Terre dei Fiumi e parte coi suoi compagni alla volta di Approdo del Re.

Entrato nella Fortezza Rossa, urla a Rhaegar di venire fuori per pagare la sua insolenza con la vita. Ma te Aerys il Folle li fa tutti prigionieri e li accusa di tradimento, convocando a corte i loro padri.

Jaime Lannister racconta a Catelyn Stark del momento in cui tutti si presentano a corte per poi essere uccisi da Aerys. Brandon e suo padre Rickard chiedono un processo per singolar tenzone e Aerys glielo concede, ma sceglie come suo campione il fuoco. Rickard muore bruciato nella sua stessa armatura r Brandon strangolato nel tentativo di raggiungere la spada che l’avrebbe liberato.

«Brandon era diverso da suo fratello, non è forse così? Nelle vene, aveva sangue, non acqua fredda. Era più simile a me».

«Brandon non era affatto simile a te».

«Se lo dici tu. Tu e lui dovevate sposarvi».

«Stava raggiungendo Delta delle Acque quando…» strano come rievocare quella storia le facesse venire la gola arida, perfino dopo sedici anni «…quando venne a sapere di Lyanna. Così cambiò strada e andò ad Approdo del Re. Fu un atto impulsivo.» Ricordava anche come lord Hoster fosse andato su tutte le furie quando la notizia era giunta a Delta delle Acque. “Quel valoroso imbecille”, così aveva definito Brandon.

Jaime si versò l’ultima mezza coppa di vino. «Entrò a cavallo nella Fortezza Rossa insieme a pochi compagni, gridando a gran voce che il principe Rhaegar venisse fuori ad affrontarlo. Ma Rhaegar non c’era. Aerys mandò le sue guardie ad arrestarli tutti con l’accusa di complottare l’assassinio di suo figlio. Anche gli altri erano figli di lord, mi sembra».

«Ethan Glover era lo scudiero di Brandon» precisò Catelyn. «Fu lui l’unico che sopravvisse. Gli altri erano Jeffory Mallister, Kyle Royce ed Elbert Arryn, nipote ed erede di Jon Arryn.» Ricordava ancora i loro nomi dopo tanti anni, anche questo era strano. «Aerys li accusò di tradimento e convocò a corte i loro padri per rispondere di quell’accusa, tenendo i figli come ostaggi. E quando loro vennero, li fece sterminare tutti senza processo. Padri… e figli».

«Ci furono delle specie di processi» precisò Jaime. «Lord Rickard chiese un processo per duello, e il re accolse la sua richiesta. Il vecchio Stark si preparò allo scontro, pensando di schierarsi contro uno della Guardia reale. Me, forse. Invece lo portarono nella Sala del Trono e lo appesero alle travature del soffitto. Sotto di lui, due dei piromanti di Aerys accesero un bel fuoco. Il re gli disse che il campione della Casa Targaryen era il fuoco. Per cui, tutto quello che lord Rickard Stark doveva fare per provare la sua innocenza era… non bruciare vivo.

«Mentre le fiamme ardevano, venne portato dentro anche Brandon. Gli avevano incatenato le mani dietro la schiena. Attorno al collo, aveva una correggia di cuoio bagnata, attaccata a un apparato che Aerys aveva portato dalla Città Libera di Tyrosh. Gli lasciarono libere le gambe e sistemarono la sua spada lunga appena fuori dalla sua portata.

«I piromanti si lavorarono lord Rickard molto lentamente, facendo vento e occupandosi di quel loro bel falò in modo da ottenere un calore preciso e costante. La prima ad andare in fiamme fu la sua cappa. Poi la tunica. Ben presto, Stark non ebbe addosso altro che metallo e ceneri. Nella fase successiva sarebbe stato arrostito, garantì Aerys… A meno che il figlio non fosse riuscito a liberarlo. Brandon tentò, ma quanto più lui lottava contro le catene, tanto più il cuoio che aveva attorno alla gola stringeva. Alla fine, strangolò se stesso.

«Quanto a lord Rickard, prima che anche lui morisse, l’acciaio della sua corazza pettorale era diventato rosso ciliegia. L’oro dei suoi speroni si era disciolto, gocciolando sulle fiamme. In tutto questo, io stavo ai piedi del Trono di Spade, nella mia armatura bianca, nel mio mantello bianco, cercando di riempirmi la testa del pensiero di Cersei. Più tardi, Gerold Hightower, comandante della Guardia reale, mi prese da parte e mi disse: “Il tuo giuramento è proteggere il re, non giudicarlo”. Era il grande Toro bianco a parlare, leale fino alla fine e di certo uomo migliore di me, non c’è dubbio.»

Quando Aerys chiede le teste di Ned Stark e Robert Baratheon, Jon Arryn gliele nega e la ribellione ha veramente inizio. Non si tratta solo del rapimento di una ragazza, si tratta di una questione di giustizia per Jaime e di potere per Tywin Lannister.

Jaime racconta a Brienne come prosegue la storia:

«Si era reso finalmente conto che Robert non era un fuorilegge qualsiasi da schiacciare a capriccio: Robert Baratheon era la più grande minaccia che la Casa Targaryen fronteggiava dai tempi di Daemon Fuoconero. Senza tanti complimenti, il re ricordò a Lewyn Martell, principe di Dorne, di avere in suo potere la principessa Elia e lo mandò ad assumere il comando dei diecimila dorniani che stavano salendo a nord per la strada del Re.

Jon Darry e Barristan Selmy cavalcarono fino a Tempio di Pietra per radunare quanti più uomini possibile del vessillo del grifone. Il principe Rhaegar fece ritorno dal Sud e convinse il padre a ingoiare il proprio orgoglio e a convocare mio padre. Ma nessun corvo messaggero tornò da Castel Granito, e questo non fece che aumentare le paure del re. Aerys cominciò a vedere traditori da tutte le parti, e Varys l’eunuco era perennemente in prima fila a indicargli quelli che forse non aveva notato. Sua maestà diede ordine ai suoi alchimisti di sistemare ampolle di altofuoco in ogni angolo di Approdo del Re. Sotto il Grande Tempio di Baelor e nel fondo delle Pulci, dentro le stalle e nei magazzini, vicino a tutte e sette le porte di accesso alla città, perfino nelle cantine della Fortezza Rossa.

«Tutto questo venne fatto nella massima segretezza da un manipolo di maestri piromanti. I quali non si fidarono nemmeno di chiedere aiuto ai loro stessi accoliti. Gli occhi della regina erano chiusi da anni e Rhaegar aveva il suo da fare a comandare l’esercito. Ma il nuovo Primo Cavaliere di Aerys, un duro tutto mazza da guerra e pugnale, non era completamente stupido. Vedendo i continui andirivieni notturni di Rossart, Belis e Garigus cominciò ad avere dei sospetti. Chelsted, era questo il suo nome, lord Chelsted».

Jaime se ne era ricordato all’improvviso. «Lo avevo considerato un codardo, ma il giorno in cui affrontò Aerys aveva trovato il coraggio, da qualche parte. Fece tutto quello che poté per dissuadere il re. Argomentò, scherzò, minacciò e alla fine implorò. Quando tutti i suoi sforzi si furono rivelati vani, si tolse la catena del suo rango e la gettò a terra. Per quel gesto, Aerys lo bruciò vivo con l’altofuoco. Dopo di che, sistemò quella medesima catena al collo di Rossart, il suo piromante preferito: l’uomo che aveva fatto arrostire lord Rickard Stark nella sua armatura. E mentre avveniva tutto questo, io rimasi ai piedi del Trono di Spade nella mia bella corazza bianca, immobile come un cadavere, facendo la guardia al mio sovrano e a tutti i suoi segreti.

«Tutti i miei confratelli della Guardia reale erano lontani, capisci, ma Aerys preferiva avermi vicino. Io ero pur sempre il figlio di lord Tywin Lannister, per questo il buon re non si fidava di me. Voleva che fossi là dove Varys poteva sorvegliarmi, giorno e notte. Così io udii tutto».

Jaime ricordava i lampi negli occhi di Rossart ogni volta che dispiegava le sue mappe, indicando i punti nei quali la “sostanza”, parola che i piromanti usavano per indicare l’altofuoco, doveva essere collocata. Lo stesso valeva per Garigus e Belis.

Intanto, Rhaegar è con Lyanna alla Torre della Gioia, a Dorne, ma nel corso della guerra suo padre Aerys manda Gerold Hightower a cercarlo e Rhaegar viene costretto a lasciare la giovane Stark sotto la protezione di Dayne, Whent e Hightower.

rhaegar lyanna

Rhaegar affronta Robert Baratheon suo Tridente. Muore mormorando il nome di Lyanna. Quando Robert ricorda l’evento, c’è ancora rancore nella sua voce.

«Ho giurato di uccidere Rhaegar per quello che le ha fatto.»

«L’hai ucciso» gli ricordò Ned.

«Soltanto una volta.» Robert era ancora pieno di veleno. Si erano affrontati al guado del Tridente mentre la battaglia infuriava tutt’attorno. Da un lato Robert Baratheon, mazza da combattimento ed elmo dalle grandi corna di cervo. Dall’altro Rhaegar Targaryen, il principe dall’armatura nera. Sulla placca pettorale c’era il drago a tre teste, emblema della sua Casa, disseminato di rubini che ai raggi del sole scintillavano come faville di fuoco.

Le acque del Tridente scorrevano rosse di sangue attorno agli zoccoli dei loro destrieri mentre i due cavalieri andavano all’attacco, giravano uno attorno all’altro, si scontravano con furia cieca. Era stata la mazza ferrata di Robert a dare il colpo conclusivo, sfondando il drago di rubini e il torace sotto di esso. Quando Eddard era arrivato sulla scena del duello, il cadavere di Rhaegar giaceva nella corrente e soldati dei due eserciti frugavano nell’acqua alla ricerca dei rubini divelti dalla sua armatura.

«Ogni notte lo uccido di nuovo» confessò Robert. «Mille morti, diecimila morti sono niente al confronto di quello che meritava.» Non c’era nulla che Ned potesse dire.

Jaime spiega quello che intanto accade ad Approdo del Re.

«Rhaegar affrontò Robert sul Tridente» riprese «e tu sai bene quale fu l’esito di quella battaglia. Quando la notizia della disfatta raggiunse la corte, Aerys spedì immediatamente la regina alla Roccia del Drago assieme al principe Viserys. Anche la principessa Elia avrebbe dovuto andare, ma Aerys lo proibì. Chissà come, si era messo in testa che il principe Lewyn aveva tradito Rhaegar sul Tridente. Ma fino a quando Elia e il piccolo principe Aegon fossero stati accanto a lui, era certo di riuscire a costringere Dorne a essergli leale. “I traditori vogliono la mia città” lo udii dire a Rossart “ma io darò loro solo ceneri. Che Robert sia pure il re di ossa annerite e carne cotta.” I Targaryen non seppelliscono mai i loro morti. Li bruciano. Aerys era pronto ad appiccare il fuoco alla più grande pira funeraria di tutta la sua dinastia. Per quanto, a dire il vero, non credo che lui si aspettasse realmente di morire. Come Aerion Chiarofuoco prima di lui, anche Aerys il Folle era convinto che il fuoco lo avrebbe trasformato… Era convinto di risorgere sotto forma di drago, in modo da incenerire tutti i suoi nemici.

«Ned Stark stava correndo verso sud assieme all’avanguardia di Robert, a furono le forze di mio padre a raggiungere per prime Approdo del Re. Pycelle convinse il re che il suo Protettore dell’Ovest era venuto a difenderlo, così le porte della città vennero aperte. L’unica volta in cui avrebbe dovuto dare ascolto all’eunuco, Aerys lo ignorò. Mio padre si era tenuto fuori dalla guerra, rimuginando su tutti i torti che Aerys gli aveva fatto, e deciso a far sì che la Casa Lannister fosse dalla parte dei vincitori. La sconfitta di Rhaegar sul Tridente fu l’evento che lo fece decidere.

«Spettò a me tenere la Fortezza Rossa, ma sapevo che ormai tutto era perduto. Mandai un messo ad Aerys chiedendo il suo permesso per avviare i negoziati. Il messo tornò con un ordine del re: “Se non sei anche tu un traditore, portami la testa di tuo padre”. Aerys non intendeva arrendersi a nessun costo. Con lui c’era lord Rossart, mi riferì il messo. E io sapevo benissimo che cosa questo volesse dire… la più grande di tutte le pire funerarie.

«Sorpresi Rossart, che era vestito come un qualunque armigero, mentre stava correndo alla porta secondaria del castello. Uccisi lui per primo. E poi uccisi Aerys, evitando che quel demente potesse trovare qualcun altro per portare il messaggio ai piromanti. […]»

Robert è rimasto ferito nello scontro sul Tridente, per cui non partecipa alla presa di Approdo del Re e non ha parte nella morte di Aerys, di Elia Martell e dei suoi figli.

Oberyn Martell sa che il colpevole del destino avverso di Elia e dei figli Rhaenys e Aegon è Tywin Lannister e che Gregor Clegane è solo la mano che li ha uccisi.

«Sono venuto qui perché giustizia sia fatta per Elia e per i suoi figli. E giustizia avrò. Cominciando da quella putrida palude che risponde al nome di Gregor Clegane… mi correggo: concludendo con Gregor Clegane. Prima di crepare, la Montagna di sterco che cavalca mi dirà da chi ha avuto gli ordini. E insisto che questo tu lo faccia presente al lord tuo padre. Con estrema chiarezza.»

Ma torniamo agli anni 282-283, nel pieno della ribellione.

Dopo quanto accaduto, Ned trova Jaime Lannister seduto sul Trono di Spade, con la sua spada lordata di sangue. Robert, ferito, non è con l’amico.

«Sopra l’armatura dorata, Jaime Lannister portava il mantello bianco della Guardia reale. Ce l’ho ancora davanti agli occhi, Robert. Non si era nemmeno preso il disturbo di rinfoderare la spada. Ed era seduto sul Trono di Spade, ben più in alto di tutti i suoi cavalieri, con in testa un elmo a forma di muso di leone. E come gongolava, Robert! Come godeva per dov’era arrivato.»

In seguito, cavalca verso le Terre della Tempesta, per rompere l’assedio di Capo Tempesta, dove i Tyrell e i Redwyne si arrendono a lui.

Solo a questo punto parte alla volta di Dorne. Con sei compagni, Ned si scontra con Dayne, Whent e Hightower, ancora leali ai Targaryen e a Rhaegar in particolare, in un combattimento è così violento che solo Ned e Howland Reed riescono a uscirne vivi.

Ser Arthur Dayne. Era lui il più coraggioso cavaliere che io abbia mai incontrato. Combatteva con una spada chiamata Alba, forgiata dal cuore di una stella caduta dai cieli. Lo chiamavano “Spada dell’alba”… e mi avrebbe ucciso se non fosse stato per Howland Reed.

Ned ricorda spesso il momento del suo arrivo alla Torre della Gioia e il successivo incontro con Lyanna, morente.

Sognò un vecchio sogno. Tre cavalieri che indossavano mantelli bianchi, una torre crollata da molto tempo, sua sorella Lyanna in un letto allagato di sangue.

Nel sogno, i suoi amici cavalcavano con lui, come avevano fatto in vita. L’orgoglioso Martyn Cassel, padre di Jory; il fedele Theo Wull; Ethan Glover, che era stato scudiero di Brandon; ser Mark Ryswell, dalla voce controllata e dal cuore gentile; Howland Reed, l’uomo dei laghi; lord Dustin, sul grande stallone fulvo. A Ned, i loro volti erano noti quanto il proprio, ma il tempo erode le memorie di un uomo, perfino quelle che egli giura di non perdere mai. Nel sogno, quei cavalieri non erano nient’altro che ombre, spettri grigi in sella a destrieri fatti di nebbia.

Sette contro tre. Nel sogno così com’era stato nella realtà. Eppure, quei tre non erano avversari qualunque. Attendevano di fronte alla torre rotonda, le rosse montagne di Dorne alle spalle, i bianchi mantelli che si gonfiavano al vento. E non erano affatto ombre, perfino adesso i loro volti ardevano con chiarezza. C’era un sorriso triste sulle labbra di ser Arthur Dayne, la Spada dell’alba. L’elsa di Alba, la sua spada lunga da combattimento, gli sporgeva da dietro la spalla destra. Ser Oswell Whent aveva un ginocchio a terra, e affilava l’acciaio con la cote. Il pipistrello nero della sua nobile Casa spalancava le ali sull’elmo smaltato di bianco. Tra loro, fiero e minaccioso, c’era ser Gerold Hightower, il Toro bianco, lord comandante della Guardia reale.

«Vi ho cercati sulla Forca Rossa del Tridente» disse Ned Stark.

«Non eravamo là» rispose ser Gerold.

«Se ci fossimo stati, l’usurpatore avrebbe incontrato la sua fine» dichiarò ser Oswell.

«Anche quando Approdo del Re è caduta» riprese Ned. «Quando ser Jaime ha ucciso il vostro re con la sua spada dorata, ho continuato a chiedermi dove foste».

«Lontano» rispose ser Gerold.

«Diversamente, Aerys continuerebbe a sedere sul Trono di Spade e il tuo falso fratello Robert brucerebbe al fondo dei sette inferi».

«Sono venuto a Capo Tempesta a rompere l’assedio» annunciò Ned. «I lord Tyrell e Redwyne hanno abbassato i loro vessilli e tutti i loro cavalieri si sono inginocchiati per giurare fedeltà. Ero certo di trovarvi tra loro».

«Noi non c’inginocchiamo facilmente» disse ser Arthur Dayne.

«Ser Willem Darry è fuggito alla Roccia del Drago, con la tua regina e il principe Viserys. Ho pensato che vi foste imbarcati con loro».

«Ser Willem è un uomo valoroso e fedele» disse ser Oswell.

«Ma non fa parte della Guardia reale» aggiunse ser Gerold. «E la guardia reale non fugge».

«Né allora, né ora». Ser Arthur si mise l’elmo.

«Abbiamo giurato» concluse il vecchio ser Gerold.

Gli spettri di Ned avanzarono al suo fianco, stringendo in pugno spade evanescenti. Sette contro tre.

«E questo è l’inizio» disse ser Arthur Dayne sguainando Alba e impugnandola con entrambe le mani. La lama era pallida come vetro lattiginoso, vibrante di luce.

«No». La voce di Ned era piena di amarezza. «È la fine».

Le loro lame s’incrociarono, ombre e acciaio all’assalto, e allora lui udì Lyanna gridare: «Eddard!». Un turbine di petali di rosa vorticò su un cielo striato di sangue, un cielo blu come gli occhi della morte.

Eddard entra nella Torre della Gioia e trova Lyanna in un letto di sangue.

La camera profuma di rose e sangue, Lyanna è spossata dalla febbre, la sua voce è un sussurro ed è terrorizzata quando chiede a Ned di farle una promessa.

Lyanna aveva solamente sedici anni, una donna-bambina di prodigiosa bellezza. […]

«Ero con lei, quando se n’è andata». […]

A volte, nella notte, poteva ancora udirla. «Prometti» lo aveva implorato, mentre giaceva in quella stanza satura dell’odore delle rose e del sangue.

«Devi promettermelo, Ned!» La febbre le aveva portato via le forze, la sua voce era stata poco più di un sussurro ma, quando lui le aveva dato la sua parola, la paura era svanita dagli occhi di sua sorella.

Ned ricordava solo poche altre cose: il modo in cui gli aveva sorriso per l’ultima volta, le dita di lei che abbandonavano le sue lasciando cadere petali disseccati, anneriti. Il resto era una penombra indefinita. L’avevano trovato più tardi, paralizzato dalla sofferenza, mentre ancora stringeva il corpo di lei tra le braccia. Howland Reed, il piccolo uomo delle terre lacustri, li aveva sciolti dall’abbraccio. Ned non aveva alcun ricordo di questo.

«Le porterò dei fiori» credeva di aver detto a Reed. «Lo farò ogni volta che potrò. Lyanna… amava i fiori».

Quando Ned promette alla sorella di mantenere un misterioso segreto, Lyanna muore tra le sue braccia. Questo momento tormenta Ned fino al giorno della sua morte.

Eddard Stark manteneva le promesse. Ricordò quelle fatte a sua sorella Lyanna in punto di morte, e il prezzo che aveva pagato per mantenerle.

E ancora:

Camminava nelle cripte di Grande Inverno, come aveva fatto tante e tante volte. Gli occhi di ghiaccio dei re del Nord lo osservarono passare, i meta-lupi accucciati ai loro piedi alzarono le teste di pietra e ringhiarono. Raggiunse l’ultimo sepolcro, nel quale riposava suo padre con Brandon e Lyanna accanto.

«Prometti, Ned!» gli sussurrò la statua di lei. Portava una ghirlanda di rose azzurre attorno al collo e dai suoi occhi scendevano lacrime di sangue.

Le ultime parole di Lyanna tornano nei sogni del lord di Grande Inverno anche quando è prigioniero di Cersei Lannister.

«Prometti, Ned!» gli aveva sussurrato sua sorella dal letto allagato di sangue. Quanto aveva amato, Lyanna, il profumo delle rose d’inverno.

Perfino Theon Greyjoy, protetto di Lord Stark, pur non avendola mai conosciuta, sogna la morte di Lyanna. Nel suo incubo, Theon sogna di banchettare con i morti a Grande Inverno.

C’erano anche facce che non aveva mai visto in vita, ma solo scolpite nella pietra. La fanciulla snella e triste, con la corona di pallide rose blu e l’abito inzuppato di sangue, non poteva essere che Lyanna.

La profezia del Principe Promesso e Jon Snow

La morte di Lyanna è un motivo che ricorre continuamente tra le pagine de Le Cronache del Ghiaccio e del Fuoco, ma resta avvolta nel mistero. Oltre a Ned Stark, c’è solo una persona ancora in vita a sapere cos’è accaduto, e si tratta di Howland Reed.

Tuttavia, potrebbe esserci qualcun altro a conoscenza del segreto, probabilmente già presente alla Torre della Gioia, forse una balia o una levatrice.

Secondo una popolare teoria, confermata dalla serie TV Game of Thrones, Lyanna sarebbe morta dando alla luce un bambino, un erede di Rhaegar Targaryen, il terzo figlio del principe. Se ben ricordiamo, infatti, Ned Stark torna a Grande Inverno con un bambino tra le braccia, quello che chiama il suo figlio bastardo, Jon Snow. In una delle visioni di Bran, lo vediamo pregare affinché lui e il figlio Robb crescano come fratelli.

Guardava suo padre. E questa volta lord Eddard pareva molto più giovane. Aveva capelli castani, senza traccia di grigio, teneva il capo chino. «Che crescano uniti come fratelli, legati solo dall’amore» pregava «e che la lady mia moglie trovi la forza di perdonare…»

Ned promette quindi a Lyanna di nascondere la nascita del piccolo Jon alla furia di Robert che, convinto che Rhaegar abbia stuprato la giovane, e orgoglioso del suo odio nei confronti di tutti i Taragryen, potrebbe cercare di ucciderlo, così come tenta di uccidere Daenerys appena tredicenne.

Per accudirlo appena nato, Ned deve aver bisogno di una donna, qualcuna che lo allatti in assenza di una madre.

Quella persona potrebbe essere una certa Wylla. Il suo nome viene fatto la prima volta da Robert, che pensa sia la madre di Jon Snow.

[…] «Lo sai di chi parlo, no? La madre del tuo ragazzino bastardo».

«Wylla» rispose Ned con glaciale cortesia. «E preferisco non parlare di lei».

«Wylla, giusto!» Il re fece una smorfia e continuò imperterrito. «Dev’essere stata davvero una monta di quelle rare se perfino l’inflessibile lord Stark dimenticò il suo onore, anche per un’ora soltanto. Non mi hai mai detto che tipo era…»

«Né ho intenzione di farlo ora». Le labbra di Ned erano contratte in una piega irata.

Wylla viene nominata poi da Edric Dayne, lord di Stelle al Tramonto, che pure si riferisce alla donna come alla madre di Jon.

«Mia signora?» riprese Ned dopo un po’. «Tu hai un fratello bastardo… Jon Snow?» […]

«È mio fratello di latte».

«Fratello?» Arya non capiva. «Ma tu sei di Dorne. Come fate tu e Jon a essere dello stesso sangue?»

«Fratelli di latte. Non di sangue. La lady mia madre non aveva latte quando io ero piccolo, così fu Wylla ad allattarmi».

«Wylla?» Arya era sempre più confusa. «E chi è Wylla?»

«La madre di Jon Snow. Lui non te lo ha mai detto? È stata al nostro servizio per tanti anni. Da prima che io nascessi».

«Jon non l’ha mai conosciuta, sua madre. Non ha mai saputo nemmeno il suo nome».

Wylla è dunque una donna di Stelle al Tramonto, una donna dorniana. Ed è proprio lì che Ned si reca alla fine della guerra, per restituire Alba, la spada di Arthur Dayne, alla sua famiglia. Il che fa nascere in Catelyn il dubbio che possa essere Ashara, la sorella del cavaliere, la madre del bastardo di Eddard Stark.

[…] Parlavano di come il loro giovane lord, Eddard Stark, l’aveva decapitato in duello, e soprattutto di quanto era accaduto dopo. Eddard Stark che riporta la spada di ser Arthur alla sua giovane sorella, che aspettava nel castello delle Stelle al Tramonto, sulle rive del mare dell’Estate: lady Ashara Dayne, alta, bellissima, pelle d’alabastro, magnetici occhi viola.

Così, sembra ormai certo che Jon Snow sia il figlio di Rhaegar Targaryen e Lyanna Stark, un segreto che Ned Stark ha protetto per quindici anni, un principe nato dal fuoco e dal ghiaccio. Forse, è lui il Principe che fu promesso (“Promettimelo, Ned”, sussurra Lyanna in punto di morte), quello di cui parla la profezia che ha accompagnato Rhaegar per tutta la sua vita.

Daenerys ne scopre l’esistenza nella Casa degli Eterni di Qarth. Vede suo fratello Rhaegar parlare con la moglie Elia Martell. I due discutono sul nome da dare al loro figlio e sul destino che dovrà compiere.

L’uomo aveva gli stessi capelli di suo fratello, (ma era più alto) e  i suoi occhi erano neri come ossidiana, non violetti.

«Aegon» disse alla donna che stava allattando un neonato su un grande letto di legno. «Quale nome migliore di questo per un re?»

«Comporrai una canzone per lui?» chiese la donna.

«Ha già una canzone» rispose l’uomo «è il principe che venne promesso, e suo è il canto del ghiaccio e del fuoco».

Rhaegar, che nella sua giovinezza credeva di essere il principe che fu promesso, pensa ora la profezia (probabilmente parte di quanto letto tanto tempo prima in uno dei suoi amati libri, ciò che gli ha fatto decidere di diventare un prode condottiero) riguardante il principe promesso faccia riferimento a un drago a tre teste. Rhaegar immagina che che due delle tre teste siano rappresentate dai figli Rhaenys e Aegon. Ma dov’è la terza? Questo si chiede in una seconda visione.

Sollevò lo sguardo. I suoi occhi incontrarono quelli di Daenerys. Per un fugace momento, parve vederla, là in piedi oltre la porta.

«Deve essercene un altro» fu impossibile dire a chi l’uomo stesse rivolgendosi, se alla donna con il bimbo in braccio o a Dany. «Il drago ha tre teste».

Probabilmente la ricerca di una terza testa di drago, e quindi di un terzo figlio che Elia, di salute cagionevole, non poteva dargli, potrebbe averlo spinto a compiere l’atto che porterà qualche tempo dopo alla Ribellione di Robert e all’estinzione della casata Targaryen?

Tuttavia non sappiamo se il Principe Promesso e il drago a tre teste siano parte della stessa profezia. Né sappiamo se siano parte della profezia di Azor Ahai di cui parla Melisandre di Asshai, come sembrerebbe. Ma questa è un’altra storia.

 

Leggi anche La canzone di Jenny di Vecchie Pietre.

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Pubblicato da Giulia Greco

Geek. Il caffè è la mia droga, serie TV, film, libri, anime, manga la mia passione. Classe '89, sono cresciuta andando a caccia di vampiri con la Scooby Gang e passeggiando tra le vie di Stars Hollow con le testa tra le nuvole, un po' come Luna Lovegood.

3 Risposte a “Le Cronache del Ghiaccio e del Fuoco – Il torneo di Harrenhal e il ratto di Lyanna49 min di lettura —

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