Il finale di Hunger Games, Peeta e il dente di leone18 min di lettura —

Il finale di Hunger Games, Peeta e il dente di leone — 18 min di lettura —

È sempre difficile dire addio a un mondo che amiamo, a personaggi che sentiamo vicini, a storie che hanno saputo cambiare il nostro punto di vista sulle cose.

Forse è proprio per questo che tutti i finali fanno tanto discutere, e quello di Hunger Games non è da meno, vuoi perché per alcuni risulta affrettato, vuoi perché per altri contrasterebbe con lo spirito dell’ultimo volume, Il canto della rivolta, vuoi per l’epilogo destinato alla protagonista, Katniss Everdeen.

La verità è che Hunger Games si conclude con l’unico finale possibile, non solo perché pone fine alla guerra e ai giochi della fame e dà via a un nuovo inizio per Panem, ma anche perché per la primissima volta Katniss prende in mano le redini della propria vita.

Katniss è padrona del proprio destino

Quando ci immergiamo per la prima volta nella saga di Hunger Games, Panem ha una struttura sociale e politica che si fonda sul potere della capitale, sulla povertà dei distretti, sul controllo, la paura e gli Hunger Games.

La saga è una distopia in cui la protagonista sa che Capitol City usa gli Hunger Games come strumento per soggiogare la popolazione dei distretti. È solo attraverso questo gioco di potere che Capitol riesce a mantenere una pace fittizia, condizionata, stipulata dopo i cosiddetti Giorni Bui, giorni che portarono a una ribellione dei distretti contro Capitol City, che uscì vittoriosa dalla guerra.

Poi vennero i Giorni Bui, la rivolta dei distretti contro la capitale. Dodici furono sconfitti, il tredicesimo distrutto. Il Trattato del Tradimento ci diede nuove leggi, per assicurare la pace e per ricordarci ogni anno che i Giorni Bui non dovranno più ripetersi, e ci diede anche gli Hunger Games.

Tramite gli Hunger Games, la capitale comunica ai distretti la propria forza e non solo: ricorda loro che non potranno mai sopravvivere a un’altra ribellione. E così, per ben settantacinque anni, i distretti si piegano alle barbare leggi che impongono loro di offrire, ogni anno, due tributi, un maschio e una femmina tra i dodici e i diciotto anni, i cui nomi vengono sorteggiati durante una pubblica mietitura.

I ventiquattro tributi, rinchiusi in un’arena in condizioni proibitive, sono costretti a combattere fino alla morte l’uno contro l’altro in una gara dalla quale solo uno uscirà vincitore. Il prezzo da pagare, però, è altissimo: il vincitore degli Hunger Games porterà per sempre con sé il peso delle vite sottratte nell’arena agli altri tributi.

Nessuno vince gli Hunger Games. Punto. Ci sono sopravvissuti, non vincitori.

Fin dalle prime battute del romanzo che apre la trilogia, Katniss Everdeen è perfettamente consapevole che vivere in un mondo in cui esistono gli Hunger Games significa non avere il pieno controllo della propria vita. Povertà, miseria, paura sono all’ordine del giorno. È un mondo, quello di Panem, in cui nessuno vorrebbe crescere, né far crescere i propri figli.

—Non vorrei mai avete figli— dichiaro.

—Io li vorrei. Se non vivessi qui— dice Gale.

—Però ci vivi— ribatto io irritata.

Katniss si trova in una situazione impossibile fin dall’inizio della storia, non ci sono solo di Hunger Games di cui preoccuparsi, ci sono anche sua madre e sua sorella Prim. La famiglia di Katniss dipende da lei, la sua sopravvivenza dipende da lei. Ma le cose si complicano quando si offre volontaria al posto di sua sorella. Katniss partecipa agli Hunger Games e li vince, riuscendo anche a salvare la vita del suo compagno Peeta Mellark.

A questo punto, quel poco controllo che prima ancora aveva sulla propria vita non esiste più.

Senza volerlo, Katniss diventa simbolo della ribellione. Non sceglie di essere la Ghiandaia Imitatrice, ma lo diventa comunque (un elemento che nei libri viene sottolineata da una delle primissime interazioni della protagonista con Madge, la figlia del sindaco, che le dona la spilla con la Ghiandaia Imitatrice. Non è Katniss a volerla, è qualcosa che le viene offerto e che non può rifiutare).

Nel finale, Katniss si riprende quella libertà che prima gli Hunger Games e poi il suo ruolo di simbolo della rivoluzione le avevano negato. Con l’assassinio della Coin, Katniss sceglie la propria strada per la prima volta. La sua vita non è più condizionata, la ragazza ha smesso di essere alla mercé di Capitol City e uno strumento in mano ai ribelli.
Il ritorno al distretto 12 è l’inizio della sua nuova vita, un’esistenza in cui, per la primissima volta, ha possibilità di scelta. Ed è proprio per questo che il finale di Katniss è perfettamente in linea con la storia raccontata da Suzanne Collins.

Al ritorno di Katniss al 12 segue in ricongiungimento con Peeta, un ragazzo che con lei condivide gli orrori e i traumi degli Hunger Games, un giovane uomo in parte diverso da quello che aveva conosciuto, così come ora è diversa anche lei. Tuttavia, c’è qualcosa che è rimasto sempre uguale: l’amore che i due provano l’uno per l’altra. Perché non si può negare che Katniss sia innamorata di Peeta. Checché ne dica parte del fandom della saga, il finale di Katniss e Peeta è coerente e inevitabile.

Gale e Peeta, la guerra e la speranza

In un mondo in cui esistono gli Hunger Games, ci dice Katniss, non esistono cose come l’attaccamento alla famiglia o agli amici. Gli abitanti dei distretti sanno di essere sacrificabili, di poter morire in qualsiasi momento, e Katniss più di tutti impedisce a sé stessa di affezionarsi a chiunque non sia Prim. Ma Katniss ci dice anche che le persone buone, come lo è Peeta, entrano con facilità estrema nel suo cuore. Così, quando lei e il ragazzo diventano complici e Katniss si innamora di lui, nega i sentimenti che prova. Ha paura di ammetterlo perché pensa che amare qualcuno la renda debole.

All’improvviso, penso: È perché è buono. Proprio come è stato buono quando mi ha regalato il pane.

L’idea mi fa fermare di botto. Un Peeta Mellark buono è molto più pericoloso di un Peeta Mellark crudele, per me. I buoni hanno un modo tutto loro di entrarmi nel cuore e metterci radici. E non posso lasciare che lo faccia Peeta. Non dove stiamo andando.

Per quanto Katniss voglia evitare di affezionarsi a Peeta, pian piano, senza che neppure se ne accorga, nasce il lei un sentimento. Un sentimento che la ragazza cerca di combattere. E ha ragione a farlo, perché quando diventa chiaro a tutti che Peeta è il suo punto debole, il presidente Snow lo usa contro di lei.

Sono le cose che amiamo di più a distruggerci.

Se Peeta sa da subito di essere innamorato di Katniss, per lei è diverso. Siamo noi lettori a capire prima di lei ciò che prova e a renderci conto che, tra Peeta e l’amico Gale Hawthorne, Katniss non avrebbe mai potuto scegliere il secondo.
Ecco perché.

I. Peeta è il ragazzo del pane

Fin dall’inizio del racconto, Peeta rappresenta per Katniss un faro di speranza. E in un mondo in cui esistono gli Hunger Games e in cui i distretti muoiono di fame, è un dettaglio decisamente significativo.

Fino al mattino dopo non mi venne in mente che il ragazzo poteva anche aver bruciato il pane di proposito. Poteva aver lasciato cadere le pagnotte tra le fiamme, sapendo che sarebbe stato punito, per poi portarle a me. Ma accantonai l’idea. Doveva essere stato un caso. Perché l’avrebbe fatto?

Non mi conosceva nemmeno. Eppure, il solo fatto di avermi gettato il pane era stata un’azione di eccezionale bontà, un’azione che avrebbe sicuramente comportato una punizione, se fosse stata scoperta.

Non riuscivo a spiegarmelo.

Mangiammo qualche fetta di pane per colazione e uscimmo per andare a scuola. Era come se durante la notte fosse arrivata la primavera. L’aria era dolce, calda. Le nuvole vaporose. A scuola passai accanto al ragazzo, nell’atrio: la guancia gli si era gonfiata e l’occhio era diventato nero. Era con i suoi amici e non diede segno di accorgersi di me. Ma il pomeriggio, mentre andavo a prendere Prim e mi avviavo verso casa, notai che mi guardava fisso dall’altro lato del cortile della scuola. I nostri occhi si incontrarono solo un attimo, poi lui girò la testa. Abbassai lo sguardo, imbarazzata. E fu allora che vidi il primo dente di leone dell’anno. Un campanello mi risuonò nella testa.

Pensai alle ore passate nei boschi con mio padre e seppi come saremmo potute sopravvivere.

Fino a oggi, non sono mai riuscita a dimenticare il collegamento tra questo ragazzo, Peeta Mellark, il pane che mi diede la speranza e il dente di leone che mi ricordò che non ero condannata.

Il gesto di Peeta ha salvato Katniss e la sua famiglia in un periodo in cui le tre donne di casa Everdeen sembravano essere condannate a patire la fame fino alla morte.

Inizialmente, Katniss si sente in debito con Peeta, e lei detesta essere in obbligo con qualcuno. Successivamente, quanto fatto da Peeta diventa simbolo di rinascita. Non a caso, nell’epilogo della saga c’è un richiamo alla calma e alla pace di cui Katniss ha bisogno e che solo Peeta è in grado di offrirle.

II. Il bacio nella caverna e quello sulla spiaggia

È forse in questo momento che Katniss per la prima volta si rende conto dei propri sentimenti verso Peeta, ma li soffoca presto, perché i due tributi del 12 sono in un’arena e stanno combattendo per la sopravvivenza.

Farfuglio. Non ci so fare come Peeta con le parole. E mentre sto parlando, l’idea di perderlo davvero mi colpisce di nuovo e mi rendo conto che non voglio assolutamente che muoia. E non è per gli sponsor. Non è per ciò che accadrà a casa. Non è solo che non voglio restare sola. È per lui. Non voglio perdere il ragazzo del pane.

—Se cosa, Katniss? — dice lui dolcemente.

Vorrei che ci fossero delle imposte da chiudere per nascondere questo momento agli avidi sguardi di Panem. Anche se significa perdere del cibo. Qualunque cosa io senta, è affar mio.

—Questo è proprio il genere di argomento da cui Haymitch mi ha detto di stare alla larga — rispondo in tono evasivo, anche se Haymitch non ha mai detto niente del genere. Anzi, è probabile che lui mi stia maledicendo per aver lasciato cadere l’argomento in un momento  così emotivamente forte. Ma Peeta, in qualche modo, lo riprende.

—Allora dovrò essere io a riempire i vuoti — dice avvicinandosi a me.

Questo è il primo bacio di cui siamo entrambi pienamente consapevoli. Nessuno dei due è obnubilato dal dolore o dalla malattia o è privo di sensi. Le nostre labbra non bruciano per la febbre, né sono gelide come il ghiaccio. Questo è il primo bacio che mi suscita una vera emozione. Caldo e strano. Questo è il primo bacio che me ne fa desiderare un altro.

La fine dei primi Hunger Games allontana Peeta e Katniss, perché Katniss non è pronta ad affrontare i propri sentimenti, lasciando intendere a Peeta di aver recitato per le telecamere, per sopravvivere.

Non ha importanza se provo davvero qualcosa per lui, perché non potrò mai permettermi il genere di amore che porta a metter su una famiglia, a fare dei figli. Come fa a pensarlo, lui? Come fa, dopo quello che abbiamo appena passato? Voglio anche dirgli quanto già mi manca. Ma non sarebbe corretto da parte mia.

Che Katniss abbia recitato la parte della ragazzina pazza d’amore è vero solo in parte, perché con Peeta, nella caverna, per la primissima volta ha avvertito fame d’amore, di baci, non vera fame.

Sento di nuovo quella cosa. La cosa che ho sentito solo una volta prima d’ora. L’anno scorso nella caverna, quando stavo cercando di fare in modo che Haymitch ci mandasse del cibo.

Ho baciato Peeta migliaia di volte durante quell’edizione e anche dopo. Ma c’è stato solo un bacio che mi ha fatto sentire qualcosa che si smuoveva dentro di me. Solo un bacio che mi ha fatto volere di più. Ma la mia ferita alla testa aveva iniziato a sanguinare e lui mi aveva fatto stendere.

Questa volta non c’è niente che ci interrompa, a parte noi due. E  dopo qualche tentativo, Peeta rinuncia a parlare. La sensazione dentro di me si fa più calda e si irradia dal petto, scende per tutto il corpo, lungo le braccia e le gambe, fino alle estremità. Anziché saziarmi, i baci hanno l’effetto opposto. Rendono ancora più grande il mio desiderio.

Credevo di essere un’esperta di fame, ma questa è tutta un’altra cosa.

III. L’incidente con il campo di forza

Il presidente Snow non crede neppure per un momento, durante i primi Hunger Games di Katniss, che la giovane fanciulla amasse Peeta per davvero. Nelle prime battute del secondo volume, La ragazza di fuoco, Coriolanus Snow chiede a Katniss di convincerlo del suo amore per Peeta, in modo da tenere a bada i distretti e far credere loro che minacciare di mangiare i morsi della notte non fosse un atto di ribellione contro Capitol City.

Ma c’è un momento in cui è chiaro per tutti che Katniss lo ama davvero. È l’attimo in cui, dopo aver colpito il campo di forza, il cuore di Peeta cessa di battere.

È allora che Finnick Odair si rende conto che Katniss ama Peeta tanto quanto Peeta ama Katniss.

Mi aspetto di vedere un’espressione astuta o sarcastica sul suo volto, ma ha un’aria stranamente interrogativa. Guarda un po’ Peeta e un po’ me, come cercando di capire qualcosa, poi scuote un po’ il capo come per scrollarsi di dosso un pensiero.

Scopriamo solo ne Il canto della rivolta di che pensiero si tratti.

— È che quando ti ho incontrata non capivo. Dopo i tuoi primi Giochi, pensavo che tutta la tua storia d’amore fosse una commedia. Ci aspettavamo tutti che avresti ripetuto quello schema. Ma è stato solo quando Peeta ha colpito il campo di forza ed è quasi morto che… — Finnick esita.

Ripenso all’arena. A come singhiozzavo dopo che Finnick aveva rianimato Peeta. All’espressione interrogativa sul viso di Finnick. Al modo in cui aveva giustificato il mio comportamento,  attribuendone la causa alla mia finta gravidanza. — Che… cosa?

— Che ho capito di averti giudicato male. E che lo ami davvero. Non so dire in che modo. Forse non lo sai nemmeno tu. Ma chiunque vi faccia attenzione, si accorgerebbe di quanto ti importa di lui — dice in tono gentile.

Non è un caso che sia Finnick ad accorgersene, perché prova esattamente quello che prova Katniss. Ed è proprio per questo che, inconsapevolmente, Katniss sa che Finnick è il solo a poter comprendere il suo dolore.

Quando il sonno placa l’irrequietezza della maggior parte di noi, mi districo circospetta dalla coperta e percorro la caverna in punta di piedi, finché non trovo Finnick, sentendo che, per qualche imprecisata ragione, lui capirà.

IV. Sempre

Nel poco tempo che Peeta e Katniss hanno trascorso insieme lontani dalle telecamere, si è creato tra loro un legame indissolubile. Perché nessuno può comprendere gli orrori degli Hunger Games come chi vi ha preso parte. Nessuno comprende gli incubi che perseguitano Katniss e non le danno pace. Solo Peeta può capire, perché quegli stessi incubi danno da la caccia anche a lui.

Vorrei che si infilasse a letto con me, in modo da essere lì quando stanotte arriveranno gli incubi. Ma per qualche imprecisata ragione so che non mi è concesso chiederlo.

— Non andartene ancora. Non prima che mi addormenti — dico.

Peeta si siede di lato sul letto, scaldando la mia mano tra le sue.

[…] pronuncio solo un’altra frase. — Resta con me.

Mentre lo sciroppo per dormire mi attira tra le sue spire, lo sento bisbigliare qualcosa in risposta, qualcosa che non afferro bene.

E così, tra i primi Hunger Games e l’edizione della Memoria, nonostante la delusione di Peeta nel finale del primo volume, i due non riescono a soffocare i propri sentimenti, né a nasconderli. E soprattutto hanno bisogno l’uno dell’altra per affrontare i ricordi traumatici legati all’arena e la nuova lotta che stanno per affrontare.

Non è un caso che solo insieme riescano a scacciare i brutti sogni e i terribili ricordi che li tormenteranno per tutta la vita.

È bellissimo poter dormire con Peeta. Finora non mi ero resa conto di quanto avessi fame di contatto umano. Della sensazione di averlo accanto nel buio. Vorrei non avere sprecato le ultime due notti chiudendolo fuori. Sprofondo nel sonno avvolta nel suo calore e quando riapro gli occhi la luce del giorno entra dalle finestre.

—Niente incubi? — dice lui.

—Niente incubi — confermo. — E tu?

—Niente.

V. Gale è associato alla guerra

Se Peeta è quello che riesce a far stare bene Katniss anche alla vigilia dell’edizione della Memoria, intrecciando i suoi capelli e fantasticando sul futuro incerto che potrebbero vivere insieme, Gale rappresenta il fuoco della ribellione e, anzi, della guerra.

Laddove Peeta, secondo molte letture, viene associato alla pace, Gale è un fuoco negativo che divampa e porta distruzione col suo odio e la sua rabbia.

Peeta rappresenta l’azione diplomatica, il dialogo, Gale la forza bruta.

L’alleanza di Gale con la presidente Coin nel distretto 13, il suo coinvolgimento nelle tattiche militari della guerra vera e propria contro la Capitale e il ruolo che svolge durante la ribellione lo allontanano da Katniss. I due iniziano a scoprire di avere visioni completamente diverse della vita. Se Katniss è compassionevole e sa quanto sia difficile per chiunque ribellarsi a Capitol City, per Gale chiunque non si esponga è un nemico. Il mondo di Gale è bianco e nero e il ragazzo del Giacimento è disposto a tutto pur di realizzare i suoi piani. Anche a costo di sacrificare vite innocenti.

La sua intenzione, la sua deliberata intenzione, si fa evidente. A Gale non interessa affatto salvaguardare la vita di chi è nell’Osso. Non gli interessa mettere in gabbia la preda per usarla poi. Questa è una delle sue trappole mortali.

Katniss condanna le azioni di Gale, sa che si sta combattendo una guerra, ma sa anche che c’è qualcosa di profondamente sbagliato nel modo di pensare di Gale e non può fare a meno di pensare che Peeta avrebbe capito.

Vorrei che Peeta, il vecchio Peeta, fosse qui, lui sarebbe in grado di spiegare con chiarezza perché è sbagliato spararsi addosso quando qualcuno, chiunque sia, sta tentando di farsi strada con le unghie per uscire dalla montagna.

Ma è solo quando Gale gioca un ruolo cruciale nella morte di Prim che Katniss realizza veramente, per la prima volta, che lo spirito battagliero di Gale, che sa essere così crudele e vendicativo, non la aiuterà mai a riprendersi dalle brutture della guerra e dell’arena.

Non importa che non fosse intenzione di Gale uccidere Prim, l’arma progettata da Gale e il modo in cui suggerisce di usarla è profondamente disumana. Il suo odio lo ha divorato così tanto da spingerlo a considerare giusto uccidere qualcuno che sta implorando aiuto.

Non importa che non volesse uccidere Prim, non importa neppure se intendesse fare strage di innocenti o meno. La sola ideazione della bomba lanciata su Capitol City lo rende colpevole abbastanza.

Gale non si comporta diversamente dal presidente Snow o dalla presidente Coin perché dà un’arma micidiale nelle mani di un potete forte, un’arma che viene usata contro degli innocenti. Come Capitol è disposta ad attaccare un ospedale con donne, bambini e uomini feriti, lo stesso può dirsi di Gale. Così, che differenza c’è tra il sistema che i ribelli condannano e i ribelli stessi?

L’epilogo di Peeta e Katniss in Hunger Games – Il canto della rivolta

Impariamo un’altra volta a tenerci occupati. Peeta fa il pane. Io vado a caccia. Haymitch beve finché non ha finito il liquore, dopodiché alleva oche fino all’arrivo del treno successivo. Per fortuna, le oche sanno badare a se stesse piuttosto bene. Non siamo soli.

Io e Peeta ricominciamo a crescere insieme. Ci sono ancora momenti in cui lui afferra lo schienale di una sedia e aspetta finché i flashback non sono finiti. Io mi risveglio urlando da incubi di ibridi e bambini perduti. Ma le sue braccia sono lì a darmi conforto. E in seguito le sue labbra.

La notte in cui provo di nuovo quella sensazione, la fame che mi aveva assalito sulla spiaggia, so che tutto questo sarebbe accaduto comunque. Che quello di cui ho bisogno per sopravvivere non è il fuoco di Gale, acceso di odio e di rabbia. Ho abbastanza fuoco di mio.

Quello di cui ho bisogno è il dente di leone che fiorisce a primavera. Il giallo brillante che significa rinascita anziché distruzione. La promessa di una vita che continua, per quanto gravi siano le perdite che abbiamo subito. Di una vita che può essere ancora bella. E solo Peeta è in grado di darmi questo.

Katniss ha trascorso la propria vita combattendo. Ha iniziato a lottare per salvare la propria famiglia molto prima che venisse scelta per gli Hunger Games. Si è presa cura della madre e della sorella e ha sempre pensato che non avrebbe voluto nessuno al proprio fianco, né un compagni né – nonostante Katniss sia un personaggio molto materno (per Prim, per Rue, perfino quasi per Finnick nel terzo volume) –, dei figli. Non con gli Hunger Games che ricordavano alla popolazione di Panem quanto fosse semplice per Snow e la Capitale tenere i distretti sotto controllo.

E dopo i primi Hunger Games e l’edizione della Memoria e la guerra contro Snow che tante perdite ha comportato, Katniss non è più la stessa. Però trova pace e felicità con Peeta, anche se il ricordo dei giochi della fame non lascerà mai né lei né il compagno. Katniss crea una nuova famiglia con Peeta, ed è proprio questo a darle la forza di andare avanti. Dopo la morte della Coin, Katniss è sola e depressa, ma torna a vivere grazie a Peeta e insieme ricominciano a crescere e a riprendere in mano le proprie vite.

Non è un happy ending. E come potrebbe essere altrimenti? È un finale dolceamaro, in cui il passato non può essere dimenticato, il dolore e la rabbia, il fuoco che divampa sono ancora lì, ma c’è un alone di speranza attorno a Katniss dove prima non c’era.

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Pubblicato da Giulia Greco

Geek. Il caffè è la mia droga, serie TV, film, libri, anime, manga la mia passione. Classe '89, sono cresciuta andando a caccia di vampiri con la Scooby Gang e passeggiando tra le vie di Stars Hollow con le testa tra le nuvole, un po' come Luna Lovegood.

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