The Handmaid’s Tale 4 è una spirale di violenza senza senso5 min di lettura —

The Handmaid’s Tale 4 è una spirale di violenza senza senso — 5 min di lettura —

La stagione 4 di The Handmaid’s Tale si colloca sulla falsariga della precedente e non riesce a riscattare la serie, che da troppo arranca dimenticando la coerenza narrativa e lo sviluppo dei personaggi a favore di una scrittura pigra e incoerente e e di un eccessivo fan service.

Che la serie tratta dal romanzo omonimo di Margareth Atwood abbia perso la propria bussola e non riesca più a riproporre la qualità di quel gioiellino che era la prima stagione è ormai cosa nota, ma mai come nel quarto ciclo di episodi la sceneggiatura è stata così debole.

La verità è che non bastano un notevole avanzamento nella trama, monologhi pseudo badass o sequenze particolarmente suggestive perché una serie risulti soddisfacente agli occhi dello spettatore.

La quarta stagione di The Handmaid’s Tale è un vero e proprio buco nell’acqua, ecco quali sono i punti più bassi toccati dalla serie.

The Handmaid’s Tale 4: i momenti problematici

Men are trash

 

Il nucleo di The Handmaid’s Tale, a detta di Margaret Atwood, autrice del romanzo da cui la serie è tratta, è il potere. La questione principale non è la divisione netta tra uomini e donne, vittime da una parte e carnefici dall’altra, ma tra chi esercita il potere e chi non lo esercita. E la scrittrice lo ha spiegato bene quando ha affermato:

Il potere è nel mondo. Non sono solo le donne ad essere controllate nel romanzo, ma chiunque non sia al governo. Gilead è un totalitarismo teocratico, non semplicemente uno stato in cui gli-uomini-hanno-il-potere-e-le-donne-no. Agli uomini appartamenti a classi inferiori viene ordinato quando e con chi sposarsi, ecc.

E lo avevamo visto bene con Nick nella seconda stagione. Ma dalla terza in poi lo show ha deciso di cavalcare l’onda e puntare troppo spesso su un più semplicistico uomini vs. donne.
Negli episodi della quarta stagione è di nuovo passato il messaggio che ogni uomo sia condannabile (per lo meno ogni uomo che ha conosciuto gli orrori di Gilead e dintorni).

Quando June e Janine riescono a uscire da Gilead incontrano un gruppo di sopravvissuti. Il leader è un uomo che dice loro che ognuno nella colonia deve fare la sua parte, per questo chiede alle due ex ancelle prestazioni sessuali in cambio della possibilità di restare nel nascondiglio col resto dei superstiti. L’uomo dice loro che questo “è tutto ciò che possono offrirgli”, che “non le sta costringendo” e che se non vogliono compiacerlo “possono sempre andarsene”. Un twist del tutto evitabile.

L’unico a salvarsi sembra essere Luke, che si trova al sicuro in Canada e la corruzione e la miseria di Gilead non l’ha mai conosciuta, ma un piccolo passo falso è stato compiuto anche con lui, quando tratta June come un oggetto sessuale chiedendole di usare il proprio ascendente su Nick per trovare informazioni sulla figlia Hannah.

Pseudo femminismo violento

E a questo punto arriviamo al secondo punto dolente della stagione 4: The Handmaid’s Tale ha preso una piega pseudo femminista violenta, in cui il concetto di giustizia si allinea pericolosamente a quello di vendetta.

June è ferita e traumatizzata, e il suo unico desiderio è che chi le ha fatto del male la paghi cara. Gli anni a Gilead l’hanno cambiata inevitabilmente, e June, che dopo gli orrori subiti non sente di poter tornare indietro, sceglie la strada della vendetta personale.

È interessante la dinamica che si viene a creare, con l’ex ancella che da vittima diventa carnefice e inizia a perdere il controllo, applicando la legge del taglione a chiunque l’abbia ferita. Quello che non funziona è che non troviamo una controparte reale. Solo Moira affronta il trauma in maniera differente, cercando di dimenticare piuttosto che facendosi logorare dal passato, ma non ha un ruolo attivo all’interno della storia e il suo punto di vista finisce col perdere importanza. Tutte le altre ex ancelle, invece, si lasciano trascinare da June e seguono il suo stesso cammino, dandole una mano nel brutale assassinio di Fred.

È quasi come se nella serie (e in particolare in questa stagione) si leggesse una giustificazione alla pena di morte.

Luke e June

Ciò che più di ogni altra cosa fa rabbia, è che alla vendetta di June non sfugga neanche Luke. A causa del trauma di Gilead, June inizia a manifestare sintomi di ipersessualità. La donna cerca spasmodicamente momenti di intimità col marito, fino a costringerlo a giacere con lei noncurante del fatto che Luke non fosse pronto a un rapporto sessuale.

June, vittima di stupro per anni, vuole riappropriarsi del proprio corpo, ma il momento in cui forza la volontà di Luke è una vera e propria violenza, che neppure viene condannata all’interno della serie e che, anzi, richiama l’idea che gli uomini debbano essere puniti perché colpevoli per natura.

A questo punto viene inevitabile il paragone con The Boys, che è riuscita attraverso il personaggio di Abisso a mostrare egregiamente come una violenza non sia accettabile in alcuna circostanza, anche se perpetrata nei confronti di un carnefice.

Mancato sviluppo dei personaggi

Punto debole della quarta stagione di The Handmaid’s Tale è il mancato sviluppo dei personaggi, che agiscono tutti solo in virtù di June. I nuovi episodi sembrano aver completamente dimenticato le personalità degli altri protagonisti, che sono ormai diventati delle macchiette il cui unico scopo è far andare avanti la trama.

Janine, che nella prima stagione era completamente dissociata dalla realtà, nelle puntate della stagione 4 si dimostra la più giudiziosa di tuttI, mentre Emily, che ci era stata presentata come la più battagliera e vendicativa tra le ancelle, ha ora bisogno dell’appoggio di June per ribellarsi e tirare fuori le unghie.

Nick: alleato o nemico?

A proposito di personaggi, è necessario discutere della gestione di Nick. Nella terza stagione Serena aveva suggerito a June che l’ex autista dei Waterford era in realtà sempre stato dalla parte di Gilead. Se è vero che Serena potrebbe aver mentito, è vero anche che June sembra essersi completamente dimenticata della rivelazione shock (e con lei, anche gli sceneggiatori). Soprattutto se consideriamo il fatto che June non si fidi di nessuno se non di se stessa, sarebbe stato molto più coerente se si fosse per lo meno domandata a chi Nick dovesse la sua lealtà.

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Pubblicato da Manuela Greco

Classe ’92, appassionata di serie TV, film, libri, anime, manga e di tutto ciò che è nerd da che ne ha memoria.

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