Stranger Things 3 | Recensione4 min di lettura —

Stranger Things 3 | Recensione — 4 min di lettura —

Giunta alla sua terza stagione, Stranger Things si riconferma un enorme successo. Analizziamo insieme i punti cardine dei nuovi otto episodi in streaming su Netflix.

Nostalgia anni ’80

Una delle migliori caratteristiche di Stranger Things è la sua capacità di catapultare lo spettatore nelle atmosfere del decennio in cui è ambientata. Non solo musiche, acconciature e vestiti, ma anche e soprattutto una miriade di citazioni alla pop culture  degli anni ’80. Tra i riferimenti a Ritorno al Futuro e Star Wars, la scena più iconica e teneramente nostalgica della stagione è senza dubbio il duetto di Dustin e Suzie sulle note di Neverending Story mentre la Scoops Troop cerca di salvare il mondo.

Femminismo

Se il ventunesimo secolo è donna, lo stesso non si può dire degli anni ’80. In quel periodo, alle ragazze non era permesso essere emancipate come ai giorni nostri, ragion per cui era davvero difficile ritagliarsi il proprio posto nel mondo. In Stranger Things, a Nancy tocca subire soprusi e angherie da parte dei suoi superiori a lavoro. Così la ragazza dimostra, ancora una volta, di essere forte e risoluta, di non lasciare che siano gli altri a definire il suo valore, e di saper essere una guerriera anche senza poteri psichici.

We’re not kids anymore

Al suo terzo anno, Stranger Things cambia le carte in tavola. Ed è giusto così: Mike, Lucas, Dustin e Will non sono più bambini. Sono cresciuti, sono degli adolescenti. Addio D&D, benvenuti drammi amorosi. Solo che non è così semplice e banale. Non tutti maturano nello stesso momento e per Will è troppo presto per lasciarsi alle spalle giochi e spensieratezza. Will ha perso due anni d’infanzia, anni che vuole riavere indietro. Non è pronto a essere un adolescente, vuole ancora essere un bambino. Vedere i suoi amici che vanno avanti senza di lui, lasciarlo indietro, preferire passare del tempo con le proprie ragazze piuttosto che giocare insieme lui, lo fa arrabbiare e soffrire. Un vero peccato che lo spazio dedicato a questa storyline sia così poco, soprattutto perché approfondirla avrebbe dato a Noah Schnapp la possibilità di brillare ancora una volta. Se nelle prime due stagioni a Will non è stato dato un attimo tregua, in questa non viene lasciato indietro solo dagli amici, ma dagli stessi autori, che l’hanno utilizzato solo come human detector per il Mind Flayer.

Eleven e Max

Durante la seconda stagione, Eleven ha interagito pochissimo coi suoi amici, costretta com’era a nascondersi e a tenersi a distanza da chiunque. La terza stagione segna una svolta per la giovane protagonista, che trova in Max un’amica inaspettatamente dolce e sensibile. La rossa continua a essere forte e sicura di sé, a far valere i propri principi e a essere simpaticamente badass, ma mostra anche nuovi lati del proprio carattere. Non solo la Mad Max, ma anche l’amica premurosa di cui Eleven aveva bisogno, quella che la fa divertire, le insegna a essere indipendente e le sta vicina nei momenti del bisogno, senza mai trattarla con irruenza o sfruttare le sue abilità sovrannaturali.

Robin

La terza stagione di Stranger Things ha apportato novità non solo nella trama e nei rapporti tra i personaggi che già conoscevamo, ma ci ha anche permesso di fare la conoscenza della giovane Robin. La ragazza, amica e collega di Steve Harrington da Scoops Ahoy, si integra e incastra alla perfezione nella storia. Non solo è bella, divertente e intelligente, ma è parte attiva della trama stagionale: è anche grazie a lei se i nostri riescono a sconfiggere i “russi cattivi”.

Billy

Quando abbiamo fatto la sua conoscenza nella seconda stagione, Billy ci è stato presentato come un personaggio molto negativo e violento, un ragazzo che riesce a sentirsi bene con se stesso solo sminuendo gli altri. Nella terza stagione scopriamo il perché del suo comportamento. Non tendiamo a giustificarlo, ma lo comprendiamo un poco di più. Nell’ultimo episodio, Billy riesce a redimersi agli occhi dei telespettatori, che ora possono considerarlo un eroe. L’ottima interpretazione di Dacre Montgomery rimane uno degli highlights della terza stagione di Stranger Things.

Mind Flayer

Le prime due stagioni di Stranger Things si sono concentrate sull’assenza di Will e sulle conseguenze della sua scomparsa. Sia gli spettatori che gli stessi protagonisti temevano per la sua sorte ed erano emotivamente coinvolti nella ricerca del bambino. Nonostante siamo riusciti infine ad affezionarci a Billy, inizialmente non abbiamo provato la stessa empatia alla scoperta che fosse lui l’ospite del Mind Flayer.

Hopper

Tasto dolente della stagione è lo sceriffo Jim Hopper. Insieme a Joyce rappresenta la figura genitoriale del gruppo, ma a differenza di lei, non riesce a trovare la giusta chiave per comunicare con sua figlia. I problemi di rabbia, la gelosia che si trasforma in possessività, gli scatti d’ira violenti, le urla e l’irruenza non lo rendono la persona di cui Eleven ha bisogno. Dopo la fuga di lei nella seconda stagione, speravamo che avesse imparato la lezione, che avesse capito che non era il caso di isolarla dal mondo esterno per proteggerla. Eleven ha bisogno di stabilire contatti umani, di divertirsi, di andare al centro commerciale con l’amica, ha bisogno di qualcuno con cui comunicare e Hopper non è esattamente un maestro in quest’arte. In una stagione che puntava a farci commuovere per lui, l’avergli cucito addosso lo stereotipo dell’uomo rude degli anni ’80 non volge esattamente a suo favore.

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Pubblicato da Manuela Greco

Classe ’92, appassionata di serie TV, film, libri, anime, manga e di tutto ciò che è nerd da che ne ha memoria.

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