Murtagh è il miglior romanzo di Christopher Paolini, la recensione4 min di lettura —

Murtagh è il miglior romanzo di Christopher Paolini, la recensione — 4 min di lettura —

A distanza di più di vent’anni da Eragon e di quasi quindici da Inheritance, Christopher Paolini è tornato nel mondo di Alagaësia con Murtagh, romanzo stand alone dedicato al fratello maggiore del protagonista del Ciclo dell’Eredità e al suo drago rosso Castigo.

Nell’ultima manciata di capitoli del quarto libro della saga originale, davamo a Murtagh e Castigo un saluto malinconico, lasciandoli con la consapevolezza che il loro cammino fosse ancora lungo e tortuoso, e tutt’altro che volto al termine.

Io e Castigo abbiamo bisogno di stare da soli per un po’, ci serve tempo per guarire. Se restassimo, saremmo troppo impegnati per occuparci di noi stessi.

A nulla erano servite le parole di Eragon che li spronavano a rimanere insieme a lui e Saphira (“Una buona compagnia e il lavoro sono spesso la cura migliore per guarire una malattia dell’anima “). Drago e Cavaliere erano decisi più che mai ad allontanarsi da tutto e da tutti almeno per un po’, “finché il mondo non mi sembrerà un luogo meno detestabile e non avremo più voglia di abbattere montagne e far scorrere fiumi di sangue“.

E così, li ritroviamo nelle pagine del nuovo romanzo ancora in conflitto con l’intero universo, diffidenti, costretti a vivere da reietti, nell’ombra, nascosti agli occhi di tutti e ben lontani dalla tanto agognata guarigione.

La recensione di Murtagh, il nuovo romanzo di Christopher Paolini ambientato nel mondo di Alagaësia

Quando li ritroviamo nel nuovo romanzo di Paolini, Murtagh e Castigo sono ancora scossi dai traumi subiti durante il periodo in cui erano assoggettati a Galbatorix, sanno che il pericolo è ormai lontano, ma non riescono a lasciarsi alle spalle quanto subito: mentre il drago, a causa della prigionia, è ancora terrorizzato dagli spazi chiusi, il cavaliere deve ricordare ogni giorno a se stesso di essere libero dal controllo mentale del sovrano ormai defunto.

Fin da principio, è chiaro che il tono del romanzo sia molto più adulto rispetto a quello della saga originale. Non che manchino rocambolesche avventure, creature magiche tutte da scoprire e pericolosi mostri da sconfiggere, ma il fine ultimo di Murtagh è quello di rimettere insieme i cocci di due personaggi a pezzi, che si portano dietro un bagaglio di esperienze così violente che sarebbero state impossibili da affrontare se la storia non fosse maturata adeguatamente.

Christopher Paolini ci presenta così un mondo che non è più visto con gli occhi innocenti e colmi di meraviglia di un giovane eroe senza macchia e senza paura. Lo sguardo di Murtagh è quello di un uomo cinico, stanco e provato dalle avversità che la vita gli ha posto di fronte fin dalla nascita: la pesante eredità di Morzan, gli abusi subiti nella casa paterna, i pregiudizi nei suoi confronti, l’odio immotivato da parte di elfi, nani, varden e ogni altra specie che popola Alagaësia, la difficoltà a fidarsi del prossimo, le difficili battaglie combattute per anni, il rimorso per le vite innocenti prese sotto il controllo di Galbatorix.

Nelle pagine del romanzo a lui dedicato, Murtagh cerca espiazione, un modo per farsi perdonare, ma soprattutto per perdonare se stesso. E lo trova (o almeno pensa di farlo) quando si imbatte, tra un’avventura e un’altra, in una losca figura, la conturbante strega Bachel, che sembra avere l’abilità di parlare con una potente entità divina di nome Azlagur.

La curiosità e la voglia di rivalsa spingono Murtagh (e suo malgrado anche Castigo) ad avvicinarsi al misterioso culto, ma le cose inevitabilmente precipitano e cavaliere e drago si ritrovano ancora una volta prigionieri di un potente nemico. Di nuovo preda degli eventi, Murtagh e Castigo sono costretti a subire ancora le angherie di deprecabili avversari.

Il momento in cui i due si arrendono, smettono di lottare ed escludono le proprie emozioni per evitare di sentire il dolore che altrimenti li distruggerebbe è crudele, difficile da digerire, per certi versi eccessivo, una violenza gratuita verso dei personaggi che avevano già sofferto troppo.

Tuttavia, risulta infine necessario perché rende la guarigione di Murtagh e Castigo ancora più potente dal punto di vista narrativo. Murtagh, che fino a quel momento pensava di non poter contare su nessuno all’infuori di se stesso e del suo drago, trova degli alleati inaspettati a cui riesce a chiedere aiuto. Scopre di non dover tenere lontano chiunque non sia Castigo e si apre finalmente alla fiducia.

Il cavaliere riprende le redini della propria vita e riesce a lasciare andare il dolore che per anni era stato suo costante compagno, ad allontanare l’eredità di Morzan e a inseguire la sua massima aspirazione, non la felicità alla quale si sente ancora estraneo, ma la libertà: libertà dagli oppressori, ma anche dal proprio passato, che non definirà più né lui né Castigo.

Murtagh risulta così il miglior lavoro di Christopher Paolini, uno studio sul personaggio, il cui filo conduttore non sta nel dispiegarsi della trama (anche se questa porterà sicuramente a un nuovo ciclo di romanzi ambientati nello stesso universo di Eragon), ma nell’approfondimento e nello sviluppo del protagonista, a cui viene riservato il finale dolce che meritava già nel Ciclo dell’Eredità.

 

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Pubblicato da Manuela Greco

Classe ’92, appassionata di serie TV, film, libri, anime, manga e di tutto ciò che è nerd da che ne ha memoria.

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