Death Note | Recensione6 min di lettura —

Death Note | Recensione — 6 min di lettura —

«The human whose name is written in this note shall die»

Questa è la prima regola scritta nel quaderno della morte, il Death Note da cui prende il nome il manga e anime ideato e scritto da Tsugumi Ōba e disegnato da Takeshi Obata.

Fin dall’incipit è chiaro che si tratti di una storia diversa da tutte le altre: in due mondi differenti Light, un ragazzo di diciannove anni, ed un millenario Dio della morte sono animati dalla noia.

Così il Dio della morte Ryuk lascia cadere il suo quaderno nel mondo degli umani, dove a raccoglierlo è proprio Light Yagami, uno studente tanto cinico quanto brillante che, scoperte le proprietà magiche del quaderno, vuole farne la sua arma per purificare il mondo.

Light e Ryuk sono i personaggi principali di questa geniale opera a fumetti. Light ritiene che il mondo debba essere cambiato e vuole essere lui a decretarne le regole e ad essere un modello di giustizia. Lui stesso si autoproclama il Dio del nuovo mondo. Questo nuovo mondo di cui parla è privo di malvagità, di immoralità, di gente che lui considera inutile alla società.

Tramite il quaderno diventa Kira (nome che sta per Killer), colui che, incarnando un modello stravolto e contorto di giustizia, che si avvicina più alla vendetta, uccide criminali di tutto il Giappone.

Se all’inizio la sua opera è rivolta solo alla regione nipponica (la sua patria), col proseguire degli eventi, tutto il mondo sarà coinvolto nel “caso Kira” e tutto il mondo si dividerà tra sostenitori e detrattori dell’assassino.

Tra questi ultimi c’è il più grande detective della Terra, Elle, uno dei personaggi più importanti nel delineare la trama dell’opera.

Elle incarna la legge, quella che tutti conosciamo, quella che non ha nulla a che vedere con la legge di Kira, la morale comune. Il nome Elle (L) è, infatti, probabilmente, usato per richiamare l’inglese Law (legge, appunto).

Tra Elle e Light inizia una guerra psicologica, fatta di ragionamenti, alla cui base c’è l’orgoglio di entrambi: nessuno dei due è disposto a perdere ed entrambi vogliono dimostrare di essere i migliori.

L’obiettivo di Light è, quindi, da una parte quello di creare il Regno di Kira, il mondo utopico al suo comando, d’altro canto quello di battere il suo nemico e di preservare la sua doppia identità. E come fare? Semplice: entrando a far parte del Quartier Generale giapponese, diventando a tutti gli effetti un membro della squadra anti-Kira prima e prendendo il posto di Elle poi.

Infatti, nella lotta tra i due è proprio Light a uscirne vincitore, facendo sì che Rem, un secondo Dio della morte, scriva il nome dell’avversario sul suo quaderno.

Gli sforzi di Light in questo senso, anche se non si possono definire del tutto vani, sono limitati alla morte di Elle, perché immediatamente dopo fanno la loro comparsa i successori designati dal detective: Mello e Near (M ed N), entrambi intelligenti, entrambi appartenenti alla Wammy’s House, lo stesso orfanotrofio in cui era cresciuto proprio Elle.

Nonostante continuino la lotta contro Kira al posto del loro predecessore, i due non possiedono il suo stesso carisma, forse troppo intenti a farsi la guerra tra loro. E tuttavia sarà proprio la loro collaborazione a decretare la fine di Light e del suo regno.

Accanto ai personaggi principali ce ne sono altri, meno incisivi, che però in realtà hanno un ruolo fondamentale nella trama, in quanto vengono tutti usati e manipolati da Light per i suoi piani, come delle marionette.

Misa Amane, una star nascente dello spettacolo invaghita di Kira e di Light, si presenta come il secondo Kira, in possesso, anche lei, di un quaderno della morte, quello di Rem; si lascia manovrare dal protagonista in ogni modo ed accetta perfino di rinunciare per due volte (la prima volontariamente) alla metà della sua vita in cambio degli Occhi dello Shinigami, capaci di leggere i nomi e la durata della vita di una persona.

Misa dimostra di non possedere troppa autostima, troppo amor proprio e fa tutto ciò che Light le ordina di fare. Allo stesso modo agisce Kiyomi Takada, anche lei innamorata del bel Light e anche lei sostenitrice delle idee rivoluzionarie di Kira.

Il suo ruolo nella storia è in realtà molto marginale, ma è utile agli scopi di Light nell’ultima parte del manga, quando diventa necessario trasmettere il proprio messaggio al mondo e intrattenere rapporti con Teru Mikami, che, nel frattempo prende il posto di Light giustiziando sfilze di criminali in tutto il mondo. E questo perché idolatra Light al punto tale da credere realmente che sia un Dio sceso in Terra.

Seppure Light pianifichi tutto alla perfezione (addirittura fin troppo bene), il finale del manga non lo vede trionfare, anzi, fallire miseramente.

Light, negli ultimi istanti di vita, perde il senno, perde lucidità e perde anche dignità. Capendo di essere ormai stato sconfitto, impazzisce, invoca l’aiuto di Misa, di Takada, ma sa bene che le due non possono in nessun modo aiutarlo, perché non sono lì con lui (Light stesso ha ucciso Takada quando non gli era più utile o necessaria). Così prega Ryuk, che rappresenta per lui l’ultima chance di vittoria, lo implora di scrivere il nome dei suoi avversari sul quaderno, l’arma di distruzione più potente mai esistita.

Ma Ryuk, per quanto si sia divertito con Light, per quanto risultasse simpatico agli occhi del lettore o dello spettatore dell’anime (con la sua passione per le mele e le sue risatine e i commenti sarcastici sull’operato del possessore del quaderno della morte), per quanto sembrasse un amico fedele a Light, non ascolta le sue preghiere, e anzi, lo uccide scrivendone il nome sul Death Note.

Gli ultimi istanti di Light sono atroci, non solo soffre per la morte imminente, ma sa che morirà e come morirà, si vede da solo contro tutti, non ha più alcun alleato e rivede la sua vita da Kira scorrergli davanti. Ricorda il primo incontro con Ryuk e le parole del Dio della morte: non c’è né Paradiso né Inferno. Una volta morti c’è il nulla. E Light ne è terrorizzato.

Tuttavia nell’anime la sequenza della morte di Light è meno brutale: il protagonista non vede Ryuk scrivere il suo nome sul quaderno e riesce a morire più serenamente di quanto in realtà accade nell’opera originale.

Nelle ultime pagine, infine, ora che il mondo è tornato alla normalità e che non c’è più Kira, resiste nei suoi sostenitori un briciolo di speranza che lui ritorni o, per lo meno, c’è ancora qualcuno che crede in lui.

Per questi motivi la figura di Light è stata spesso associata a quella di Cristo. Non tanto per i mezzi con cui agisce, quanto più per la percezione che gli altri, il popolo, le masse, hanno di lui. Light, come Cristo, porta una nuova Novella, porta un (contorto) messaggio di speranza, ma viene ucciso, lasciando però una forte eredità, la credenza.

Anche nel simbolismo dei disegni si può notare più di un riferimento alla cristianità: le mele rosse tanto amate di Ryuk sono il simbolo del peccato di Adamo ed Eva, e nelle copertine e nei frontespizi del fumetto è ricorrente l’immagine della croce, che spesso si trova alle spalle di Light, sono inoltre numerosi i parallelismi con pitture e sculture a sfondo religioso e cristiano.

Siamo portati a dire che Light applichi un tipo di giustizia che sfiora la morale, ma che è in realtà controversa, e questo per via della costituzione della società odierna. Tuttavia gli ideali che lo animano sono giusti, lui vuole la pace, un mondo in cui non esista più la violenza.

La domanda è: se l’etica vigente si fosse costruita in maniera diversa, se ciò che riteniamo giusto non lo fosse e lo fosse ciò che riteniamo ingiusto, come andrebbe letto l’operato di Kira?

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Pubblicato da Manuela Greco

Classe ’92, appassionata di serie TV, film, libri, anime, manga e di tutto ciò che è nerd da che ne ha memoria.

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