Cinque ragioni per vedere The Cry3 min di lettura —

Cinque ragioni per vedere The Cry — 3 min di lettura —

Everyone just wants to look at you. Everyone wants to judge you, stare at you look for clues, so maybe it won’t happen to them. That’s when this began.
Two faces.
Two Joannas.

Queste le parole che aprono il Pilot di The Cry, miniserie BBC in quattro episodi con protagonista Jenna Coleman, l’amata-e-odiata Clara Oswald di Doctor Who.

Parole forti, che descrivono perfettamente la tragica spirale in cui precipita Joanna, una madre, una fidanzata, una donna che finisce col trovarsi nell’occhio del ciclone dopo la presunta scomparsa di suo figlio.
Da quel momento in avanti, chiunque si sente in diritto di giudicarla, di guardarla dall’alto in basso, di urlarle contro quanto sia stata una pessima madre.
Ed è così che vediamo i due volti di Joanna: la persona che è davvero e la persona che gli altri credono che sia. Due volti che si fondono nuovamente in uno solo, ancora un’altra Joanna, quella che si convince di essere un mostro, una madre inadeguata, distratta, un’assassina.

Con premesse del genere non c’è da stupirsi che The Cry, tratta dall’omonimo romanzo di Helen Fitzgerald, abbia riscosso un tale successo nel Regno Unito, tanto da totalizzare oltre 6 milioni di telespettatori solo col primo episodio.

Ma quali sono gli elementi che hanno reso The Cry una serie meritevole di riconoscimenti?

The Cry, un racconto psicologico

The Cry non è un semplice giallo sulla scomparsa di un bambino. Non è una caccia al colpevole. Non una messa in scena del dolore di una famiglia in lutto. The Cry è questo e molto altro. Un thriller psicologico intelligente e ben strutturato, una serie in cui il mistero passa quasi in secondo piano rispetto al tema di fondo, quello del peso dei giudizi altrui, del farsi influenzare dallo sguardo degli altri, della sottomissione psicologica a cui sono sottoposte le persone più fragili, ma anche della forza di rialzarsi e opporsi agli oppressori.

Jenna Coleman

Jenna Coleman è straordinaria nel mettere in scena il dramma di Joanna. Riesce perfettamente a mostrare tutte le sfaccettature del personaggio: è l’altra donna, la ragazza innamorata, la madre stanca prima. Poi una donna divorata dal senso di colpa, annullata da un uomo manipolatore e malvagio. Infine svuotata di ogni energia. È quasi come se si limitasse a sopravvivere e a non vivere affatto. L’immagine finale, quella di Joanna, sola nella sua casa in Australia, vicina e lontana dal suo bambino, mostra lo sguardo vacuo di chi, nonostante sia stata giudicata innocente per l’omicidio di Alistair, ha comunque perso tutto.

Flashback e flashforward

Il montaggio alterna presente e futuro in maniera quasi confusionaria. Si fa simbolo della mente della protagonista, che non riesce a darsi pace tra i ricordi di una vita apparentemente felice e la  crescente consapevolezza di dover mettere tutto in discussione.

The Cry, un racconto breve

La serie è composta di sole quattro parti. Condensa i terribili eventi in un racconto breve e conciso. La storia, pur narrata con delicatezza, non è facile da digerire. Aggiungere ulteriore minutaggio sarebbe stato di troppo, avrebbe appesantito una serie che invece risulta equilibrata se spalmata nei suoi soli quattro episodi.

Da binge watching

Ogni episodio aggiunge un tassello alla storia e ti spinge a guardare il successivo. Se il primo episodio si conclude con la scomparsa del piccolo Noah, il secondo ci lascia con un cliffhanger altrettanto inaspettato, e nel terzo la narrazione raggiunge il suo apice.  In ogni puntata le nostre certezze vengono meno, tutto viene messo in discussione più di una volta e ci ritroviamo a chiederci se Joanna sia vittima o carnefice.

 

Manuela e Giulia

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Pubblicato da Manuela Greco

Classe ’92, appassionata di serie TV, film, libri, anime, manga e di tutto ciò che è nerd da che ne ha memoria.

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